File notturne al Pronto soccorso di Avezzano. Il metro giusto per giudicare le strategie di parte
AVEZZANO – Sabato sera, anzi notte, ai tempi del Covid. Normalmente saremmo stati in pizzeria o al ristorante o in un bar a chiacchierare. Invece siamo a casa e arriva sul WhatsApp dello smartphone una foto, poi un’altra e poi altre ancora. Ambulanze, fila, freddo, Pronto soccorso di Avevano.
Insomma, la realtà, drammatica e conosciuta, della sanità nella provincia dell’Aquila che non ha certo bisogno, ormai, di altre descrizioni.
No, la realtà della Marsica e dell’intero Abruzzo interno, ha bisogno di interventi, possibilmente messi in campo da persone competenti e concrete, che badino ai risultati e all’efficienza e non alle strategie partitiche e di schieramento.
Guardando quelle ambulanze e il tendone della Croce Rossa, ci si può porre solo una domanda: è giusto ritrovarsi così, nel terzo millennio e nel pieno della seconda ondata di una pandemia ormai conosciuta? La risposta è una sola: No. Non si può e non doveva accadere. Se è accaduto qualcuno delle responsabilità le ha. Il passato? Sicuramente, come i tagli alla sanità pubblica e l’accentramento di servizi e reparti in un luogo solo. Ma il presente dove era? Perché non si è fatto subito qualcosa? Perché spostare infermieri e medici da una parte all’altra, trasferire pazienti come fossero mobili d’epoca e non fare invece il minimo indispensabile per rendere minimamente efficiente il sistema?
E allora il documento dei dieci sindaci marsicani di centrodestra non può trovare accoglimento. E la motivazione è una sola. Ad un certo punto è necessario iniziare ad applicare la regola del “chi sbaglia paga”. E allora, se è vero che ci sono stati morti, che ci sono le file, che il tracciamento dei contagi è saltato, che nei reparti ci sono medici, infermieri, oss e pazienti contagiati, beh, allora noi diciamo che chi ha sbagliato deve pagare. Subito.