Il pericolo dell’Orso (noi). Uno sparo che non ha ucciso solo Amarena, ma rischia di flagellare immagine, turismo e un pezzo di economia abruzzese
Un dito si flette sul grilletto di in fucile, uno sparo squarcia il silenzio nel buio e il simbolo del Parco Nazionale d’Abruzzo del Molise e del Lazio giace morto in una pozza del suo stesso sangue: è l’orsa Amarena.
Si aggirava nel giardino di una casetta posta nel Parco e “pam!” qualcuno che “aveva paura” le ha scaricato addosso qualche colpo del suo fucile da caccia.
Poteva il tale barricarsi in casa, salire al secondo piano per sua maggior sicurezza e da lì chiamare le forze dell’ordine?
Poteva, sempre barricato e al secondo piano, sparare alcuni colpi in aria per spaventare la bestia? Eh si, poteva fare tutte e due le cose, anzi sapeva cosa fare perchè viveva praticamente nel Parco e invece no.
NIENTE LACRIME!
Non ho intenzione di fare un lacrimoso articolo sulla povera mamma orsa che vagava assieme ai suoi cuccioli per sfamarli oppure sull’amata creatura pelosa che non spaventava i cittadini che se la ritrovavano per strada.
Non desidero tanto meno esibirmi in una invettiva contro l’uccisore di cotanta fiera, però… però… voglio lasciare la parola a una poetessa romana, Sabrina Balbinetti, che in una sua splendida poesia scritta in vernacolo narra il triste evento.
L’opera è originalissima e straziante: narra l’accaduto attraverso gli occhi dei due cuccioli.
Lo confesso: sono un vecchio barbagianni borbottone, l’ho già detto in altri miei articoli, quindi lungi da me lacrimare sul corpo della pelosa vittima. Gradirei, invece, porre l’accento sul danno creato alla regione che ospitava l’animale e di cui nessuno parla.
Un danno d’immagine c’è.
Da sempre la Marsica è portata quale esempio di luogo dove i plantigradi convivono pacificamente con la popolazione e questa situazione era stata contrapposta con orgoglio agli abitanti del Trentino che morte gridano agli orsi e alle altre bestie ritenute fastidiose.
Rammento la levata di scudi che quasi mandò al rogo l’automobilista che uccise Juan Carlito, tra l’altro figlio di Amarena, in un incidente automobilistico.
Ora cosa accade? Il tranquillo popolo abruzzese si rivela come uno spietato fucilatore di questi bestioni! Siamo onesti: una figura barbina.
I DANNI
Ma ecco che il peggio deve ancora venire. Al danno d’immagine s’aggiunge quello turistico. Se prima forestieri arrivavano sentendosi sicuri di osservare gli animali in quell’ambiente naturale, eccoli ora tentennanti indecisi se visitare quell’ habitat precipitato di colpo da sogno a fredda realtà.
Se alla realtà ci riferiamo, vien da chiedersi se, per quell’insano gesto, qualche posto di lavoro verrà a mancare.
Prosaicamente parlando, il danno ambientale diventa importante. Nessuno ha pensato che, con la morte di un animale così prolifico come Amarena, la fauna locale è gravemente depauperata? Ebbene l’orso bruno marsicano rappresenta una specie esclusiva dell’Italia centrale. Attualmente la sua popolazione è stimata in circa 50 esemplari. I cuccioli di orso trascorrono i loro primi 15-17 mesi di vita con la madre e, a volte, sono allattati fino al momento della separazione; quando i cuccioli sono ormai svezzati.
Il danno è grave perché con Amarena si possono perdere i due cuccioli che erano con lei probabilmente non ancora svezzati e allo stesso tempo, prede di altri animali.
ANCORA DANNI
Un benpensante, nella sua casetta che, ribadisco, è ai limiti del Parco Nazionale d’Abruzzo e quindi soggetta a invasioni delle specie locali, vede di notte un orso nel suo giardino e gli spara causando disastri a catena dall’ecosistema a quello turistico. Nessuno accenna ad un ulteriore danno che è quello economico.
Uno spiegamento di forze alla ricerca dei cuccioli dispersi nella speranza che sopravvivano soli e abbandonati nel bosco che, poi, sono stati ritrovati incolumi. Chi pagherà in solido tutto? Spero che qualcuno darà una risposta a questa domanda perché, vedete, è troppo facile agire d’impeto per poi farla franca con una multa o un po’ di prigione: il danno provocato deve essere risarcito.
Termino con una riflessione.
Recentemente sono sempre più frequenti le scorribande dei plantigradi nei centri abitati alla ricerca di cibo. Sono spesso attratti dai cassonetti che per loro sono dei veri e propri supermercati. Mi chiedo se il vecchio piano che prevedeva la somministrazione di cibo in quota per gli orsi sia ancora attivo.
Era un modo intelligente per rispettare gli animali ed evitare tra umani e plantigradi pericolosi (per questi ultimi) contatti. Un triste saluto.