Il lavoro come occasione di riscatto dalla violenza di genere: un futuro chiamato Speranza
Storia di una donna assunta da un famoso ristorante nel Chietino. Scastiglia: «Creare altre occasioni»
CHIETI – La prima volta che aveva messo piede nel ristorante, Speranza aveva perso ogni certezza. Era annientata. Era impaurita. Era insicura. Speranza (usiamo un nome di fantasia) oggi in quel ristorante ha trovato una sua nuova identità professionale e umana, un’identità nuova, la forza di combattere, di sorridere, di vivere.
La sua è una storia come tante: quella di donne che hanno subito violenze e umiliazioni dal proprio compagno, se è mai possibile usare un’espressione come questa per descrivere uomini violenti.
Ma la sua è anche la storia di un percorso di rinascita reso possibile dalla sinergia con cui a Chieti, dall’aprile del 2015, la “Rete contro la violenza verso le donne e di genere” ha dato vita a un positivo e proficuo raccordo tra istituzioni pubbliche (Comune, Prefettura, Questura, Asl, Regione), forze dell’ordine (Carabinieri), onlus (Centro antiviolenza Cooperativa Alpha, Caritas Diocesana, Comunità Papa Giovanni XXII) e associazioni d’impresa come la CNA, non solo per mettere in rete tutti gli strumenti possibili di contrasto alla violenza di genere, diffondere la cultura dei diritti, ma anche per immaginare percorsi che attraverso il lavoro puntino a un riscatto.
«Da tempo la nostra associazione – spiega Letizia Scastiglia, direttrice della CNA provinciale – partecipa attivamente alla vita del Centro sia alle attività formative, cui prendono parte gli operatori del nostro Patronato, sia rendendosi disponibile ad accogliere donne vittime di violenza nelle nostre strutture o trovando aziende disposte ad accogliere».
E proprio a questa ultima opportunità fa riferimento il caso appena descritto di Speranza: «La testimonianza – dice ancora Scastiglia – è stata raccontata nel corso della giornata formativa organizzata dalla Cooperativa Alpha dello scorso dicembre, e si riferisce proprio all’esperienza di accoglienza fatta da un’impresa di ristorazione del nostro territorio che si è conclusa con l’assunzione della donna che vive una situazione di violenza: un’assunzione a tempo indeterminato».
Il ristorante, molto noto nel territorio del Chietino grazie soprattutto alla qualità della sua offerta e alla professionalità della coppia che lo gestisce, ha deciso di accogliere la donna, protagonista di un duro e faticoso percorso di recupero dopo l’innumerevole serie di violenze subite.
Un ingresso dapprima soft, progressivo, fatto di reciproca conoscenza tra lei e i titolari, aperto da un periodo di tirocinio realizzato con il concorso finanziario del Centro antiviolenza; concluso infine con un contratto di lavoro vero e proprio a tempo indeterminato. In una parola: stabilizzata.
Ma siccome il lupo perde il pelo e non il vizio, anche sul luogo di lavoro il vecchio partner ha provato a rifarsi vivo: solo grazie alla fermezza dei titolari e dei carabinieri la sua presenza è ormai solo un ricordo lontano.
«Percorsi finalizzati all’autonomia economica possono aiutare le donne a riprendere pieno possesso delle loro vite, e in questo il lavoro di rete con tutti i soggetti territoriali è fondamentale» aggiunge Scastiglia.
D’altra parte, non mancano neanche gli strumenti finanziari per favorire questi percorsi: legge di bilancio, Fondo per il sostegno alla parità di genere, Piano strategico nazionale per le politiche per la parità di genere, Disposizioni in materia di Piano strategico nazionale con la violenza di genere, solo per citarne alcuni: «La speranza, è davvero il caso di dirlo – conclude Scastiglia – è che venga ampliata la platea di potenziali aziende destinatari di sgravi contributivi e fiscali rivolti alla stabilizzazione di queste persone, che siano destinatarie di queste misure anche le piccole, medie e micro imprese».