“Giornata della Memoria”. Quando l’ignoranza fa più danni della violenza
AVEZZANO – No, non ci piegheremo alla banalità. La “Giornata della Memoria” può e deve iniziare ad essere altro. Guardare quei fatti per quello che sono stati e, soprattutto, proiettarli al giorno d’oggi e vedere se ci sono pericoli concreti.
E allora sì, lo diciamo chiaramente: ci sono pericoli e la situazione, soprattutto in Italia, è devastante e fortemente preoccupante. Una ignoranza, nel senso di mancanza di cultura, dilagante, una superficialità nauseabonda, un recupero di istinti che forse erano solo sopiti e che ora, in questo contesto storico e sociale, hanno ritrovato il loro humus favorevole per riesplodere e nei social una tetra cassa di risonanza, hanno riportato in Italia le lancette della storia indietro di 81 anni. Sì perché la nostra narrazione non può che ripartire dal 1938. Per la precisione dalla notte fra il 9 e il 10 novembre del 1938, meglio nota come “Notte dei Cristalli”.
Per capire di cosa parliamo vi offriamo alcuni brani tratti dal libro “Storia del Terzo Reich” dello storico William L. Shirer. Il 7 novembre del 1938, scrive Shirer, un ebreo tedesco rifugiatosi in Francia sparò e uccise il terzo segretario dell’Ambasciata tedesca in Francia. Era il suo modo di protestare per la deportazione in Polonia di 10mila ebrei fra i quali il padre. I nazisti ed i tedeschi non chiedevano di meglio. Una provocazione. Ecco la ricostruzione storica di Shirer:
“La notte del 9-10 novembre, poco dopo che i caporioni del partito, con Hitler e Goering alla testa, avevano terminato la celebrazione dell’anniversario del putsch della birreria di Monaco, si scatenò il più violento pogrom verificatosi fino allora nel Terzo Reich. Secondo il dottor Goebbels e la stampa tedesca da lui controllata, si trattò di una manifestazione «spontanea» del popolo tedesco, una sua reazione alla notizia dell’assassinio di Rath a Parigi. Ma dopo la guerra sono venuti alla luce documenti che mostrano in che misura essa fosse «spontanea». Sono fra i documenti segreti più rivelatori – e più spaventosi – del periodo nazista prebellico. Secondo un rapporto segreto steso dal giudice-capo del partito, maggiore Walther Buch, il dottor Goebbels la sera del 9 novembre emanò istruzioni affinché durante la notte «venissero organizzate ed eseguite dimostrazioni spontanee». Ma il vero organizzatore fu Reinhard Heydrich, il sinistro trentaquattrenne numero due, dopo Himmler, delle SS, che era a capo del Servizio di Sicurezza (SD) e della Gestapo. Gli ordini da lui trasmessi per telescrivente nel corso della sera figurano fra i documenti tedeschi sequestrati.
All’1,20 della notte del 20 novembre egli inviò un messaggio urgente per telescrivente a tutti i centri e le stazioni della Polizia di Stato e del SD, disponendo che si combinassero incontri con i capi del partito e delle SS «per discutere l’organizzazione delle dimostrazioni».
«a) Si debbono prendere solo iniziative che non comportino pericoli per la vita o le proprietà dei tedeschi. (Per esempio, si bruceranno le sinagoghe solo se non vi è pericolo che il fuoco si trasmetta agli edifici vicini)*.
b) Le aziende e gli appartamenti privati degli ebrei possono essere distrutti, ma non saccheggiati..”
d) “..2) Le dimostrazioni che stanno per avere luogo non debbono essere ostacolate dalla polizia…
e) Bisogna arrestare tanti ebrei, soprattutto ebrei ricchi, quanti ne possono essere sistemati nelle prigioni esistenti… Dopo il loro arresto, ci si dovrà mettere subito in contatto con i campi di concentramento adatti, al fine di internarli in tali campi al più presto possibile».
Quella fu in tutta la Germania una notte di orrori. Sinagoghe, abitazioni e botteghe ebraiche furono date alle fiamme e molti ebrei, uomini, donne e bambini, furono uccisi a colpi di arma da fuoco o in altro modo, mentre cercavano di sfuggire alle fiamme. Una relazione riservata preliminare fu fatta da Heydrich a Goering l’indomani, 11 novembre.
«Ancora non si può fissare in cifre l’estensione della distruzione dei negozi e delle case di ebrei… 815 botteghe distrutte e 171 case d’abitazione date alle fiamme o distrutte rappresentano soltanto una parte dei danni effettivi, per quel che riguarda gli incendi 119 sinagoghe sono state incendiate e altre 76 completamente distrutte… 20.000 ebrei sono stati arrestati. Sono stati annunciati 36 morti e un pari numero di feriti gravi” Gli uccisi e i feriti sono ebrei…»
Si ritiene però che la cifra definitiva degli ebrei uccisi in quella notte sia di molto superiore. Lo stesso Heydrich, il giorno dopo la relazione preliminare, dichiarò che le botteghe ebraiche saccheggiate furono 7.500. Si ebbero anche casi di stupro, cosa che il maggiore Buch, capo del tribunale del partito, giudicava colpa più grave dell’assassinio, perché violava le Leggi Razziali di Norimberga interdicenti ogni rapporto sessuale fra «ariani», ed ebrei. Chi si rese reo di stupro fu peraltro espulso dal partito e deferito ai tribunali civili”.
Un passo agghiacciante che rappresenta, in buona sostanza, la nascita e l’avvio della Shoah e della follia che, si voglia o no, coinvolse e fece diventare complice di tanta barbarica degenerazione un intero popolo e molti suo alleati (molti italiani compresi, quell’anno entrarono in vigore le ignominiose leggi razziali).
Rivedendo con gli occhi di oggi, non può che atterrirci il piccolo ma orrendo e preoccupantissimo episodio avvenuto qualche giorno fa in Italia, sì, qui in Italia. Parliamo della scritta tracciata sull’abitazione Aldo Rolfi, figlio di Lidia ex deportata a Ravensbruck nel 1944, a Mondovì, “Juden Hier”, “Qui ci sono ebrei”, usata proprio dai nazisti, all’inizio delle deportazioni, quando si scatenò la caccia ai giudei.
E allora non possiamo che concludere che “La Giornata della Memoria” deve diventare “La Giornata della Cultura”. La memoria da sola non basta. Bisogna insegnare bene la storia, far leggere i documenti, far vedere, soprattutto ai più giovani, documenti e filmati d’epoca. Far scontrare le nuove generazioni con la realtà durissima e macabra di questa violenza estrema, con gli effetti terrificanti di questa psicopatologia che ha colpito un intero popolo fino a fargli sembrare normale un concetto aberrante: “Un popolo può pensare e realizzare la soppressione tramite sterminio di un altro popolo”. Fin quando ci sarà anche una sola persona che scriverà una frase come quella, sugli ebrei o su qualsiasi altro popolo, vorrà dire che la Memoria non è servita. E ci si consenta, in chiusura, non è servita se chi è stato vittima in quel modo orribile, poi, a sua volta, incomprensibilmente, si trasforma in carnefice di un altro popolo.