Dagli anni Novanta fino ai giorni nostri, politici di ogni risma impegnati a chiudere l’”Umberto I” e gli altri “piccoli ospedali”
TAGLIACOZZO – “Solo gli ignoranti difendono i piccoli ospedali”. Tuonava così l’ex ministro della Salute Girolamo Sirchia e da allora tutti i responsabili di quel ministero alternatisi nella nobile funzione hanno ripreso, lucidato e aggiornato quel motto, menando botte da orbi sui piccoli ospedali.
“Sono pericolosi”, era ed è il ritornello che accompagna le inconcepibili decisioni che stanno per maturare. Complice il corposo, prolisso e discutibile “Patto sulla Salute” e la recente nuova bozza di rete ospedaliera regionale, le vie d’uscita dalla mannaia dei tagli dell’”Umberto I” risultano pressoché impraticabili.
Si sa bene e a spese di tutti come girano le cose nella sanità marsicana. Ultimo clamoroso esempio, l’attacco informatico ai dati sensibili dei pazienti che ha paralizzato e continua a paralizzare il normale svolgimento delle attività di cura, con tanti saluti ai diritti e alla Costituzione.
Resta difficile, quindi, credere ad una sola parola sulle rassicurazioni fornite a iosa dalla politica e dalla dirigenza della Asl.
Il problema, serio e preoccupante, si porrà per le popolazioni vittime incolpevoli della carente assistenza sanitaria e dei disagi ancor più pesanti cui andranno incontro, allorquando verranno meno i presidi h.24 dei Punti di Primo Intervento (PPI) ed altri insostituibili servizi di assistenza.
Si arrangi, la povera gente! Chi vorrà curarsi, faccia ricorso alla sanità privata. Questa, purtroppo, è la vera logica che ruota intorno alla chiusura o al grave ridimensionamento dei “piccoli ospedali”, di cui resterà vittima illustre anche l’”Umberto I”, al momento unico ospedale della regione per la riabilitazione cardiologica e neuromotulesi.
Per chi governa, ormai è acclarato, la primaria necessità consiste nel “tagliare” la spesa sanitaria pubblica anziché modificarla e renderla più confacente ai bisogni delle comunità. Infatti, un taglio oggi, un taglio domani; una restrizione di risorse oggi, una negazione di esse domani e il gioco è fatto.
Viene così eseguita per soffocamento, la condanna a morte dell’ospedale “Umberto I” e degli altri piccoli ospedali.
Ad oggi, non si contano le mobilitazioni popolari indette in loro difesa da comitati popolari e dalle istituzioni locali, causate nel tempo dai pesanti “affondi” praticati da diversi manager per eseguire i “desiderata” della cieca e improduttiva politica dei tagli.
La “razzìa”, almeno per quanto riguarda Tagliacozzo, cominciò con Gramanzini per proseguire con Catalano, Di Sciascio, Silveri, Testa per finire, oggi, con Romano.
Non si contano più nemmeno le numerose denunce, diffide, ricorsi, sentenze, delibere di Giunta e di Consigli Comunali mirate a contrastare e arginare l’opera di demolizione. Dopo oltre cinque lustri, in base al nuovo progetto di riordino della rete ospedaliera regionale, si avvicina a grandi passi l’epilogo per l’”Umberto I”.
Un’amara e sgradita conclusione di cui dovranno assumersi la responsabilità morale e politica i governi nazionale e regionale, entrambi guidati da FdI, FI, Lega, Moderati di Centro ed altri spelacchiati cespugli in cerca di cadreghe.
Una fine già disegnata dal controverso “Patto sulla Salute” e ribadita oggi dalla nuova bozza di riordino della rete ospedaliera, ben nascosta con indecente ipocrisia sotto il profilo della razionalizzazione e miglioramento degli standard di sicurezza dei pazienti e delle strutture sanitarie.
In verità, essa ruota solo ed esclusivamente intorno alla salvaguardia dei parametri economici.
Sorge, però, una legittima domanda: la paventata chiusura o ridimensionamento di questi “piccoli ospedali” varrà per tutti, oppure solo per alcuni di essi che non rientrano negli interessi elettorali o nelle grazie delle forze politiche dominanti?