I detenuti nel carcere di Rieti si autogestiscono e si rifiutano di rientrare nelle celle. Vertice al ministero sulla questione penitenziari il 31 luglio

RIETI – Circa 400 detenuti di ben 9 sezioni detentive, su 11 totali, da due giorni, di fatto, si autogestiscono presso la Casa Circondariale di Rieti. In estrema sintesi, si rifiutano di entrare nelle celle e anche di notte rimangono aperti lungo i corridoi, salva l’adesione alle normali attività di routine (passeggi, colloqui, etc.).

Al momento la protesta è pacifica e non si registrano violenze né verso le persone né verso le cose, ma nelle ultime ore stanno aumentando le provocazioni in un clima complessivo che desta, almeno in noi, fortissime preoccupazioni. Ricordiamo che già nel marzo del 2020 nel carcere di Rieti vi fu una violenta rivolta dei ristretti in conseguenza della quale si registrarono 3 decessi.

La protesta sembra avere origine dal fortissimo sovraffollamento, su 295 posti regolamentari sono ben 499 i detenuti presenti, nonché dalla riottosità al rispetto delle regole interne.

La Polizia penitenziaria, al contrario fortemente sottodimensionata, con 134 unità complessivamente in servizio (da distribuire su più turni e in tutti i compiti) a fronte di un fabbisogno di almeno 290, si trova nel bel mezzo di un cortocircuito essendo obbligata a imporre la legge dello Stato per conto di quello stesso Stato che a sua volta non la rispetta minimamente sia nei confronti dei detenuti sia dei suoi stessi servitori.

Di fatto, il Corpo di polizia penitenziaria, i reclusi e in generale le carceri sono abbandonati a se stessi mentre la politica e il Governo discettano del nulla e il Capo del DAP, Giovanni Russo, afferma la Uil in una nota, convoca le Organizzazioni Sindacali per il 31 luglio, dopo un anno e mezzo dall’insediamento, per discutere di “interventi in sede centrale e territoriale”, immaginiamo da realizzarsi, a voler essere molto ottimisti, a decorre da settembre quando si rischierà di ritrovare solo macerie.