Il mistero dei misteri. Tanti dubbi. Per i più una sola certezza. La Santa Sindone

Ogni tanto si parla di ufo, di fantasmi, del paranormale, di vita oltre la vita. Tutti misteri che appassionano l’umanità.

Però il mistero dei misteri, spesso passa quasi inosservato: è a portata di mano, visibile anche se ben tutelato ed è custodito in Italia. Quale è questa cosa misteriosa? La Sacra Sindone.

A pensarci bene di cosa si tratta? È un lenzuolo di lino tessuto a spina di pesce delle dimensioni di circa m. 4,41 x 1,13 contenente la doppia immagine accostata per il capo del cadavere di un uomo morto in seguito ad una serie di torture culminate con la crocefissione.

Naturalmente non ho intenzione, con questo mio articolo, di tenere un sermone ma di puntare l’attenzione sull’ “oggetto Sindone” che in effetti qualche misteruccio lo cela.

Il telo della Sacra Sindone

Prima di iniziare togliamoci alcune curiosità: perché si chiama Santa Sindone?

Non poteva chiamarsi Santo Lenzuolo?

In effetti quello è: La parola “sindone” deriva dal greco sindon, che sta ad indicare proprio un ampio tessuto, un lenzuolo per l’appunto.

Siccome quando si parla di sacro vien sempre voglia di complicare le cose eccolo là che viene indicato come “Sacra Sindone” e non “Santo Lenzuolo” o meglio ancora “Santo Sudario” che fa un po’ più casareccio ma rende bene l’idea.

Perché si chiama “Sindone”?

Non basta: come sapete periodicamente viene mostrata ai fedeli e anche lì una parola oscura, poco chiara, salta fuori. Secondo voi quando facciamo vedere qualcosa di particolare, di prezioso e di significativo a più d’una persona, cosa facciamo? La esponiamo.

Questo non vale per la Santa Sindone: le sue esposizioni pubbliche sono chiamate ostensioni (dal latino ostendere, “mostrare”) e che ci volete fare? Suona meglio e ha un aria più austera.

Come di norma, per ogni cosa più o meno eclatante e importante ci sono sostenitori e denigratori: Siamo andati sulla Luna, no non è vero; la Terra è una sfera, no è piatta; c’è il coronavirus, no manco per niente, i Beatles erano quattro, no Paul McCartney era morto.

Pensate che un oggetto così importante per il cristianesimo non fosse stato affetto dal tarlo del negazionismo? Ma anche no.

Le “Ostensioni” del sacro telo

Il corpo avvolto nel sudario

La sacra sindone di Torino, una delle più importanti reliquie cristiane, ha fatto discutere per anni scienziati e credenti.

Quale è la sua storia? Da dove salta fuori? E qui cominciamo male.

La prima fonte documentata risale al 1353, quando il cavaliere Goffredo di Charny fece costruire una chiesa nella città di Lirey, per contenere un sudario che avrebbe avvolto il corpo di Gesù. Apriti cielo!

Il Vescovo Pierre D’Arcis inviò un memoriale all’Antipapa Clemente VII (perchè pure questo c’è toccato: un papa francese e uno italiano contemporaneamente) nel quale si narrava che Henri de Poitiers, suo predecessore, sapeva di un pittore che realizzò la Sindone. Da qui nacque una battaglia clericale.

Il tortuoso viaggio della Sindone per mezzo mondo

Fu sospesa l’ostensione della Sindone ma poi ripresa da Goffredo II nella chiesa di Lirey. Tra divieti di ostensione, violazioni al divieto, vescovi interessati al caso e nepotismi, la Reliquia non ebbe pace.

Alla fine si continuò a mostrarla ai fedeli premettendo che era una tavola dipinta (!) ma Margherita, figlia di Goffredo di Charny, se la portò via con la scusa di volerla proteggere.

Si beccò, quasi subito, una bella scomunica per aver continuato a dichiararla vera e averla, poi, venduta ai duchi di Savoia. Questi ultimi fecero costruire una cappella per il suo culto, chiedendone autorizzazione al Papa.

