Combinava false nozze fra italiane indigenti e immigrati clandestini. Smantellata gang al femminile attiva fra Caserta e Avezzano

AVEZZANO – Da Caserta fino ad Avezzano per trovare spose ad immigrati clandestini che, in questo modo, potevano accedere al permesso di soggiorno.

Una vera e propria fabbrica dei “fiori d’arancio” forzati e a pagamento, che vedeva attiva una banda, capeggiata da una sessantunenne campana e che aveva come complici soprattutto donne, che sfruttava due miserie: quelle degli immigrati clandestini, disposti a tutto per regolarizzarsi, e quella di donne per lo più in stato di profonda indigenza, che accettavano per sopravvivere di recitare la parte della “sposa”.

La fabbrica di finti matrimoni è stata smantellata dai Carabinieri di Caserta, coordinati dalla DDA di Napoli, che hanno notificato 18 misure cautelari (5 in carcere, 11 domiciliari e 2 obblighi di dimora) tra Napoli e Caserta.

La DDA di Napoli ha notificato 18 misure cautelari. Complessivamente sono 66 gli indagati

Complessivamente sono 66 gli indagati e oltre 40 i matrimoni fittizi accertati tra il 2019 e il 2020, per un giro d’affari di circa 200mila euro.

La banda, che aveva ramificazioni anche ad Avezzano, ed era capeggiata e composta soprattutto da donne: 13 quelle colpite dai provvedimenti del gip.

Al vertice c’era “Zia Maria”, al secolo Matilde Macciocchi, nota anche come “a bionda”, 61enne residente nel quartiere napoletano di Ponticelli – base operativa di tutto il gruppo – finita in carcere con la factotum Antonietta Noletto e i collaboratori Gennaro Di Dato e i due marocchini Nabil El Hazmi e Hisham Metrache, incaricati di reperire gli immigrati, anche nel loro Paese d’origine. Zia Maria intascava fra 5000 e 6500 euro dagli immigrati (perlopiù marocchini e tunisini) in contanti o via Western Union.

In totale sono state 25 le donne italiane, tra 21 e 49 anni, a essersi sposate con stranieri più o meno della stessa età; in alcuni casi è stata fatta solo promessa di matrimonio, che ha validità di 6 mesi, ma consente comunque allo straniero di avere permesso di soggiorno.

Sarebbero almeno 40 i matrimoni combinati fra donne italiane indigenti e stranieri a caccia di permesso di soggiorno

Le spose erano scelte tra ragazze spesso indigenti, come le sorelle Jessica e Francesca Riccardi Catino, 27 e 29 anni, o la 21enne Enrica Russo (per loro sono stati disposti i domiciliari) che, come le altre “spose”, hanno contratto più matrimoni, figurando anche come testimoni per altre nozze di comodo; Francesca Riccardi, che lavorava in un bar di Ponticelli, si è sposata cinque volte.

Ma sono emersi anche casi di ragazze forse riluttanti a sposarsi: in una intercettazione Di Dato dice a zia Maria di “avere tutto pronto” per il finto matrimonio, e di attendere solo la “sposa”. “La sto andando a prendere” risponde la Macciocchi, spiegando di essere stata costretta ad andare a casa della ragazza, una 22enne solo indagata, per convincere la madre.

A capo della banda una sessantunenne di Caserta che principalmente si avvaleva della collaborazione di donne

Il “marchio dell’impresa criminale” gestita dalla Macciocchi è emerso non solo dalle intercettazioni, ma anche dall’analisi della documentazione per il permesso di soggiorno inviata dai migranti, in particolare, al Commissariato di Ps di Castel Volturno, comune del litorale casertano dove dimorano molte migliaia di stranieri non regolari; gli stessi agenti si sono accorti della falsità dei documenti.

Alcuni stranieri infatti, si legge nell’ordinanza cautelare, “hanno indicato come consorte sempre la stessa donna” e, inoltre, “tutte le richieste sono state avanzate con kit postale presentato nella maggior parte dei casi presso l’ufficio postale di Cercola (Napoli), i prestampati sono stati compilati tutti dalla stessa mano e le residenze, spesso coincidenti, ricadono tutte a Mondragone.

Almeno cinque finte spose hanno contratto più volte matrimonio con clandestini.

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