Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Il problema non sono le donne.Il problema sono gli uomini.
Tutte le attività commerciali, i parchi e le palestre chiusi, le scuole chiuse o prevalentemente con didattica a distanza, gli uffici con il personale in lavoro agile o da casa (perché non sono la stessa cosa, anche se possono integrarsi) eppure, c’è un’attività che non chiude mai. Mi riferisco a quella della violenza esercitata verso un considerevole numero di donne e/o minori . Questa non chiude; anzi! durante il periodo di chiusura, vuoi per la condizione di continua obbligata vicinanza vuoi per lo stato di frustrazione generato dall’ansia, dalla mancanza di lavoro o da altri motivi, si è registrato un aumento delle segnalazioni pervenute alle forze dell’ordine in merito alla violenza esercitata soprattutto in casa.Riporto – nel servizio – i risultati di due differenti studi che riguardano questo tema. Il primo condotto dall’Osservatorio InDifesa e diffuso da Terre des Hommes e ScuolaZoo sulla percezione della disparità tra generi e violenza, discriminazioni e stereotipi di genere, bullismo, cyberbullismo e sexting condotta su 5.700 adolescenti e giovani di età compresa tra i 13 e i 23 anni. L’Osservatorio ha realizzato il questionario coinvolgendo i R.I.S. – Rappresentanti d’Istituto ScuolaZoo, al fine di porre domande coerenti con la GenZ e utilizzare il linguaggio dei giovani; il questionario è stato poi distribuito alle 349 scuole d’Italia ove sono presenti i R.I.S. e on line affinchè i ragazzi potessero rispondere.
E le risposte non si sono fatte attendere:1) per i giovani, la violenza di genere è reale. Forte consapevolezza del fenomeno, fa attestare mediamente sull’85% la percentuale dei giovani che ritiene che in Italia ci sia realmente di che aver paura in merito a femminicidi e violenza contro le donne; il rapporto di 7 maschi su 10 sale a 9 femmine su 10 circa la fondatezza dell’allarme.In merito alla violenza assistita e stante ai dati registrati, sembra essere questa una quasi costante se un 70% degli intervistati dichiara di essere stato spettatore di episodi di violenza diversificata (violenza verbale, psicologica, fisica come schiaffi, calci e lancio di oggetti) e invece, un 33% dice di non avervi mai assistito.La violenza subìta – almeno una volta nella vita – riguarda atti di bullismo e cyberbullismo raggiungendo complessivamente la percentuale del 60%; quella psicologica da parte di coetanei tocca il 42%; commenti a sfondo sessuale da parte di estranei il 36% e da parte di adulti il 24%.I giovani percepiscono inoltre, la globalità del problema rilevata nei matrimoni forzati (65%), nelle mutilazioni genitali e nello sfruttamento lavorativo (37%), nella prostituzione (54%), nelle violenze sessuali e nelle gravidanze precoci (45%). 2) la violenza si consuma in diversi modi (parole, gesti, comportamenti) e luoghi ed è di ostacolo allo sviluppo delle ragazze come persone, come attori della società e come risorse per l’economia. In questo ambito, le risposte fissano al 54% il convincimento che le molestie sessuali siano la peggior forma di discriminazione unitamente alla discriminazione economica e al mancato riconoscimento delle proprie capacità. Per molestia sessuale viene inteso qualsiasi contatto fisico indesiderato (76%), il fenomeno della diffusione illecita di video/immagini sessuali e il tentativo di violenza fisica raccolgono la stessa percentuale, 59%, mentre i commenti sessisti si attestano sul 55% . I luoghi ove si perpetua questa disuguaglianza sono i posti di lavoro (66%),il web (48%) e gli ambienti della politica (33%). 3) la mamma è la persona di cui i ragazzi si fidano di più. Il 36% di loro si rivolgerebbe a questo genitore in caso di difficoltà; davvero pochi si rivolgerebbero agli amici o a fratelli e sorelle; solo il 9% chiederebbe aiuto al partner e il 6% al papà. Gli insegnati non sembrano rappresentare figure di riferimento per confidare violenze subìte (0,7%). Una violenza subìta verrebbe confidata alla mamma (48%), agli amici (46%), al partner o al papà (21%), a fratelli o sorelle (18%). Lascia pensare il dato dell’11% che è quello di coloro che non si confiderebbero con nessuno. 4) sulla scuola, intesa come luogo sicuro, qualche discrepanza; il 20% la ritiene il luogo meno sicuro però il 70% delle ragazze dichiara di non aver mai percepito discriminazione in classe, in quanto femmina, né dai compagni né dai docenti e vede la scuola come il luogo ove impegnarsi per combattere discriminazioni, pregiudizi e violenze utilizzando ore dedicate alla tematica: il 51% chiede 1una o più ore a settimana, il 23%, una o più ore al mese.Terre des Hommes e ScuolaZoo insistono sul cambiamento culturale, da perseguire attraverso meccanismi di peer education, che le istituzioni scolastiche possono costruire, favorendo la partecipazione dei giovani a momenti specifici di formazione e chiedono che l’Osservatorio InDifesa, considerata la capacità di ascoltare e raccogliere l’opinione dei giovani su temi basilari per la sana strutturazione della loro personalità, diventi punto di osservazione permanente e referente ufficiale delle istituzioni governative per indirizzare, con dati reali, le corrette politiche sui temi d’interesse giovanile. Il secondo studio inerisce invece alla provincia di Teramo. La Commissione pari opportunità della Provincia e la consigliera delegata alle Pari Opportunità, Beta Costantini hanno presentato, il 23 novembre, l’ iniziativa organizzata in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne: la distribuzione, nei prossimi giorni di adesivi e mascherine che faranno conoscere il Centro Antiviolenza della Provincia “La Fenice”; è stata fondamentale la collaborazione dei Centri Commerciali Gran Sasso, Val Vibrata, Universo e La Torre e l’impagabile donazione della “Di Sante Mobili”. La scelta di distribuire adesivi e mascherine nei Centri Commerciali è funzionale al target di persone cui sono destinati; i centri commerciali infatti, sono i luoghi dove si recano più spesso donne, magari da sole e sono quindi i luoghi ove si possono sentire libere di telefonare in caso di bisogno.