Finalmente a Torino!

Purtroppo nella notte tra il 3 e il 4 dicembre 1532 la costruzione andò a fuoco. La reliquia fu salvata da due frati e il consigliere del Duca ma ne uscì bruciacchiata.

Alcune suorine, agucchiando sul Telo qua e là, ci misero una pezza (e non metaforicamente), rammendando le bruciature. Quando cambiò la capitale del regno, la Sindone fu portata a Torino.

Riprese il suo itinerare durante l’assedio dei francesi nel 1700 e la seconda guerra mondiale dove fu in Campania nell’abbazia di Montevergine. Ora che ne conosciamo le vicissitudini ecco la domanda: La sacra sindone è vera o falsa?

Credete che nell’era delle scienze forensi, di CSI e delle sue meraviglie se ne sia venuto a capo?

Secondo un esame al carbonio 14 il panno fu datato in un periodo compreso fra il 1260 e il 1360 ma stando ad altri esami condotti dal Prof. Fanti, il telo risalirebbe al I secolo a.C., quindi compatibile con l’epoca in cui Cristo sarebbe vissuto.

L’ex direttore della polizia scientifica di Zurigo, Max Frei Sulzer, prelevò nel 1973 diversi pollini dalla sindone riscontrando la presenza di piante riconducibili alla Palestina, però nel 1978 esami sulle tracce ematiche presenti non trovarono presenza di sangue ma di ocra rossa. Manco a dirlo gli studi dettero risultati contrastanti.

Un telo analizzato in tutti i modi in tutto il pianeta

Il povero telo funebre fu confrontato con altri teli coevi che mostrarono molte differenze nella struttura del tessuto e nella trama.

Anche l’immagine del corpo sembrava mancare delle deformazioni tipiche impresse da un corpo su una tela.

Ed eccoci alle risultanze del CSI nostrano: l’antropologo forense Matteo Borrini e il chimico organico Luigi Garlaschelli dopo avere analizzato le macchie di sangue sul tessuto utilizzando le tecniche della polizia scientifica ottennero delle risultanze tali da dimostrare che le tracce erano ‘totalmente irrealistiche’, insomma, la sacra sindone sarebbe un falso.

Uno studio recente ha, però, concluso che l’uomo avvolto nel telo sarebbe morto in seguito a pesanti torture. Insomma confermerebbe l’autenticità del telo e sconfessato la tesi di Garlaschelli.

Dirò di più ci si sono messi pure i russi. L’Fsb, erede del famigerato Kgb, han svolto un’indagine criminologica a partire dalla foto del sudario. Stando al quotidiano russo “Zhisn”, gli esperti si sono mesi ad invecchiare per mesi stoffe di lino, concludendo che la Reliquia ha davvero 2.000 anni e proviene dalla zona di Gerusalemme.

Risulterebbe che l’uomo colpito con una frusta piombata a cinque fili, tipicamente romana. Una larga macchia sulla spalla destra fa pensare che abbia trasportato a lungo un oggetto molto pesante, come la croce.

“L’Uomo della Sindone” fu realmente torturato

Le ossa del naso, colpite da un corpo contundente sono spezzate. L’asimmetria dei tratti indica una profonda sofferenza fisica. Mani e piedi sono feriti come dal passaggio di chiodi, le spalle un po’ sollevate indicano una morte per asfissia, sopravvenuta prima del colpo di lancia.

Non contenti, i russi hanno anche fatto fare ginnastica a un volontario, per farlo sudare, poi l’hanno coperto per ore con un telo di lino. E’ rimasta impressa la sagoma. Se lo dicono loro…

La Sindone e Leonardo

Ma non finisce qui: è stato scomodato Leonardo da Vinci quale “falsario”.

C’è chi dice che l’immagine sia uno scherzo; rappresenterebbe le fattezze del Genio toscano e chi dice che l’intera opera sia stata realizzata di sua mano; come? Una delle ipotesi è che avesse realizzato il tutto usando un pirografo, un attrezzo che permette di disegnare usando una punta arroventata.

