Dalla fonte dei Santi Martiri di Celano che getta oro di prima mattina al pesce d’oro di Lanciano, ecco le tradizioni e leggende del Capodanno abruzzese

Come nella notte di Natale si facevano presagi intorno alle stagioni e ai prodotti della terra, nella sera della vigilia di Capodanno se ne traevano intorno alla vita dell’uomo.

Spazzata la brace, sul piano rovente del focolare si facevano cadere, una alla volta, le foglie di un ramoscello di olivo dicendo: “Capedanne, che vvjie “na vóta a I’ anne, vo’ èsse’ vive N… . N , ogg’i  a ll’anne?” oppure “Cape de més’ e ccape de 11′ anne, É vvive N… N… ‘n gape de 11’ anne?

Se la foglia si agitava e volteggiava, la persona nominata aveva vita e salute in proporzione dei movimenti della foglia, ma se questa rimaneva immobile e bruciava quella persona era spacciata. Le foglie che bruciavano erano indizio di malelingue. I responsi riguardavano anche l’abbondanza del raccolto o un buon matrimonio.

Dopo la cena non si spazzava la casa fino al 2 gennaio dell’anno nuovo perché ritenuto offensivo per gli spiriti dei defunti tornati in casa per i festeggiamenti, che sarebbero andati via, ma si spazzava la neve dall’uscio di casa per accogliere degnamente il nuovo anno. 

Incontrare una persona anziana o un gobbo dopo la mezzanotte era ritenuto di buon auspicio, mentre imbattersi in un bambino o un sacerdote foriero di guai. 

La mattina di Capodanno le donne andavano ad attingere “l’acqua nuova”. Le povere la portavano in dono alle famiglie cui erano devote, insieme con un ramo di olivo che poi, nell’ Epifania, sarebbe servito a fare le predizioni e, in cambio, ricevevano fichi secchi, noci, legumi cotti;  le figlie sposate facevano ritorno a casa seguendo il detto antico che vuole che “a Capodanno ogni figlia revà alla mamma”.

A Caramanico, l’acqua, attinta prima dello spuntare del sole, serviva per lavarsi  e si beveva per devozione.

A Celano, se due persone si lavavano, insieme, con l’acqua nuova , diventavano compari o comari come a San Giovanni. 

A Chieti le ragazze andavano ad attingere l’acqua nuova all’alba e dopo averla usata per lavarsi il viso la gettavano sulla strada spiando il primo avventore che attraversava il bagnato per averne indizi sul loro futuro sposo.

Ad Atri le giovani spose trovavano sempre nella fonte palme (le rame) di olivo, che gli sposi vi avevano lasciato. Anche quelle foglie sarebbero servite per i presagi la mattina dell’Epifania. 

Pettorano è attraversato da un fiumicello dove a mezzanotte in punto, la notte di Capodanno, secondo la credenza popolare l’acqua si ferma e diventa d’oro. Si racconta di una donna che, ignara del miracolo, si trovò in quel momento lungo il fiume e portò a casa una conca piena di oro. 

Anche la fontana dei Santi Martiri vicino al borgo di Celano getta oro di prima mattina

A Lanciano si crede invece che chi per prima va ad attingere acqua trovi un pesce d’oro mentre a Torricella Peligna una ronca d’oro.

A Capodanno, s’ a da fa’ nove ‘ mmasciate, s’ a da magna’ nove cose, e s’ a da vévere nove vine  perchè quelle che sse fa ‘n gapedanne, se fa tutte l’anne, si debbono mangiare 12 chicchi d’uva che rappresentano i mesi del nuovo anno, non debbono mancare i legumi come le lenticchie che simbolicamente rappresentano le monete, foriere di ricchezza, da cui il detto ““Se te magni le lenticchie a Capodannu, conti ji sordi tuttu jannu.

E’ da evitare tutto ciò che è male: piangere, adirarsi, bisticciarsi, e simili; e fare tutto ciò che è buono ed utile. 

