Ignazio Silone e George Orwell: due” scrittori disorganici”, amanti della libertà di pensiero. A 40 anni dalla profezia orwelliana di “1984”

di Sergio Venditti*

AVEZZANO – Appena dopo la fine dell’immane secondo conflitto mondiale, con un’Europa distrutta da ricostruire, a Londra si incontrarono due “scrittori atipici” come l’italiano Ignazio Silone e l’inglese George Orwell. Il primo, nato a Pescina, nella Marsica, il 1 maggio 1900 era rientrato a Roma nel 1944, appena liberata, dal suo lungo esilio svizzero, durato 15 anni, come fuoriuscito antifascista.

Li era riparato, braccato dall’Ovra del regime, come aveva cercato di fare suo fratello Romolo, senza riuscirci: arrestato, processato e rinchiuso in ultimo nel carcere di Procida, dove aveva trovato la morte, nel 1932, per le sevizie ricevute dal regime fascista. In terra svizzera, Silone con il suo romanzo d’esordio di “Fontamara”, nel 1933, diventò d’improvviso noto, nel mondo della resistenza ai regimi totalitari di mezza Europa, proprio quando pensava invece di essere arrivato al capolinea della sua vita tormentata, quasi come una catarsi che lo trasformava da militante politico a uomo di letteratura.

In quegli anni maturò il “trittico” del suo esilio, facendo seguire il suo capolavoro d’esordio, da “Vino e Pane” ed “Il Seme sotto la Neve”. Proprio “Fontamara” vide in Inghilterra una grande diffusione, edito dalla “Penguin Books”, con il suo formato tascabile ed economico, che ne ‘favorì la sua rapida diffusione, anche tra i giovani.

Il distacco doloroso dall’ideologia comunista, da lui descritta poi come un vero e proprio “lutto” personale, lo porterà nell’Italia liberata dagli anglo-americani, ad essere visto da loro con interesse di intellettuale attivo, nel nascente clima da “guerra fredda” tra i due blocchi, come “alfiere” contro il regime comunista sovietico ed i vari partiti collegati, in primis il forte PCdI, guidato da Palmiro Togliatti.

Silone fu inserito tra i vertici dell’ufficio internazionale socialista guidato in Italia da Pietro Nenni e Sandro Pertini. In quella veste venne ospitato nella capitale britannica nel 1946. Li incontrò per la prima volta Eric Blair, meglio conosciuto come George Orwell (classe 1903), autore radiofonico, che durante la guerra aveva curato tra l’altro una trasmissione di propaganda “La Volpe”, in originale “The Fox”, ambientata nel Canton Ticino, proprio adattata per la radio, da un testo di Ignazio Silone.

Una conoscenza ed una stima che l’autore della “Fattoria degli Animali”, già mostrava verso uno scrittore che sentiva vicino alle sue corde narrative uniche e dissacranti, contro tutti i regimi totalitari, che si andavano spartendo il vecchio continente, con le sfere di influenza, già divise dalla “Cortina di Ferro”.

Finalmente l’incontro tra i due avvenne in una fredda giornata del 21 gennaio del primo anno di pace, su invito del partito laburista inglese, che oggi conosciamo per una lettera che lo stesso autore del profetico “1984”, spedì al suo amico G.Gorer, in cui scrisse: “Ieri ho portato Silone e la moglie fuori a cena. Sarebbero rimasti qui per pochi giorni ed erano stupiti dal cibo, tutti gli inglesi incontrati a Roma, gli avevano riferito che qui stavamo morendo di fame”.

Peraltro Darina Laracy, sposata da Ignazio Silone nella “Città Eterna”, era una giornalista irlandese, molto amante della stessa letteratura anglosassone. In più certamente il legame culturale tra i due grandi autori era diventato anche più forte per i comuni tratti umani, specie per la salute cagionevole, con Silone sofferente di tisi, “Il Mal Sottile”, curato in un sanatorio svizzero e la tubercolosi contratta da Orwell, che lo porterà ad una morte prematura, a soli 47 anni, nel 1950.

Su di lui, tra tutti i critici letterari qui si vuole ricordare Geno Pampaloni, grande estimatore anche dell’autore abruzzese, che scrisse: “I cattolici gli rimproverano la mancanza di Dio e le punte anticlericali. I laici il suo riserbo costante e il sentimento dell’Apocalisse. A me pare che

Orwell sia scrittore da ricordare a lungo e che nella parabola della sua vita abbia toccato molti punti di verità”. (“Ritratto Sentimentale”, il Ponte, VII Maggio 1951). Da qui si comprendono meglio tutte le “Affinità Elettive” tra i due “intellettuali disorganici”, insieme A. Camus e agli altri come L. Sciascia, raccolti attorno alla rivista “Tempo Presente”, fondata nel 1956 proprio da I. Silone e N. Chiaromonte, per rispondere al bisogno di difendere la democrazia e la libertà delle idee in tutta l’Europa, contro i vari totalitarismi.

Un periodo cruciale, forse non ancora studiato a fondo, in tutti i passaggi della dura esistenza, di militanti, giornalisti e scrittori, considerati “eretici”, specie nella dura contrapposizione tra i blocchi, che mal tolleravano le figure autonome di liberi pensatori, anche nella stessa sinistra internazionale e nazionale, pur restando entrambi convintamente legati alla matrice del socialismo umanitario e solidale delle origini.

In un interessante articolo di Massimo Teodori, pubblicato nel 2021 (“Una Città n^273) dal titolo “1984 di Orwell: Croce, Togliatti e l’Anti totalitarismo in Italia”, l’autore ha sottolineato il rinnovato interesse verso il polemista inglese, in particolare con la sua partecipazione alla guerra civile spagnola, nelle file del partito Poum, filo trotzkista,” in contrasto con le brigate comuniste pilotate da Mosca, con la critica allo stalinismo osservato sul campo di battaglia”, come riporterà nel suo saggio “Homage to Catalonia”, (pubblicato a Londra nel 1938).

Uno spartiacque, visto che li “combattevano anche altri intellettuali non comunisti come André Malraux, Artur Koestler, Rodolfo Pacciardi e Nicola Chiaromonte: “l’antifascismo si presentava con due facce tra loro in conflitto, quella democratica, socialista e libertaria e quella comunista autoritaria”.

In conclusione Teodori osserva acutamente che: “con la pubblicazione di 1984 Orwell diviene uno degli intellettuali antifascisti-anticomunisti più stimati dalla sinistra liberale d’Europa, insieme agli ex comunisti Ignazio Silone… Il suo nome entra a far parte di quel pantheon antitotalitario che comprende, tra gli altri, Albert Camus di Ni vittime ni bour-reaux (in Combat, 1948) e Hannah Arendt di Origini del totalitarismo (Edizioni di Comunità, 1967)”.

Dal 1949 con la sua uscita ed a 40 anni da quella data del 1984 orwelliano, l’Europa sembra ripiombata di nuovo in un clima da “guerra fredda”, se non scontro aperto con la stessa “Russia putiniana”, che sogna di restaurare il suo vecchio impero, riportando alla memoria la conclusione della recensione di quel libro profetico, di un altro grande abruzzese, come Benedetto Croce: (sul settimanale “il Mondo”) “Chi, come Orwell, ha guardato il mostro e non si è perso d’animo… ha scritto il suo libro… per esortare a raccogliere le forze di resistenza di difesa e offesa e perché non si dimentichi mai che nell’attuazione di quel sistema totalitario accadrebbe qualcosa di immensamente più vasto e profondo della caduta della civiltà greco-romana”.

“Il potere non è un mezzo per un fine ma è un fine per se stesso e si fa una rivoluzione per stabilire una dittatura: un Dio Ateo” (G.Orwell, 1984)

*Sergio Venditti – Rivista “Tempo Presente” – “Centro Studi IS”-Pescina