Poteva forse mancare Leonardo da Vinci?

In effetti Leonardo studiò presso la bottega del Verrocchio il quale riteneva che un artista doveva essere capace di lavorare ogni forma di materia quindi conoscere il processo di fusione dei metalli come il ferro, il bronzo, l’oro e le tecniche di incisione su ceramica e su legno per questo la tecnica gli era, probabilmente, nota.

Altri autori hanno proposto l’ipotesi che la Sindone sia stata realizzata con la tecnica protofotografica sempre da Leonardo da Vinci, imprimendo sul lenzuolo l’immagine di un modello appositamente realizzato.

Secondo Nicholas Allen, studioso di storia dell’arte, i materiali e i mezzi tecnici necessari erano tutti disponibili nel XIV secolo. Già nel basso Medioevo era nota la camera oscura, ma questa poteva solo proiettare un’immagine e non imprimerla su una superficie.

Pittura o immagine impressa misteriosamente

Per farlo sarebbe stato necessario l’uso di sostanze fotosensibili (ad esempio il nitrato d’argento) spalmate sul telo sindonico ma non se ne è trovata traccia. Secondo Allen, tali sostanze sarebbero sparite poiché lavato in seguito con ammoniaca, disponibile nell’urina umana e usata dall’antichità.

Questo non spiegherebbe, però, la precisa tridimensionalità dell’immagine. Se tutto questo fosse vero, la Sindone non sarebbe quella esposta a Lirey alla metà del XIV essendo nato, Leonardo, praticamente un secolo dopo a meno che i duchi di Savoia, che nel 1453 avevano acquistato la Sindone di Lirey avessero commissionato a Leonardo la realizzazione di una diversa, di migliore qualità e più credibile.

https://www.youtube.com/watch?v=hVjnWVQ1658

Immergiamoci ora in un potpourry di ulteriori ipotesi relative alla sua realizzazione. Paul Vignon, all’inizio del XX secolo, avanzò una teoria secondo la quale l’immagine sarebbe il risultato di reazioni chimiche tra il tessuto, gli aromi (mirra e aloe) e i vapori di ammoniaca prodotti dalla decomposizione del cadavere avvolto nel lenzuolo (con buona pace della “resurrezione”).

La Sindone sarebbe, dunque, una sorta di impronta, dove i punti più scuri corrispondono ad un contatto più ravvicinato del tessuto con il cadavere.

Il chimico statunitense Raymond Rogers e Anna Arnoldi hanno riferito di aver anche loro ottenuto un ingiallimento delle fibre di lino ma causandolo con l’ interazione dei vapori d’ammoniaca ela superficie del lino antico trattato con saponaria.

Non essendoci due senza tre Barrie Schwortz e Teresinha Roberts effettuarono un irrispettoso esperimento con la carcassa di un maiale ottenendo, anche loro, una colorazione simile.

La scienza non riesce a spiegare il mistero della Sindone

Eccoci ad un nuovo tentativo: alla “irradiazione” dell’immagine della Sindone. Alcuni ricercatori hanno condotto, presso il Centro ENEA di Frascati, tra il 2005 e il 2010, studi su teli di lino irraggiati con laser a eccimeri che sarebbe un laser all’ultravioletto, affermando che “un brevissimo e intenso lampo di radiazione VUV (Vacuum Ultraviolet) direzionale può colorare un tessuto di lino in modo da riprodurre molte delle peculiari caratteristiche della immagine corporea della Sindone di Torino“.

Nel 2011 i risultati furono pubblicati in un rapporto. Rimane da sapere dove diavolo si poteva trovare al tempo di Gesù questo arnese.

Altro giro altra corsa e spunta l’effetto corona. Cosa diavolo è? È un tipo di scarica elettrica usando la quale sono state ottenute immagini dettagliate e con le stesse caratteristiche dell’immagine sindonica.

