Eterno riposo? Usi, costumi e stravaganze nella cura del “caro estinto” dagli egiziani ai giorni nostri
Quando si dice di non trovare pace nemmeno da morto… . Eppure accade perché l’essere umano non riesce ad essere rispettoso nemmeno dell’eterno riposo, dirò di più, maggiormente si è importanti e meno si è lasciati in pace dopo che il tristo mietitore ha compiuto la sua opera. Prendiamo il caso delle mummie egiziane. In Egitto quando una persona di rango se ne andava al Creatore, lasciava il suo corpo terreno in balia dei peggiori maltrattamenti.
Pur di conservarlo per una eventuale futura resurrezione, i sacerdoti egizi gliene combinavano di tutti i colori. Estirpavano il cervello dalla scatola cranica usando appositi uncini che, fatti entrare dal naso, “frullavano” la materia grigia rendendola fluida e “drenabile”. Non paghi estraevano le povere frattaglie intere (tranne cuore e reni) dalla cassa toracica ponendole dentro appositi contenitori che prendevano il nome di vasi canopi.
Alla fine, dopo avere messo in ammollo il corpo per una quarantina di giorni nel natron, un sale che lo “seccava” come un baccalà, veniva impagliato come un pupazzo di stracci, avvolto in strette bende di lino e oplà infilato nel suo sarcofago ottenendo un morto col suo bravo kit comprensivo di astuccio e vasi canopi. Inutile dire che la tomba era rimpinzata degli oggetti, spesso in materiale prezioso, che il defunto usava in vita e che, dopo morto, erano spesso trafugati o per mero lucro o per fini archeologici. Insomma del poveraccio si usava tutto.
TUTANKHAMON
Il povero faraone era un teen ager quando visitò l’oltretomba. C’è chi dice fosse stato avvelenato, chi lo voleva morto per malattia e chi assassinato. Fatto sta che ebbe vita breve. Il padre era Akhenaton, un faraone intellettualoide il quale credeva, fatto raro per l’epoca, in un unico dio: Athon. Pertanto, mise nome al figlio Tutankathon cioè “immagine vivente di Athon”. La madre è quasi ignota, alcuni sostengono fosse niente meno che Nefertiti. Ragazzino sfortunato, per proteggerlo durante il suo regno, la madre o la nutrice Maya (non si sa bene) gli cambiarono nome in Tutankhamon in onore del dio Ammon che andava, dopo la morte del padre, per la maggiore e pure per proteggerlo dai sacerdoti ai quali il vecchio nome proprio non andava giù. Pensate che dopo una vita non proprio felice il ragazzetto avesse trovato pace? Ma anche no.
Dopo millenni di sepoltura, lord Carnarvon, pensò di andare per tombe in Egitto e organizzò una spedizione archeologica che affidò a Howard Carter. Il resto è storia, Carter scoprì la tomba del faraone giovinetto, la cosa fece notizia in tutto il mondo e il contenuto dell’antico avello portato via. Da allora i poveri resti furono fotografati, sondati ai raggi X e con la Tac, assoggettati a esami del DNA in più riprese e alla fine messi in mostra.
LE MUMMIE
Analoga fine fecero tante altre mummie. I poveri corpi, dopo essere stati tolti dal loro riposo eterno finirono nei musei esposti dentro a delle teche come tante mortadelle nelle salumerie. C’è in questo rispetto? Mi direte: Ma la scienza? La scienza è in grado di fare perfette copie 3d per mostrarle al pubblico e agli studiosi invece di continuare a martoriare quelle povere salme. Insomma a voi farebbe piacere se vostro nonno fosse stato aperto, studiato, pizzicato, repertato per anni e anni e alla fine messo sotto vetro e esposto a tutti come un culatello?
Questa voglia di esporre cadaveri pare essere insita nell’animo umano. Come muore qualcuno di importanza storica, anche ai nostri giorni, te lo impagliano e lo mettono in esposizione. Lenin fece questa fine, non solo, ma nemmeno imbalsamato ebbe pace perchè soggetto ad un continuo apri e chiudi dell’urna. Il suo corpo, ogni tanto, ha qualche problemae pare si stia danneggiando. Una volta viso e mani furono oggetto di chiazze nere e il povero Lenin dovette essere sbiancato. In seguito una incessante manutenzione a base di disinfettanti in un continuo disturbo alla sua quiete eterna. Si pensò, infine, di seppellirlo ma Putin si oppose: “ Che siete scemi? Poi la gente pensa che abbiamo sbagliato per settanta anni!” A seguire la sorte del grande rivoluzionario russo (non Putin, Lenin) altre persone importanti: Mao Zedong (pare si scriva così) in Cina, Ho Chi Min in Vietnam e Georgi Dimitrov in Bulgaria.
