I diorami di Elisabetta De Filippi per tornare bambini e amare l’umanità

Probabilmente le case in miniatura delle bambole hanno intrattenuto, fatto sognare e davvero vivere una vita da favola a tante e tante bambine che hanno immaginato, di volta in volta, di essere principessa o Cenerentola, Biancaneve o Trecce d’oro.

In realtà, le case in miniatura sono anche “giochi da grandi” perché la loro costruzione non è proprio semplice e i tanti e piccolissimi particolari con cui vengono arredate richiedono infinita pazienza e mani delicate e precise. Proprio come quelle di  Elisabetta De Filippi che è un’artista creatrice di diorami –  perché è così che si chiamano le case in miniatura –  che la giovane artista sarda, residente da molti anni in Abruzzo, mostra nella sua casa/laboratorio vicino Pescara.

Nel corso di un’intervista che ha lasciato a Nicola F. Pomponio è la stessa artista a narrare la sua arte.

Il diorama è – per definizione della stessa artista – “una riproduzione in grandezza minuscola di un ambiente che mi ha colpito o che è frutto della mia fantasia così, attraverso il diorama, cerco di far emergere sensazioni, ricordi, aspettative, sentimenti del passato o di luoghi che frequento o di posti immaginari”. L’ispirazione spesso viene dall’infanzia ma anche da luoghi fantastici magari visitati nella lettura di qualche fiaba; di certo, tutto quello riprodotto è connotato da grande affetto, qualche volta da nostalgia e da ricordo che non vuole andar via.

Non mancano, da parte di Elisabetta, le visitazioni tra le opere di grandi artisti che rappresentano una notevole fonte di ispirazione. La “Camera di Vincent ad Arles”, quadro di Vincent Van Gogh, è stata riproposta in prospettiva tridimensionale e in diverse versioni ed ha generato difficoltà nella realizzazione del diorami perché nell’opera pittorica, la prospettiva bidimensionale della stanza è “sbilenca” e quindi, sifficile da rendere in tridimensione; insieme a questo, anche reperire i materiali non è stato facile…

Anche i propri campi d’interesse possono servire a fare ispirazione, come il ballo del tango che Elisabetta ama particolarmente ed ecco che la ministanza diventa una sala da ballo corredata da tutti gli oggetti necessari: “un grammofono stile “anni ruggenti”, delle minuscole scarpe da ballo femminili, dei foulard appoggiati su sedie in legno con schienale” tutto ciò che serve per ricostruire “visivamente, un intero mondo di relazioni, affetti, e anche sentimenti”.

Un lavoro certosino quello per la realizzazione degli oggetti che necessariamente devono essere di minuscole dimensioni; dalla scelta dei materiali, anche  da diporto, al loro assemblaggio per dare vita a manufatti precisi e perfetti nella loro riproduzione e fedeli all’originale. “In sostanza è necessario armarsi di pazienza, passione per il dettaglio, amore per il soggetto scelto”. Una passione che, manifestatasi nell’infanzia, è cresciuta e si è manifestata via via fino all’età adulta ed “è diventata un’attività attraverso la quale cerco di rappresentare il bello con ricostruzioni che, al di là dell’attenzione al particolare, rimandino a sentimenti di umanità, ricordo, speranza”.

E’ Nicola Pomponio a concludere e a cogliere nel segno, andando oltre la semplice meraviglia che coglie chi possa ammirare i diorama di Elisabetta De Filippi:”a guardare con attenzione i tanti diorami realizzati si intuisce ciò che Elisabetta afferma. I suoi prodotti artistici evocano proprio quella filantropia, nel senso originale del termine di “amore per l’umanità”, che si manifesta, attraverso il suo sguardo micrologicamente attento ai particolari, in ambienti e oggetti evocatori di un mondo pacificato, di una possibilità di rapporti tra le persone sotto il segno del reciproco rispetto e dell’affetto reciproco: una visione del mondo plasmata dalla speranza nel meglio e dalla bellezza”.

INFORMAZIONI

Pag. FB: Elisabeth Benson

IG: “bett_art_diorami”.