Giornata conclusiva ad Avezzano del progetto rivolto ai ragazzi “Comunità coesa Città più sicura” per prevenire violenza e bullismo

AVEZZANO – La giornata conclusiva del progetto “Comunità coesa Città più sicura” si è svolta ieri, al Castello Orsini.

Davanti a circa 250 ragazzi, gli attori del progetto sulla sicurezza voluto dall’amministrazione comunale di Avezzano hanno rappresentato i numeri ed i risultati di una iniziativa volta a lavorare sugli aspetti educativi e culturali e sulle competenze emotive dei giovani per prevenire fenomeni di violenza, delinquenza, maleducazione in collaborazione con il lavoro prezioso delle forze dell’ordine ed un un’ottica complementare rispetto alle stesse.

Grande curiosità ha catturato il Truck della polizia postale sistemato dinanzi agli stand delle forze di polizia presenti e che gli studenti hanno visitato in gruppi da 60 ragazzi ogni 30 minuti provando anche simulazioni virtuali di ciò che accade in stato di ebbrezza o di alterazione.

Poi, alle 12:30 i relatori si sono rivolti direttamente ai giovanissimi subito dopo i saluti introduttivi del primo cittadino di Avezzano.

Il sindaco Giovanni Di Pangrazio ha ringraziato il Prefetto dell’Aquila Giancarlo Di Vincenzo e il Questore Enrico De Simone, tramite i loro delegati, non solo per il supporto dato all’iniziativa più volte presentata come esempio positivo di collaborazione sul fronte della prevenzione di comportamenti devianti ma anche per quanto stanno facendo per il capoluogo marsicano.

“Non possiamo limitarci a chiedere protezione alle forze dell’ordine ma dobbiamo fare la nostra parte nella sfida per una buona percezione della sicurezza – ha detto il sindaco – Durante il mese di eventi ed iniziative che hanno portato al Giro D’Italia la percezione di insicurezza, di cui spesso si parla, sembrava scomparsa. Perché una città viva, luminosa, attrattiva è una città che ti dà tranquillità, nella quale non ti senti mai solo e nella quale percepisci un’ottima qualità della vita. È dal buio che spesso nasce la mancanza di tranquillità. Per questo stiamo lavorando sull’arredo urbano del centro e sullo sviluppo di iniziative capaci di stimolare educazione e buone relazioni”

Ha preso poi la parola il prefetto in pensione Amalia di Ruocco vera anima dell’iniziativa: “La sicurezza come controllo del territorio – ha detto- è un aspetto che riguarda le forze di polizia e i servizi vengono già svolti in maniera egregia. Quanto ai giovani, quello che accade sul territorio di Avezzano avviene in tutte le città: violenza giovanile, bullismo. La Di Ruocco ha citato studi nazionali che parlano di un’età che si abbassa per la prima assunzione di sostanze stupefacenti e di giovanissimi ricoverati per abuso di alcol. L’uomo non sa gestire se stesso, le proprie emozioni, la rabbia, l’ansia, la paura. Non sappiamo gestire i conflitti che nascono ad ogni età. Serve un lavoro culturale, sul rispetto delle regole. Per questo abbiamo puntato sulla formazione e la cultura che non deve riguardare solo il singolo.

Anche perché il lavoro sulla percezione della sicurezza si fa con le piccole comunità (famiglia, associazioni). Abbiamo raccolto scuole parrocchie, associazioni di categoria. Le scuole hanno risposto in maniera esemplare. Devo ringraziare i dirigenti scolastici. Grazie al Questore che ci ha messo a disposizione il dott. Pelliccione che ha coordinato il team di psicologi (circa 10) che hanno tenuto incontri sull’intelligenza emotiva”.

Proprio il Capo tecnico psicologo della Polizia dott. Andrea Pelliccione ha illustrato i dati di un questionario, in forma anonima, somministrato per verificare la conoscenza dei vari argomenti che sarebbero stati trattati per l’educazione all’affettività prima del progetto ed a conclusione dello stesso. I 256 ragazzi che hanno risposto, dopo aver effettuato la formazione, hanno sottolineato di sentirsi migliorati nella conoscenza della rabbia, degli stili comunicativi, delle caratteristiche della buona cooperazione. “Educazione all’affettività e abilità trasversali – ha sottolineato Pelliccione – che servono a prevenire comportamenti a rischio ma sono utili anche sul lavoro.”

Il progetto ha previsto incontri con un ex detenuto, corsi intelligenza emotiva, incontri di educazione alla legalità, coinvolgimento genitori, momenti formativi sullo sport come quello allo stadio del Rugby e altri sui rischi e le opportunità dei social.

Davanti alle forze dell’ordine e ai delegati di Prefetto e Questore ha concluso gli interventi

Padre Giancarlo Marinucci: “Condivido la mia esperienza di accoglienza. È fondamentale saper accogliere noi stessi. Siamo presi da tutto ciò che è fuori di noi. Quando le persone che hanno fatto esperienze di illusione arrivano da me hanno tutte corrono il rischio di dipendere dagli altri non solo dalle sostanze. Noi le accogliamo non lo giudichiamo. Non sentirci giudicati è fondamentale anche perché siamo bombardati da modelli non solo relativi al rapporto con il proprio corpo. Abbiamo difficoltò a condividere sentimenti ed emozioni. I conflitti fanno parte dell’esistenza. Da noi sono passate 1500 persone che vanno alla ricerca di una relazione giusta con se stessi e con glia altri. Uno che non vuole bene a se stesso può volere bene a qualcun altro? Il rischio che si corre è riempire il vuoto con dei surrogati: alcol droghe, affermarsi per emergere. Giusto il nome di Comunità coesa perché ciò che ci dà sicurezza è la coesione, lo stare e fare insieme per dare una risposta all’insicurezza”.

COMUNICATO STAMPA