Il CAI a Roccavivi ricorda l’alpinista Daniele Nardi. Presenti i familiari ed il piccolo Mattia.
Roccavivi- Si è svolto nel pomeriggio odierno il terzo incontro della II Rassegna Cinematografica del CAI Valle Roveto. Un bellissimo pomeriggio in cui si è ricordato l’alpinista Daniele Nardi attraverso la voce dei suoi compagni di avventure.
Un’iniziativa promossa dal Club Alpino di Montagna sezione di Valle Roveto con il patrocinio e la collaborazione della Pro Loco di Roccavivi, l’associazione “La Monicella”, il Comune di San Vincenzo Valle Roveto e dei volontari delle “Aquile Ambientali”.
Nella sala piena di curiosi, le sedie non bastano e molti ascoltano in piedi, in assoluto silenzio, le parole dei compagni di avventura dell’alpinista italiano scomparso sul Nanga Parbat lo scorso febbraio.
La giornata si è aperta con l’introduzione di Enrico Di Cintio, membro del CAI ed organizzatore della Rassegna: “Daniele Nardi veniva ad allenarsi sul Pizzodeta e proprio qui da Roccavivi, partivano le spedizioni per questa montagna che rappresenta un’importante risorsa per la Valle Roveto e di cui lui è stato un Testimonial nel mondo. Gli allenamenti di Daniele sono stati un valore aggiunto per tutto il nostro territorio e portiamo avanti con tenacia i nostri progetti, grazie agli insegnamenti, al coraggio e la passione che Daniele ci ha trasmesso”.
Prende la parola Cosimo Sciotto, originario di Capistrello e amico di Daniele Nardi. Senza nascondere l’emozione, ha ricordato che è stato il suo primo compagno di cordata.
Cosimo e Daniele si sono conosciuti nel ’96 sul Monte Velino “ci siamo incontrati sulla cima e chiacchierando ci siamo scambiati i numeri di telefono. Da lì è nata una fortissima amicizia” -racconta Cosimo- “Da quel giorno abbiamo iniziato a scalare il Gran Sasso tutte le domeniche, percorrendo ogni volta una nuova via. Ricordo poi una scalata sul Monte Bianco. Partiti dalla stazione di Latina, dove ci aveva accompagnato il papà di Daniele, arriviammo a Curmayer in treno. Scalato il Monte Bianco tra mille vicissitudini, torniamo a Torino per riprendere il treno. Invece di salire sul vagone per Roma saliamo su quello per Parigi erani le 23:30.
Arriviamo in Città di mattina l’obiettivo era visitare il Museo del Louvres. Eravamo arrivati presto ma la fila era già lunghissima. Due poliziotti si avvicinano e minacciosi ci portano nella stanza per la perquisizione. Pensavano fossimo due malintenzionati, d’altronde avevamo con noi zaino, chiodi, ramponi, corde e piccozze. Alla fine chiarite le nostre intenzioni ci siamo ritrovati davanti a quella fila lunghissima e abbiamo visitato il Museo senza aspettare ore. Con Daniele era sempre così, tutto bello ed imprevedibile”.
Il microfono poi passa a Massimo Della Valle e Pietro De Santis, anche loro compagni di spedizioni di Daniele Nardi. In due brevi ma intesi interventi, hanno raccontato della preparazione delle scalate e sottolineato la precisione e la meticolosa attenzione con cui l’alpinista di Sezze studiava ogni “via”.
Al termine dei racconti è stata consegnata una targa in ricordo di Daniele ai genitori, alla moglie e al piccolo Mattia che erano presenti in sala e che tra gli applausi hanno ringraziato gli organizzatori e successivamente hanno assistito, con il pubblico presente, alla proiezione del Docufilm “Verso L’ignoto”.
Il protagonista del documentario è proprio Daniele Nardi la prima volta al Nanga Parbat con l’obiettivo di realizzare il suo sogno, raggiungerne la vetta in inverno, in stile alpino, attraverso una via mai conclusa da nessuno, quella dello Sperone Mummery ( Chiamata così in ricordo di Frederik Mummery, che nel 1985 perse la vita nel tentativo di scalare per primo lo sperone).
Il documentario realizzato grazie al prezioso aiuto del regista Federico Santini, si ferma alla spedizione dell’inverno del 2014 e ha raccontato una sfida ai limiti dell’umanamente possibile, tra colpi di scena e voglia di raggiungere la meta.
Ricordiamo che 5 anni dopo, nel febbraio del 2019, sul Nanga Parbat insieme al suo compagno di cordata Tom Ballard, Daniele Nardi ha perso la vita durante l’ennesimo tentativo di scalare per primo, in inverno, la via indicata da Mummery 130 anni fa e che lui più volte aveva provato superare per raggiungere quota 8200m.