Il movimento anarchico marsicano, con il rivoluzionario Ignazio Silone: il ritratto del medico Francesco Ippoliti
di Sergio Venditti*
PESCINA – La storia del movimento anarchico internazionale ed italiano è stata segnata, specie tra la fine dell’800 ed i primi decenni del “Secolo Breve”, da tanti episodi e personaggi emblematici, che ne hanno alimentato il mito come quello di “Sacco e Vanzetti”.
I due anarchici d’origine italiana, condannati ingiustamente nell’America degli anni ’20 e finiti sulla sedia elettrica nel 1927. Nei canti di protesta degli anni ’60 nei campus universitari americani si richiamava la “ballata” a loro dedicata dalla folksinger Joan Baez.
In particolare, nei regimi totalitari europei del ‘900, tra cui il Fascismo, gli anarchici erano gli “osservati speciali”, come testimoniano molte fonti ritrovate negli archivi dell’OVRA, la famigerata polizia segreta del regime mussoliniano. Tutto questo anche in Abruzzo, nella stessa Marsica, ad Avezzano, dove vicino la stazione ferroviaria, vi era la sua temuta sede interregionale, riemersa dagli studi del Dott. Giovanni De Blasis, anch’egli stimatissimo chirurgo.
Una storia quella degli anarchici abruzzesi, che in particolare dopo la fine del primo conflitto mondiale, ebbe molti personaggi coinvolti, come racconta in uno studio Edoardo Puglielli: Gli Anarchici Abruzzesi e la Grande Guerra” (a cura del Centro Studi Libertari “Camillo Di Sciullo), che riporta in copertina la dedica: Ai Proletari vittime della Guerra Borghese. I Reduci della Lega Proletaria Memori- 2 Maggio 1920, a Giulianova (TE).” La lapide fu distrutta dai fascisti la notte tra il 28 e il 29 agosto 1922.
Venne riaffissa all’indomani della Liberazione. Così l’incipit del testo: “A guerra iniziata gli anarchici italiani si trovavano già in una situazione di semiclandestinità, con gli esponenti più in vista internati e con i giornali costretti a chiudere o ridotti quasi al silenzio dalla censura.
Si impegnarono fino all’ultimo per far sì che l’antimilitarismo ed il profondo pacifismo delle masse italiane riuscissero ad impedire il conflitto, ma rimasero isolati e battuti…anche dall’interventismo rivoluzionario della sinistra”….”La battaglia contro l’intervento venne combattuta solo da nuclei di anarchici, socialisti di sinistra, giovani socialisti e sindacalisti contrari alla guerra”….a Teramo, come a Scafa, Piano dell’Orta e Torre dei Passeri, come anche nella Chieti “conservatrice”, dove Camillo Di Sciullo” si fece promotore di un comitato cittadino per provvedere ai mezzi più efficaci contro la guerra”. Cosi a Sulmona un comizio promosso dopo la Dichiarazione di guerra dell’impero austro- ungaro o al Regno di Serbia, ma lì la polizia “sequestrò varie copie de “I ferrovieri d’Italia”, stampato “alla macchia”.
Nella stessa San Vincenzo Valle Roveto” il capostazione Gino Corradetti si distinse per un’intensa propaganda antimilitarista e per l’organizzazione di incontri pubblici e privati rivolti ai lavoratori della terra…Un fiero antimilitarismo emerge anche dalle corrispondenze tra famiglie e giovani emigrati. Così scriveva Umberto Postiglione da Seattle.. con l’agitazione internazionale a favore di Carlo Tresca che…era stato ingiustamente accusato di omicidio e negli USA rischiava la sedia elettrica”.
E qui si inserisce anche la figura di Francesco Ippoliti, in quegli anni medico condotto nel circondario di Frosinone e poi di Viterbo: “da quando è venuto (Ippoliti) ha dimostrato idee sovversive e si è dedicato ad una assidua propaganda di socialismo e di anarchia tenendo private conferenze; è in corrispondenza col noto anarchico di Roma Temistocle Monticelli.
In una lunga intervista, del 2014, riportata dalla rivista ” Formiche”, sull’anarchico marsicano Francesco Ippoliti (1865-1938), nativo di San Benedetto dei Marsi (allora frazione di Pescina) il nipote Luigi Gagliardi scriveva, nel suo libro “F.I. Diari di un confinato politico degli anni’30, Ed Solfanelli, Chieti 1914), anch’esso medico e militante politico: “Permanentemente scapolo, affermava di non aver voluto mai metter su famiglia per non volerla coinvolgere nei guai e nei fastidi che le avrebbe provocato a causa delle sue idee e della sua attività politica. Anarchico convinto e battagliero, soprattutto per tale motivo aveva avuto noie con la giustizia anche prima del fascismo.
Il quale fascismo gli aveva combinato in due occasioni due periodi di soggiorno obbligato a Pantelleria ed a Lipari ma, in entrambe le volte lo aveva, raggiunto con provvedimento di sospensione, di riduzione della pena e di richiamo al proprio domicilio in San Benedetto….Medico appassionato, si era laureato in quella Napoli di fine ‘800, che per l’Abruzzo era, più che Roma, la meta dei giovani in cerca di sapere e, qualche volta, di fortuna”. “L’AMICO E MAESTRO DI IGNAZIO SILONE: Il grande saggista e romanziere abruzzese, era compaesano di Pescina…Molto più giovane di lui, lo aveva come amico stimato e quasi come maestro.
Infatti, Silone lo menziona in più di qualche sua pubblicazione, riferendo lo spirito acuto e la disposizione al sacrificio”. Nel suo capolavoro Fontamara Egli riporta la schedatura ideologica dei “Cafoni” fatta dai militi fascisti, alla domanda: CHI EVVIVA? “Anarchici, Refrattari Socialisti… e altre male razze!… ”Autore di numerosi manifesti, ballate e proclami coi quali invitava al riscatto i contadini del Fucino, lo zio assumeva talvolta il ruolo di tribuno, in veementi discorsi rivolti soprattutto ai lavoratori più poveri…
Più volte consigliere comunale, una sua costante era l’azione per l’autonomia di San Benedetto dal comune di Pescina, secondo la tipica visione degli anarchici, che ritengono di trovare nelle autonomie locali la via della libertà “….”Insomma ,come non molti altri idealisti come lui, lo zio Francesco cercò durante tutta la sua vita una “salvezza terrena” che, inevitabilmente, non poteva che finire nel suo opposto.
Cioè, in quei “paradisi in terra”, che in URSS, come in ogni dove si sia realizzato il comunismo, hanno piuttosto dato luogo a quella che, ebbe efficacemente a definire fin dal 1985, l’allora cardinal Ratzinger, è stata e rimane “la vergogna del nostro secolo”.
Centro Studi “I.S.” – Rivista “Tempo Presente”