Come si sia potuto produrre, all’epoca, un tale campo elettrico ci è ignoto. Si ipotizza che un terremoto simile a quello avvenuto, secondo i Vangeli, alla morte di Gesù, avrebbe potuto generare, nella tomba, un campo elettrico in presenza di gas radon e rocce piezoelettriche quali.

Le prospezioni geologiche però non hanno trovato tale minerale nel sottosuolo di Gerusalemme.

Altre mille ipotesi… fantasiose

Ma veniamo a tecniche più semplici come la pittura. Nel 1978, gli studiosi dello STURP (Shroud of Turin Research Project) dopo aver eseguito alcune analisi sui campioni del telo (spettrometria all’ultravioletto, all’infrarosso e alla luce visibile; fluorescenza ai raggi X; applicazione di vari reagenti; spettrometria di massa) esclusero la presenza di pigmenti ma Walter McCrone, chimico microscopista statunitense, trovò i resti di una pittura a base di ocra rossa (ossido di ferro), fissata con un legante a base di proteine animal.

Gli fu fatto notare che, con tutta probabilità, quel pigmento era dovuto alle contaminazioni prodotte dagli artisti succeduti nel corso degli anni che avevano fatto copie, sul posto, della Reliquia.

Altra ipotesi suggestiva è quella secondo la quale l’immagine dell’Uomo di Nazareth sia stata realizzata per strinatura, cioè bruciando superficialmente il tessuto, probabilmente per contatto, con una statua o un bassorilievo riscaldato a temperature dell’ordine dei 200°C, un po’ come quando si lascia il ferro da stiro caldo su un tessuto.

Alcuni studiosi sono riusciti, con questo metodo, a produrre delle immagini dall’aspetto piuttosto simile al volto dell’Uomo della Sindone ma senza riprodurne efficacemente la tridimensionalità.

Rimarrebbe infine da spiegare, così come per l’ipotesi della pittura, in quale modo l’ipotetico autore della statua o del bassorilievo possa essere stato capace di ottenere un risultato così accurato dal punto di vista anatomico.

Il modello tridimensionale di Gesù ricavato dalla Sindone

Una piccola nota. In tutti questi esperimenti non si è riusciti a riprodurre il retro del corpo perchè sulla Sindone, ricordo, le immagini sono due, una anteriore, quella maggiormente nota e una posteriore.

La nuova tesi del Professor Nello Bassolino

Dopo recenti studi, si ritiene che l’Immagine sindonica contenga informazioni tridimensionali. Il professor Nello Balossino, docente dell’Università di Torino ed esperto di elaborazione dell’immagine spiega che la figura si comporta come un negativo fotografico ma con informazioni tridimensionali ed è a tutt’oggi irriproducibile.

Lasciamogli la parola: “Dal punto di vista della formazione, un’immagine è il frutto dell’interazione dell’energia luminosa, proveniente da una scena, con il sistema di acquisizione. È però solo registrata l’intensità luminosa e non la fase in cui è codificata la profondità: un negativo fotografico non possiede pertanto l’informazione tridimensionale. L’immagine della Sindone si comporta come un negativo fotografico per quanto riguarda i chiaroscuri invertivi e la spazialità, ma non è un negativo nel senso dell’accezione fotografica. Si tratta infatti di una rappresentazione in cui sono rilevabili evidenti sfumature cromatiche, tendenti al rosso, che modellano un corpo nel rispetto della morfometria: è il contenuto tridimensionale. L’applicazione dell’inversione di intensità e della specularità permettono di ottenere la figura come se la si osservasse nella realtà, conservando l’aspetto del rilievo […] Queste particolarità rendono certamente più ardua la spiegazione che attribuisce l’immagine sul telo sindonico ad un falsario medioevale ”.

Insomma il vero miracolo sarebbe il fatto che nessuno è riuscito a dimostrare che la Reliquia sia un falso, siccome, però, sono un vecchio briccone, mi domando: cosa sarebbe accaduto se la Sindone si fosse rivelata non autentica… . Un saluto da un metro e mezzo.

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