RELIGIONE E SALME
Caso a parte sono i cattolici. Sembra che il primo ad essere imbalsamato fosse stato il patriarca Giacobbe e da allora fu dato libero sfogo alla conservazione e alla pubblica ostensione dei resti mortali di prelati. Coloro i quali, nella vita, furono particolarmente misericordiosi, pii e religiosi si dice muoiano in odore di santità ed il loro corpo rimane incorrotto e se cattolico, finisce in una bara di vetro ben esposto ai fedeli. Urne trasparenti mostrano corpi più o meno imbalsamati sotto gli altari delle chiese. Che poi se una persona non muore col corpo incorrotto, vallo a spiegare che era un santo alla stessa stregua di quelli risparmiati dal mortale decadimento… e da qui una ulteriore riflessione: chi stabilisce la santità?
Riflettendoci, a parlar bene di una persona per seguirne l’ esempio bastano le sue opere. Ugo Foscolo che credente era ben poco scrisse nella sua ode “Dei Sepolcri”:
“A egregie cose il forte animo accendono
l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella
e santa fanno al peregrin la terra
che le ricetta.”
Intendendo che dovevano essere da esempio le tombe dei grandi e non l’ostentazione dei defunti in esse giacenti. Ma abbiamo modo di vedere che così non è. Termino questa mia concione accennando a un cimitero stranamente adornato di ossa umane che poco ha a che fare con la santità.
IL CIMITERO DEI CAPPUCCINI A ROMA
Santa Maria della Concezione dei Cappuccini è una bella chiesa che sorge al civico 27 di via Veneto (la strada della “dolce vita”). Annesso alla chiesa c’è il cimitero cosìdetto dei “Cappuccini” che ha una particolarità: È decorato con le ossa di circa 4000 frati e non solo.
Cinque cappelle ospitano corpi interi di religiosi mummificati con indosso il saio dell’Ordine che ne decorano le pareti. Quando mi riferisco a decorazioni intendo proprio a lampadari, applicazioni murali, nicchie, tutto realizzato con le ossa di questa povera gente che mai avrebbe pensato di passare, dopo la morte, da una santa e austera vita ad effimera decorazione o complemento d’arredo. All’ingresso del cimitero il lugubre monito: “Quello che voi siete noi eravamo; quello che noi siamo voi sarete”.
Macabre decorazioni
Non tutti i morti sono sconosciuti: sono presenti, ad esempio, i tre piccoli scheletri dei pronipoti di Urbano VIII, il principe Matteo Orsini vestito con il saio e una giovanissima principessa della famiglia Barberini. Per il resto, il posto, è adorno di macabri decori rococò realizzati con innumerevoli parti del corpo umano a formare rosoni, stelle, fiori, festoni e persino lampadari e un orologio. La domanda sorge spontanea: era necessario violare tante spoglie mortali per ricordarci che su questa terra siamo solo di passaggio?
Ogni buon credente, a quella vista, dovrebbe pregare l’anima di quei defunti chiedendo loro scusa per il trattamento a loro riservato! Al giorno d’oggi si sarebbe scatenato il putiferio se qualcuno avesse osato porre in una chiesa una simile profanazione. Ritenete che i corpi esposti nel cimitero dei cappuccini in Via Veneto a Roma, ridotti a lampadari o decorazioni siano il simbolo di una cultura religiosa che agisce nel rispetto dei morti? Decisamente no. Questo, purtroppo, accade un po’ ovunque nel mondo.
ANCORA
Insomma, partendo dai musei per finire alle chiese è tutto un proliferare di povere salme esposte, talune messe addirittura in posa come le Katakombenheilige, invenzione del gioioso popolo teutone. Non è nota ai molti l’affettuosa, secolare, tradizione che legava i tedeschi ai trapassati: un tempo, amavano rivestirli, ingioiellarli e metterli nelle pose più stravaganti allo scopo di esporli al pubblico. Non è che addobbassero proprio tutti i tutti i morti, ma solo quelli che ritenevano importanti… . Voglio narrarvi un aneddoto:
Adalbart Eder
Uno dei preparatori dei Corpi Santi più famoso era un frate cistercense di nome Adalbart Eder. Era un vero e proprio artista nella decorazione dei cadaveri. Si racconta che dopo una mattina d’intenso lavoro non sapeva proprio che posa dare al corpo di un martire. Non gli veniva manco una idea piccola così… e allora cosa fece? Chiese direttamente allo scheletro quale fosse la posa a lui più congeniale e se ne andò a pranzo. Tornato nel pomeriggio vide qualcosa che lo colpì profondamente: lo scheletro nella teca si era messo in posa da solo. Lo spirito del defunto l’aveva ascoltato. Se volete approfondire la cosa vi rimando al mio articolo sui Katakombenheilige in questo giornale.
Per ultimo una chicca: credete ai morti viventi? Eccovene un paio.
Khambo Itighelov
Il tizio era (o è?) un rispettato Bancho Lama della comunità buriata, ricevuto anche a corte dall’ultimo zar. Un giorno si raccolse nella posizione del loto, recitando le opportune preghiere e semplicemente, smettendo di respirare. Promise che sarebbe tornato raccomandando di riesumare il suo corpo dopo una ventina d’anni. L’ultima riesumazione, nel 2002, ha avuto una grande visibilità mediatica: inspiegabilmente, a 75 anni dalla morte, il lama è stato trovato perfettamente integro. Gli arti ancora flessibili, la pelle indistinguibile da quella di una persona viva, i capelli crescono, il corpo ha la temperatura di 35,3 gradi e non è stato sottoposto ad alcuna procedura di imbalsamazione. Insomma, un morto vivente. Qualche volta lo espongono, protetto da una teca di cristallo. Sta lì, seduto a gambe incrociate, senza alcun sostegno. A dire il vero a me non pare così vitale… .
Rosalia Lombardo: un corpo quasi vivente
Nelle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, presso la cappella di Santa Rosalia, riposa la piccola Rosalia Lombardo, una bambina di due anni morta nel 1920. Il corpo incredibilmente conservato sembra quello di una bimba addormentata. Rosalia era la figlia di facoltosa famiglia che affidò il corpo della giovinetta defunta alle cure di un noto imbalsamatore palermitano dell’epoca, il Dottor Alfredo Salafia, per farla “vivere in eterno”. In effetti ci riuscì almeno per quanto riguarda il corpicino. I risultati del metodo da lui utilizzato sono ancora oggi visibili: lunghe ciglia, un viso paffuto e colorito, boccoli dorati ed un fiocco giallo a tenerle i capelli fanno della piccola Rosalia la più bella mummia del mondo.
Quello che sorprende sono i suoi occhi che, fotografati ogni 60 secondi, sembrano aprirsi e chiudersi più volte al giorno. A detta degli studiosi (se ne trovano sempre alle bisogna) si tratterebbe dell’umidità, che comprime e dilata la sottile pelle delle palpebre e uno strano gioco di luci che cambia lungo l’arco della giornata. Oggi riposa dentro una teca satura di azoto per prevenire ogni accenno di decomposizione, staremo a vedere.
Per terminare
Come se tutto ciò non bastasse ecco che arriva la tecnica della plastinazione scoperta e perfezionata dal professore Gunther von Hagens docente di anatomia all’Università di Heidelberg (un gaio tedesco).
Questo procedimento previene il degrado del corpo umano dopo il decesso. Non lascia odore e conserva l’organismo nella sua forma e colore originali. Lui cosa pensa di farne? Tante belle statue da esporre qua e là per il mondo con buona pace dei cadaveri. Naturalmente le ha realizzate! Se qualcosa esiste qualcosa di inutilmente macabro al limite di vilipendio di cadavere ci ha pensato lui. Centosettanta operai si sono dati da fare a scuoiare e sezionare deceduti in una mera di montaggio oltre 647 corpi di adulti e 3.909 membra tra mani, gambe, piedi, attributi sessuali e circa 182 tra embrioni, feti e neonati. Statue in tutte le pose che espone ovunque nel mondo. Nemmeno Dario Argento ci avrebbe mai pensato.
Chiudo domandandomi se sia veramente necessario disturbare tante povere salme e se questo sia veramente indice di progresso etico e culturale. Se mai nella mia vita farò qualcosa di grande, del che ne dubito, spero nessuno ponga mai il mio corpo sotto vetro come dei cetriolini o lo dia in mano al tedesco impazzito. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.