Coronavirus. La Fim-Cisl: «Rispettare i provvedimenti, chi non lo fa deve chiudere»
di Augusto Bisegna e Antonello Tangredi*
AVEZZANO – Per chi non è in grado di garantire gli standard minimi di sicurezza meglio chiudere.
Nella Marsica e più in generale nell’Abruzzo la situazione dei contagi cresce in maniera esponenziale giorno dopo giorno. Serve maggiore responsabilità nell’applicazione delle disposizioni del DCPM anche nei luoghi di lavoro. Sono giorni durissimi per le fabbriche metalmeccaniche italiane, il sindacato si sta operando affinché tutte le misure messe in campo da Governo e Istituzioni consentano il contenimento del contagio e la tutela della salute dei lavoratori ma, nonostante l’estensione delle disposizioni previste dal decreto a tutta Italia, registriamo casi di aziende che non stanno mettendo in campo misure adeguate di contenimento del contagio.
Ciò vuol dire che in molte aziende siamo in assenza di dispositivi di prevenzione e protezione: dalle mascherine, che in molti casi sono assenti, alle procedure di sanificazione periodica dei locali, passando per la distribuzione di igienizzanti, quasi totalmente assenti. E in molti locali della produzione non è garantita la distanza minima di un metro tra un lavoratore e l’altro: locali mensa sovraffollati e spostamenti nei bus aziendali assolutamente fuorilegge.
Tutto questo è inaccettabile, si mette a rischio la salute dei lavoratori, delle loro famiglie e dell’intera comunità. Questo sta succedendo anche nella Marsica, specie nelle piccole aziende. Qualche ora fa congiuntamente con le altre organizzazioni sindacali della nostra categoria abbiamo chiesto a livello nazionale l’estensione a tutto il paese delle misure di prevenzione e contenimento facendo maggiormente ricorso allo smart working, ove possibile, e l’aumento delle fermate, riducendo la produzione attraverso il ricorso alla cassa integrazione, alle ferie pregresse e agli scaglionamenti per l’accesso nelle mense e negli spogliatoi.
Queste disposizioni sono legge e laddove le aziende non sono in grado di garantire la sicurezza allora è bene che le produzioni siano interrotte. Non è difficilissimo affrontare queste cose con la prevenzione e un minimo di organizzazione: bisogna che chi non è a norma riduca o fermi la produzione e utilizzi il tempo guadagnato per mettersi in regola. Pensare di mandare a pieno regime le fabbriche senza considerare gli obblighi di legge è incosciente e criminale. Nel documento nazionale congiunto di Fim, Fiom, Uilm abbiamo anche esortato il Governo ad adottare immediati provvedimenti straordinari, a partire dalle zone maggiormente colpite e a rischio collasso, come nel caso della Regione Lombardia.
Come pure un’azione di sostegno alle famiglie, con l’estensione dei congedi parentali che devono assistere i propri figli e di sostegno alle stesse Aziende, poiché il dramma sanitario può facilmente provocare una crisi economica anche sulle condizioni dei lavoratori e delle loro famiglie. Per le aziende che non rispettano le prescrizioni metteremo in campo tutte le iniziative necessarie per salvaguardare la salute dei lavoratori. Non ci si lamenti se i lavoratori restano a casa perché non si sentono al sicuro o meglio proclamino sciopero nelle aziende che dimostrano anche in quest’occasione di non rispettare i lavoratori e la loro sicurezza. Lo sciopero è il minimo che si possa fare in situazioni di questo tipo. Andrà tutto bene se ognuno farà la propria parte a partire dal rispetto dei provvedimenti.
*Dirigenti territoriali e nazionali della Fim-Cisl