Donna pescarese arrestata per usura ed estorsione. Vittima un’imprenditrice del posto
PESCARA – Una cinqunatunenne pescarese è stata tratta in arresto dalla Polizia di Stato in quanto ritenuta responsabile di usura ed estorsione ai danni di una imprenditrice della zona.
P.F. è caduta nella trappola tesale dagli agenti della Squadra Mobile di Pescara, che l’hanno colta in flagrante dopo che si era fatta consegnare dalla sua vittima, cui aveva dato appuntamento presso un centro commerciale, l’ennesima rata di un prestito che doveva servire a risollevare le sorti dell’attività economica della donna – che gestisce un negozio da parrucchiere – e che si era rivelato invece l’inizio di un vero e proprio incubo.
A fronte dei primi mille euro ricevuti da P.F. agli inizi del 2018, la vittima si era vista chiedere la restituzione di millequattrocento euro. Nonostante la evidente esosità della richiesta, era stata costretta ad accettare tale tasso usurario e non solo. Aveva infatti chiesto alla P.F. altri tremila euro, sottostando al pagamento di interessi altrettanto illeciti, restituiti attraverso frequenti versamenti in contanti o tramite ricariche di postepay. Nel complesso, prima di richiedere aiuto alla polizia, era stata costretta a restituire una somma ben superiore ai quattromila euro ricevuti.
“Strozzata” dal debito così contratto, che nonostante i suoi continui, seppur frazionati, pagamenti invece che estinguersi, aumentava sempre di più, la vittima si era fatta coraggio e si era rivolta alla Squadra Mobile della Questura di Pescara, che raccoglieva la sua denuncia avviando i primi riscontri che ne confermavano la versione.
Agli agenti della terza sezione, che si occupa di reati contro il patrimonio, raccontava delle continue telefonate ricevute da P.F., che pur di ottenere i suoi soldi, di tanto in tanto accompagnava le sue richieste con velate intimidazioni.
Peraltro P.F., evidentemente ben consapevole che quanto richiesto alla sua debitrice non rientrava propriamente nei confini della legalità, sovente si esprimeva secondo un linguaggio criptico e convenzionale, parlando di prodotti per capelli ma sottintendendo in realtà richieste di denaro (in un caso le aveva fatto presente che le erano arrivate solo “due fiale e mezzo” mentre le altre due fiale e mezzo non le erano arrivate; dove per una fiala, come chiarito dalla stessa vittima, si intendevano cento euro).
Martedì scorso l’ennesima telefonata fatta alla vittima, in cui la esortava a recarsi presso un centro commerciale di Pescara per parlare. Quest’ultima però informava gli agenti della Squadra Mobile, i quali avendo chiaro che di lì a poco si sarebbe concretizzata l’ennesima consegna, si recavano anch’essi all’appuntamento, confondendosi tra gli avventori.
I poliziotti avevano così modo di assistere alla conversazione tra le due donne, vertente, come ipotizzato, sulla somma che F.P., secondo i suoi personali calcoli, pretendeva dall’ imprenditrice. Nella circostanza la vittima le consegnava due banconote da cinquanta euro, i cui numeri di serie erano stati previamente annotati dai poliziotti. Terminato l’incontro, prima che riuscisse ad allontanarsi dalla struttura, F.P- veniva fermata e sottoposta a perquisizione personale, rinvenendosi all’interno della giacca le due banconote. Veniva pertanto tratta in arresto in flagranza per i reati di usura ed estorsione.
Il Sostituto Procuratore della Repubblica, dr.ssa Marina Tommolini, titolare dell’indagine, chiedeva sia la convalida dell’arresto così operato che l’applicazione di una misura cautelare nei confronti della donna, ritenendo sussistenti gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati di estorsione ed usura aggravata dall’ esser stata commessa in danno di chi svolge attività imprenditoriale.
Il G.I.P., dr.ssa Antonella Di Carlo ritenendo fondati gli elementi a carico della donna, convalidava l’arresto disponendo altresì che venisse ristretta presso la sua abitazione in esecuzione della misura cautelare degli arresti domiciliari adottata nella circostanza.