Alla conferenza stampa – presenti Attilio Di Sante, in rappresentanza della famiglia, Tania Bonnici Castelli e Maria Grazia Marinelli, rispettivamente presidente e vicepresidente della CPO e la responsabile del servizio Annapaola Di Dalmazio – sono stati illustrati gli obiettivi del Centro antiviolenza, le metodologie operative e i dati relativi ai servizi che il Centro offre alle donne che ne fanno richiesta, considerando anche l’impennata di casi subito dopo la chiusura.
Il Centro si propone di sostenere le donne attraverso un percorso che, dalla consapevolezza della violenza subìta giunga alla conoscenza dei propri diritti ma anche dei servizi che sono presenti sul territorio e del modo in cui fruirne.Al Centro sono presenti operatrici qualificate e competenti che si servono di tecniche di ascolto attivo per effettuare i primi colloqui nel corso dei quali si raccolgono informazioni utili ad individuare il problema quindi, elaborano un percorso individuale per spezzare il malefico circuito della violenza, condividendo le decisioni con le donne, rispettandone scelte e tempi. Importantissimo e quanto mai delicato, il lavoro dell’operatrice poggia sull’ascolto empatico e la pazienza di “aspettare” attivamente che le donne riconoscano la violenza subìta per attivare un piano di risoluzione del disagio vissuto. Lavoro d’equipe, uso degli strumenti informatici, supervisione sono i punti vincenti del Centro.Il Centro Antiviolenza La Fenice può contare su una struttura di accoglienza – Casa Rifugio “Casa Maia”, messa a disposizione dall’Azienda Pubblica di Servizi alla Persona ASP n.2 della Provincia di Teramo – le cui operatrici si interfacciano continuamente con il Centro; compatibilmente con le disponibilità di posti e l’impegno degli EE.LL. , le donne vengono accolte anche in presenza di figli minori la cui presenza nella struttura viene immediatamente segnalata al Tribunale dei Minori e al Servizio sociale competente per territorio.
Quest’anno, anche considerando l’escalation di violenze registrate, i dati relativi alle donne assistite tra gennaio e il 18 novembre assumono una particolare importanza, proprio considerando i tre mesi della chiusura totale per Covid; lunghissimi per chi si è ritrovata chiusa in casa con il suo aguzzino… e fotografano uno spaccato di società di cui non andar fieri anche perché se si assumono i dati censiti di una realtà locale ad exmplum delle più vaste realtà regionali e sociali, i numeri non son di certo bassi!Sono state complessivamente 71 le donne accolte presso il centro e 7 presso la Casa Rifugio; analizzando i dati mese per mese, emerge che all’inizio della chiusura i numeri si erano ridotti per risalire però tra maggio e giugno (impossibilità per le donne di chiamare e chiedere aiuto?). La diversa nazionalità delle donne non sembra essere un dato significativo: 6 paesi e mediamente 1 donna ogni paese, quanto basta per far dire che le violenze appartengono a tutti i paesi; si tratta di donne dai 18 ai 60 /oltre anni d’età con una consistente concentrazione nella fascia 41/50 (22), inviate al Centro dietro segnalazione delle forze dell’ordine (26) piuttosto che dal pronto soccorsov(3) dai servizi sociali (2) o dal 1522 (5). Le violenze riguardano prevalentemente le donne coniugate (36), seguite a distanza dalle nubili (19) e dalle separate (10) e, in ultimo dalle conviventi (5) e dalle divorziate (2). Tale dato si interfaccia con quello relativo agli autori delle violenze: 31 mariti, 6 conviventii, 18 ex, a fidanzato, 11 familiare o conoscente e 2 datori di lavoro.Il titolo di studio posseduto dalle donne non fa differenza: 15 donne in possesso di licenza elementare o media, 19 in possesso di diploma o laurea. Delle 71 donne, 42 avevano un attività lavorativa, 27 disoccupate e 3 studentesse.Dopo il primo colloquio, si indagano i bisogni della donna e si individuano i servizi che possono aiutarla: supporto psicologico;,consulenza legale o sociale, accoglienza in casa rifugio. La gran parte delle utenti richiede il supporto psicologico e per 40 di loro il percorso è stato avviato, una è stata invata in altra struttura, per 13 c’è stato un solo colloquio e 19 lo hanno interrotto.Il servizio di consulenza legale fornisce l’elenco degli avvocati abilitati al gratuito patrocinio e l’oggetto di consulenza civilistica riguarda la separazione, il divorzio, gli alimenti e l’affidamento dei figli; in campo penale invece, il servizio fornisce informazioni necessarie ed importanti in casi di denuncia/querela e assistenza nella redazione della querela. Nel periodo analizzato le consulenze hanno riguardato separazioni e cura dell’andamento delle querele. Le consulenze psicologiche fornite nel corso del 2019 hanno avuto come scopo quello di supportare la donna a ricostruire la sua identità, rispetto ai maltrattamenti inflitti e alla disconferma posta in atto dal maltrattatore nonché al rafforzamento dell’autostima, oggetto di duri e sistematici colpi portati con l’intento di suscitare sensi di colpa e affievolire l’amor proprio.