Il 2 Giugno in Abruzzo. Fra proteste fuori luogo e la memoria di padri e madri della Repubblica democratica
AVEZZANO – È stato un 2 giugno sicuramente diverso. E non per il Covid o per la pandemia che ha cancellato la parata militare, e con essa le dimostrazioni e le proteste di contorno, o perché non si è avuto lo stesso clima da primo pronte estivo.
No, è stato diverso perché per la prima volta in 70 anni c’è stato chi ha voluto distinguersi, dividersi, fare un’altra cosa, quasi come esistesse un’altra Italia. Ma le diversità, ideologiche, ove sussistano davvero delle idee e delle ideologie, religiose, di colore, culturali, di lingua e di qualsiasi alto genere rappresentano la ricchezza di ogni paese e di ogni civiltà. Ogni paese, ogni civiltà, nella storia come ora, ha dei simboli, delle date, dei luoghi, degli eventi, che superano quelle divisioni perché rappresentano il comune sentire che costituisce e identifica quella comunità nazionale. Fare altro in quelle date, in quei momenti, significa una cosa sola: non fare parte, o non voler fare parte, di quella comunità nazionale.
E così, mentre in tutta Italia, e quindi anche in Abruzzo, anche nel paesino più piccolo, si è celebrata la Repubblica, la Costituente da cui è nata poi la Costituzione più bella e più chiara della storia, qualcuno ha voluto distinguersi da questa comunità nazionale in festa. Una scelta che ha prodotto anche reazioni piuttosto chiare ed esplicite anche in Abruzzo
Così la deputata Democratica, STEFANIA PEZZOPANE: «Un 2 giugno intenso ed emozionante a L’Aquila. Prima alla Villa Comunale, su invito della Prefetta Torraco, per ricordare il lungo e faticoso percorso di liberazione, per conquistare la democrazia e la Repubblica. E poi al Cimitero a ricordare la nostra madre costituente Maria Federici Agamben. Il 2 giugno è una festa importante per il nostro paese. È stata commovente questa mattina la celebrazione nel cimitero monumentale dell’Aquila con ANPI L’Aquila, per rendere omaggio ad una donna simbolo del nostro paese, un’aquilana, Maria Agamben Federici, una delle 21 madri costituenti. Oggi è la #FestadellaRepubblica, il giorno in cui nel 1946 gli italiani e le italiane decisero la democrazia e la Repubblica.
E questa è la festa di tutti gli italiani. Chi oggi ha deciso di fare manifestazioni di parte, infrange un patto non scritto che ha stabilito il calendario civile di questo paese. Fatto di date comuni e di radici comuni. La Liberazione dai fascisti e dai nazisti, la scelta della Repubblica, il giorno in cui onoriamo le nostre Forze Armate, ecc. Negli USA i Repubblicani non si sognerebbero mai di fare una manifestazione il 4 Luglio contro il governo, uguale in Francia il 14 Luglio, o in Israele il giorno dell’indipendenza, o in Germania il giorno della riunificazione. Il 2 Giugno è delle italiane e degli italiani, non di una parte sola. La destra sta davvero facendo tutto ciò che è in suo potere per rendere divisivo il 2 giugno. Perché Salvini e Meloni, che l’anno scorso tenevano così tanto a quella festa da averla entrambi disertata, sono infatti arrivati al punto di voler provare a scavalcare il Presidente della Repubblica, chiedendo inopportunamente di andare a deporre fiori al Milite Ignoto, ai fini di una spettacolarizzazione mediatica davvero fuori luogo. Oggi, tutta la destra abruzzese ha scelto un modesto sit-in in Piazza Duomo nel giorno dedicato alla nostra Repubblica. Con sindaci che confondevano la fascia tricolore con una bandiera di partito. Con l’intento di spettacolarizzare le loro azioni e provare a dividere gli italiani in questo che dovrebbe invece essere il giorno di unione per eccellenza. Delineando così un modo, consentiteci, barbaro di far politica. Noi abbiamo invece la responsabilità di tenere unito il Paese, quando altri provano a dividerlo. Un grazie riconoscente al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella per le sue parole ferme, forti, parole di unità nel momento più difficile della vita della Repubblica da quel 1946, a causa della emergenza e della grave crisi economia prodotto dalla pandemia».
