“Densitas lusi”, le opere di Mario Bi in mostra al Museo delle Genti d’Abruzzo
È l’evento che dà il via alla programmazione 2023 prevista per i musei della Fondazione Genti d’Abruzzo.
E’ l’evento che testimonia come “l’attività della Fondazione si sta radicando sempre più nel territorio regionale anche grazie alla capacità di lavorare con incisività su progetti dalla forte valenza sociale, aspetto questo che anche attraverso la scelta della proposta artistica intendiamo sempre più valorizzare” – secondo la dichiarazione di Emilio Della Cagna, presidente della Fondazione, accordando la direttrice del Museo Genti d’Abruzzo che con ferma determinazione afferma che “la personale di particolare interesse rientra nel quadro del lavoro di promozione che vogliamo fare valorizzando le energie del territorio, mantenendo sempre stretta quella relazione tra le tradizioni raccolte nelle collezioni permanenti del nostro museo con l’arte contemporanea che in Abruzzo ha una forte vitalità, spesso sottovalutata”.
È l’evento della mostra DENSITAS LUSI dell’artista Mario Bi che, curata da Mariano Cipollini, prenderà il via sabato 4 per durare fino a domenica 19 febbraio, ad ingresso libero, nelle sale espositive del Museo delle Genti d’Abruzzo, con il coordinamento di Alessandra Moscianese e visitabile dal martedì al venerdì dalle 9 alle 13, sabato e domenica dalle 16 alle 20.
Circa trenta opere, realizzate appositamente per la mostra, che danno ragione di “un viaggio particolarissimo all’interno di un percorso che fonde l’intensità del colore con le nuove fisionomie dell’opera digitale che salda l’idea con la realtà fino ad esaltare quella perfezione che è nell’intenzione dell’artista”.
Dunque opere digitali, prodotte utilizzando lo smartphone in cui i supporti prescelti per la riproduzione, “esaltano le scelte cromatiche e le rendono tanto più intense quanto valorizzate proprio dalla materia”. Ben altra cosa dal dipinto di un pittore; rimodulazioni, trasformazioni grafiche, relazioni con il pensiero creativo, inattese combinazioni cromatiche definiscono “la relazione tra figurazione e rapidità narrativa” e danno luogo al “processo generativo dell’oggetto d’arte”.
Del resto, “i tre elementi costitutivi – tavolozza cromatica, nuove tecnologie applicate allo smartphone e gesto creativo sono base e nucleo primario delle costruzioni e delle molteplici variabili compositive”.
Le scelte strutturali, supportate dalla lucidità gestuale del mezzo, scansionano una gamma considerevole di variabili e, come afferma Mariano Cipollini, curatore della mostra, sono “terreno fertile dal quale attingere e rendere tangibile l’effimero per eccellenza. Relazionano il pensiero con le costruzioni attuabili messe in essere e la natura mutevole dell’immagine. Quantificano, nel contempo, lo spessore stesso del gioco e il rapporto con l’espressione creativa”.
Il risultato finale è l’intrecciarsi/integrarsi di svariati fattori che possono dar vita al altrettante valenze/combinazioni anche assolutamente inaspettate.
Prosegue Cipollini “una storia che nasce dall’interesse che il colore ha esercitato sull’artista. Espressioni del pensiero che da tempo attendevano di concretizzarsi.
E che si tratti di un punto di arrivo tecnico-professione-artistico di evidente spessore è dato dalla “diretta relazione che il segno, rimodellato, esercita sulla costruzione geometrica e gli interventi apportati dall’artista nella stesura finale dell’opera. Oggetti semiotici modificabili, affondando le radici nel virtuale, sconfinano tra designer, arredamento e moda”.
Il viaggio nel mondo del colore che definisce “un rapporto sulla percezione visiva e la relatività dell’immagine, che narra, nella sua identificabilità, storia e appartenenza ideologica del suo creatore”.