La sera della vigilia di Capodanno cortei festosi con accompagnamento di cembali, mortai, padelle, palette, molle animavano molti borghi d’Abruzzo. 

A Lanciano si cantava il seguente stornello beneagurante: Bbona sere, mio patrone; Li bbone test’ e lu bbon gapeJanne. Dije ve huarde quéssa vostra mojje, E cquésse care fijje eh’ avét’ accande. Tand’ ore pozza ‘ndra’ a ‘ssu palazze huanne, ) Pe’ cquanda pése lu patrone nghe ttutte li panne.  E ccome ‘st’ anne te vede sartore,’st’ avetr’ anne te pozza vede’ Recevetore”. 

A Scanno i giovanotti cantando e suonando, deponevano fiori sui davanzali illuminati e ricevevano in cambio una gallina, mentre a Pettorano gruppi di donne, senza accompagnamento musicale, andavano in giro per il paese cantando gli auguri.


Ad Archi, all’alba del Capodanno si visitavano gli amici e battendo i dormiglioni con una scarpa, si diceva : Bbon di, bbon d’i e bbon’ anne che  ‘na bbona Capedanne. ji’ te méne che ‘stu scarpone lassa ju vizie ré’ , e ppijja ju vone“, alcuni andavano a chiedere un dono per ringraziarli di aver portato gli auguri .

A Pescocostanzo così si recitava: “Se miìie daje la curtescìje, Ji” te diche ‘na ‘vemmarije“.

Ad Archi era usanza che i figli maggiori entrassero nelle stanze dei più piccoli per batterli recitando i seguenti versi: “Ujj’ è Ccapidann’ e anne nove, lassàime lu vizie vicchie, pijjàime lu nove”

A Gessopalena, la mattina del primo giorno del nuovo anno, i ragazzi poveri andavano per le case chiedendo “la bbóna mange” una minestra di legumi, di fave e grano, che in tutta la provincia di Aquila ha il nome di granato; e che in alcuni comuni come  San Giovanni Lipioni, Castiglione a Casauria, oltre ad essere dispensata per strenna, si mangia per devozione da tutte le famiglie. Si regalano anche fichi secchi, mele, crispelle.

Anche a Pescina, i ragazzi andavano chiedendo la strenna, ossia frutta, ciambelle, dolci. La richiesta della strenna in forma gentile così recitava: “Bbona Capedanne! Famme bbéne! : Bbona Capedanne ! Bbona mange, ma se non veniva evasa i ragazzi prontamente recitavano “Tandi chiovi stana’ a Ile port.  Tandi dijàvuri ve se porte!”. 

Nell’aquilano i ragazzi chiedevano in dono la ‘sandalivecchia’, un miscuglio fatto con grasso di ventresca, lenticchie simboleggianti la prosperità, i ceci la laboriosità e le castagne l’abbondanza. I ragazzi in cantilena così cantavano: ‘Se me dà la la Sandalivecchia/Ddio te remerita e sé fa festa/Ma se nò la vvu ddà/Que te se pozza fracidà’”.  

Nelle stalle si organizzavano i festeggiamenti per il nuovo anno distribuendo pizze fritte con una monetina all’interno, pizzelle, amaretti e vino e si ballava e cantava in allegria.

Ancora oggi uno dei Borghi più belli d’Italia, Pettorano sul Gizio, accoglie la sera di San Silvestro musici e cantori che sfilano per la “Serenata di Capodanno”. Ogni anno nuovi stornelli sono composti per allietare la popolazione che accoglie i musicisti aprendo le porte e imbastendo le tavole con vino, spumante, ferratelle, scarponi e tante altre bontà locali. Una magia che viene da lontano e che racconta e tiene vive le antiche tradizioni abruzzesi del Capodanno perlopiù perdute.

(Fonte Visit Abruzzo)