SARA MARCOZZI, capogruppo Movimento Cinquestelle in Consiglio regionale d’Abruzzo, è diretta al punto: «Le manifestazioni a cui abbiamo assistito oggi sono l’ennesimo atto irresponsabile di un centrodestra che, pur di portare avanti la propria propaganda contro il Governo nazionale, non guarda in faccia niente e nessuno, nemmeno i potenziali rischi sanitari che comportano eventi di piazza organizzati in questi frangenti. Il Coronavirus non è ancora sconfitto, e mai come oggi è necessario seguire alla lettera tutte le precauzioni per evitare una seconda ondata che sarebbe deleteria per il nostro Paese. Oltretutto è stata scelta proprio la data della Festa della Repubblica, giorno in cui si celebra l’unità nazionale, per attaccare lo Stato anche quando sarebbe necessario unire le forze per uscire, insieme, da questa crisi sanitaria ed economica. Un centrodestra che però tace sui gravissimi ritardi accumulati in Abruzzo dalla Giunta Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. I cittadini e le imprese aspettano ancora che i provvedimenti varati col Cura Abruzzo 1, ormai due mesi fa, diventino realtà. Il Gruppo consiliare del MoVimento 5 Stelle, invece di cavalcare le difficoltà del momento facendo propaganda nelle piazze e sui media, ha scelto di collaborare, con proposte concrete, per migliorare i provvedimenti che il centrodestra adesso ha il dovere di rendere effettivi. Finora però gli abruzzesi hanno visto soprattutto promesse, post sui social network e pochi fatti concreti. Mi auguro che Marsilio e la sua Giunta pensino “prima all’Abruzzo” e poi alla propaganda e si attivino con forza prima che sia troppo tardi».
Ma anche a sinistra c’è stato chi ha voluto distinguersi. Si tratta del Partito Comunista del quale è leader Marco Rizzo che, anche loro, hanno organizzato delle manifestazioni oggi, 2 Giugno Festa della Repubblica, un po’ in tutto il paese, per protestare contro il Governo e le manovre in atto. Questa la nota del PARTITO COMUNISTA PESCARA: «Oggi a Pescara in Piazza Madonnina e in tutta Italia, il Partito Comunista ha chiamato a manifestare tutti i lavoratori, i precari, i disoccupati, le partite IVA, le piccole attività e i professionisti che in questi mesi sono stati o mandati a lavorare a rischio della propria salute oppure abbandonati a se stessi senza un sostegno vero da parte di questo Governo. Ai tantissimi presenti le parole del segretario generale Marco Rizzo: “Non potevamo lasciare l’opposizione a questo governo solo alla destra, oggi siamo gli unici da questa parte contro questo governo. Una protesta guidata dai comunisti che vede scendere in piazza il popolo, anche contro la finta opposizione che viene fatta dalla destra che se fosse stata al governo avrebbe fatto le stesse identiche cose, perché entrambi sono facce della stessa medaglia che eseguono gli ordini degli interessi dei grandi gruppi capitalistici, delle banche della finanza. Tutti inginocchiati all’Unione Europea, all’Euro e alla NATO. Solo noi siamo per l’uscita da questa gabbia per rendere l’Italia un Paese indipendente, che dia il potere ai lavoratori, facendo lavorare tutti, facendoli lavorare meno e vivere meglio nella compatibilità con l’ambiente”.
La manifestazione ha visto l’intervento di lavoratori e di rappresentanti del ceto medio in difficoltà, tanti i giovani presenti. Ha chiuso l’appuntamento il segretario regionale Antonio Felice, incitando la piazza a continuare e a far crescere la protesta nei prossimi giorni e organizzare le lotte che ci saranno prossimamente nei luoghi di lavoro e sui territori».
Manifestare il 2 Giugno, insomma, non è una provocazione o un atto di ribellione. No, è una mancanza di rispetto a tutti gli italiani, da chiunque venga. Il rispetto per i simboli e per la storia di una comunità non ha colore. E allora, ricordando che “La Storia siamo noi” come cantava De Gregori, chiudiamo con le parole del più grande Presidente della Repubblica Italiana, Sandro Pertini:
«Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi»