Confagricoltura e il marchio per l’Arrosticino d’Abruzzo: “La realtà è che chiude una stalla al giorno. Le pecore in Abruzzo sono meno di 150mila”

PESCARA – Nel primo pomeriggio di oggi si terrà l’audizione alla III Commissione consigliare Agricoltura, sulla Risoluzione avente in oggetto “Riconoscimento DOP Arrosticino Abruzzese”. Questo il documento che presenterà Confagricoltura Abruzzo ai Commissari regionali a sostegno del riconoscimento del marchio IGP.

“Da oltre tre anni è in fase istruttoria presso il ministero MIPAAF la procedura per il riconoscimento del marchio IGP (Indicazione geografica protetta) dell’Unione Europea per l’Arrosticino (i) d’Abruzzo, procedura avviata e curata dall’Associazione regionale Produttori Arrosticino (i) d’Abruzzo.

Dopo un’attenta analisi della questione Confagricoltura Abruzzo ha condiviso il percorso iniziato dall’associazione dei trasformatori per una serie di motivi di ordine tecnico produttivo, commerciale ed economico.

Su primo motivo occorre prendere atto che l’allevamento ovicaprino in Abruzzo è in profonda crisi, ogni giorno chiudono stalle e la nuova PAC ha accelerato il fenomeno azzerando l’aiuto comunitario. Se non fosse stata una strenua lotta, promossa da Confagricoltura Abruzzo e fatta propria dal Vice Presidente Imprudente e dalla direttrice del Dipartimento Elena Sico a questo punto sarebbe stata messa la parola fine alla nostra millenaria tradizione che, a oggi conta meno di 150.000 pecore a fronte degli oltre 3 milioni della Sardegna. Occorre dare atto al Vicepresidente e alla Direttrice di aver ben negoziato nella Conferenza Stato regione e di aver tamponata la situazione recuperando un 70/% di aiuti con i fondi del CSR.

In questa situazione è velleitario parlare di creare una filiera della DOP sia per mancanza di materia prima, sia per mancanza dei requisiti qualitativi e quantitativi, proprio perché i nostri allevamenti si sono specializzati nella produzione del latte, relativi prodotti trasformati e agnelli e solo pochi producono la carne destinata alla produzione degli arrosticini.

Mettere in piedi un progetto di miglioramento genetico per reintrodurre razze la carne, è molto costoso e aleatorio, ci vogliono non meno di 10 anni  e occorrerebbero giovani che investono in questo progetto ingenti risorse economiche per perseguire questo obiettivo. Il rischio più grave è che altre regioni potrebbero chiedere ed ottenere il riconoscimento comunitario con gravissimi e irreparabili danni alla nostra economia, penalizzando il settore della trasformazione fatto di aziende locali che hanno raggiunto, con la loro professionalità, livelli qualitativi notevoli e conquistato il mercato italiano ed estero.

Da punto di vista commerciale è il riconoscimento del marchio comunitario il volano delle nostre migliori eccellenze, la Patata del Fucino IGP è un clamoroso esempio, nel giro di 7/8 anni i volumi commercializzati hanno raggiunto i 350.000 quintali ed il territorio del Fucino è divenuto l’areale più importante d’Italia.

Purtroppo, dobbiamo ricordare gli scarsi successi ottenuti sia dalla DOP dello Zafferano dell’Aquila, sia dalle tre DOP regionali dell’olio EVO. Aver ristretto i territori, con scarse produzioni e pochissime aziende in grado di investire, hanno relegato queste produzioni a delle nicchie utili ad alimentare una economia locale ma penalizzando le altre aree regionali che non hanno potuto godere del marchio alla produzione. Bene, pertanto, il progetto, in fase di conclusione, nel settore dell’olio EVO di richiedere l’IGP per l’intero Abruzzo abbandonando di fatto la DOP.

Richiamiamo i Consiglieri regionali a guardare la questione con gli occhi della realtà e chiedersi per quali motivi dobbiamo penalizzare un importante volano economico collaterale alla categoria degli agricoltori e allevatori con il quale abbiamo allacciato relazioni per sviluppare, una filiera più accessibile da parte degli allevatori.

Giova ricordare che gli allevamenti più strutturati, quelli dotati di impianti di lavorazione delle carni aziendali, quelli con i punti vendita diretti e gli agriturismi, in ogni caso, beneficerebbero del marchio IGP che sarebbe un valore aggiunto in termini di marketing  e che farebbero da traino a coloro (ma non siamo fiduciosi) vogliono investire nell’allevamento delle pecore e riconsiderare il ritorno dei pastori in montagna non solo eliminando la convinzione dei più che considerano le pecore dannose per gli ecosistemi. Solo investendo le risorse della PAC in maniera più copiosa in questa difficile attività ed eliminando una burocrazia asfissiante è pensabile una ripresa della pastorizia di montagna.

Occorre fare in fretta per anticipare i propositi della Sardegna o, addirittura, quelli di uno stato estero. La grande pubblicità che l’arrosticino abruzzese ha avuto con le campagne pubblicitarie sostenute dalla regione non vanno vanificate sull’altare di pregiudizi e in danno all’economia abruzzese. Tutto considerato chiediamo a codesta Commissione ed ai Consiglieri regionali di respingere questa risoluzione e sollecitare il MAPAF a concludere l’istruttoria per il riconoscimento dell’Arrosticino (i) Abruzzese IGP”.