Il soglio di Pietro centro della fede e di tanti… misteri
Due papi dimissionari (veramente sono stati otto) e una sola fine. Tutti conoscono la storia di Celestino V, “colui che fece per viltade il gran rifiuto”, per dirla con Dante.
Passati i secoli, la vicenda si ripresentò con Benedetto XVI Ratzinger il quale si dimise dal Santo Soglio allo stesso modo di un geometra del catasto: lettera di dimissioni e via. Per dirla tutta non fu nemmeno una dimissione così “libera” perché che lo si dica o meno è stato confinato nel monastero Mater Ecclesiae dove vive in compagnia delle suorine che ci abitano e al suo segretario padre Georg Gaenswein, licenziato dalle cariche che copriva in Vaticano. Non ricordate Ratzinger? Era quel Papa che parlava (i più attempati lo ricorderanno) come Paolo Villaggio nei panni del professor Kranz. Erano talmente simili simili nell’accento, che, quando compariva dalla finestra del suo studio in Vaticano alla domenica, ci si aspettava la frase “Ki fiene foi atesso?
Due personaggi, Celestino V e Benedetto XVI che lasciano perplessi, rimangono un po’ oscuri nelle loro vicende che per certi versi si somigliano perché, dietro dietro, si sente puzza di politica e non solo.
Per quanto riguarda Celestino V la storia ci racconta che fu eletto al soglio di Pietro nel luglio del 1294 per poi rassegnare le dimissioni il 13 dicembre dello stesso anno non riuscendo a sopportare le pressioni di Carlo D’Angiò e della sua cricca che volevano abusare della sua buona fede. Quando si dimise fu confinato nel castello di Fumone a Frosinone finchè morì a 87 anni quando, secondo una leggenda, fu assassinato con un chiodo nel cranio da un sicario di papa Bonifacio VIII prefigurando, all’epoca, un assassinio politico. La cosa fu poi smentita da un esame autoptico nel 2013, proprio l’anno in cui Benedetto XVI non solo si recò presso la sua tomba ma si dimise poco tempo dopo. Per la verità il papa tedesco ebbe miglior sorte di Celestino perché, seppur confinato è attualmente un ultranovantenne in vita seppure nell’apparenza ha l’aria di essere custodito suo malgrado.
Il buon Celestino era un uomo di preghiera, un eremita che viveva sui monti abruzzesi della Majella. Accettò con riserva la sua elezione al sacro soglio in quanto, forse, pensava che la decisione dei cardinali era un segno della Provvidenza desiderosa di porre un sant’uomo alla guida della Chiesa all’epoca “alquanto” corrotta. Si lasciò incoronare il 29 agosto nella basilica di Santa Maria in Collemaggio a L’Aquila che era una basilica di quell’ordine templare a cui fu molto vicino. Alla morte di papa Bonifacio VIII, la monarchia francese, inventò la storia di un grande complotto allo scopo di spodestare il pontefice abruzzese che ne avrebbe visto Caetani, uomo di fiducia di Celestino V, come attore principale.
Perché allora lo elessero? A causa delle lotte intestine di Santa Madre Chiesa: da due anni il conclave non riusciva a eleggere il successore di Niccolò IV e la curia romana versava in uno stato di totale anarchia. Immaginate cosa poteva accadere tra le casate nobiliari che si contendevano il papato e quante e quali ingerenze dei monarchi europei.. Queste “sante faccende” ritardarono la fine dei lavori del conclave. Si arrivò, così, al papa di transizione, quello che non avrebbe interferito nelle politiche per tutto il periodo necessario alla ricerca di una mediazione tra i conflitti in corso e che grazie all’età si sarebbe tolto di mezzo in breve tempo da solo. Insomma si dissero:” mettiamo uno che non disturba, non capisce niente e che muore subito e intanto ci accordiamo”. Quando quell’uomo così umile e caritatevole venne presentato alle folle giubilanti, molti sperarono finalmente nel cambiamento. In effetti provò a riformare la Chiesa ma da una parte si fidò di gente inaffidabile e dall’altra fu duro nei confronti degli altri ordini religiose favorendo la sua congregazione eremitica, i Celestiniani. Probabilmente quando si rese conto della sua incapacità nell’amministrare le cose temporali e del fallimento dei suoi propositi riformisti, abdicò dimostrando, poi, di non essere quel pastore angelico tanto atteso. Dante se la prese a male reputandolo un vigliacco, Petrarca affermò che fu la moralità di Celestino a prevalere, il popolo la prese bene e lo considerò un santo.
I tempi passano ma… sembra che le cose non mutano e i corsi e ricorsi storici si alternano nella storia e così otto pontefici hanno rinunciato al Sacro Soglio da Clemente I fino a Gregorio XII che al pari di Ratzinger fu nominato Pontefice Emerito di Roma.
Ed eccoci a Ratzinger. Ce lo diciamo? Non è che fu poi così amato dalle folle: nella memoria popolare è ricordato più Papa Luciani con il suo mese scarso di pontificato che il nostro germanico Papa Emerito. Giovanni Paolo II Wojtyła si avvaleva di lui come scrittore dei suoi discorsi. Per meglio dire, tutte le cose serie e importanti se le scriveva da solo, quando c’era di mezzo il lavoro di routine lo tirava fuori dall’armadio, lo accendeva e Ratzinger, da buon tedesco, si metteva all’opera. Di lui si è detto che è un intellettuale della Chiesa, un uomo di pensiero, una mente filosofica. Non so se lo sia veramente, ma i miei capelli grigi mi insegnano che quando, nella politica o nelle cariche importanti, ci si toglie di torno qualcuno, si dice sempre a posteriori che è stato un grande uomo, un pensatore, un sommo filosofo e se ne tessono gli elogi. Una cosa è certa: a differenza di Celestino V (ci mettiamo anche Albino Luciani?) il nostro teutone Papa Emerito è ancora vivo il che è pur sempre una bella cosa.
Il suo papato è stato travagliato da problemi interni alla Santa Sede di non trascurabile entità, dalla pedofilia allo scandalo legato a Vaticanleaks che portò all’imprigionamento e al licenziamento del suo maggiordomo Paolo GABRIELE che, pare, avesse passato informazioni riservate al giornalista Gianluigi Nuzzi.
Delle sue dimissioni s’è detto di tutto ma il motivo prevalente è stato quello classico: la salute. Padre Stephan Horn, suo assistente all’Università di Ratisbona, amico e allievo disse: ”Il dottore gli aveva detto che non avrebbe potuto viaggiare in Brasile, per partecipare alla Giornata della Gioventù. Quindi ha deciso di dimettersi prima”, Oddio tutto può essere ma, insomma, mal si attaglia ad un Papa. Padre Federico Lombardi riferendosi alla grande responsabilità insita nell’esercizio del ministero del Vescovo di Roma e i tanti impegni, pubblici e privati che Papa Ratzinger avrebbe dovuto garantire afferma che erano incompatibili con la perdita delle forze dovute all’età e che quindi questo sia stato il vero motivo della rinuncia. Mi sovviene Giovanni Paolo II che resistette sino all’estrema conseguenza nella sua opera. Ve lo dico chiaramente: non credo alla malattia.
Monsignor Georg Gänswein si affrettò a smentire categoricamente che il motivo della rinuncia di Papa Benedetto fosse dovuto alla fuga di documenti riservati da parte del maggiordomo o al peso della crisi causata dagli abusi sessuali che tanto hanno fatto e fanno parlare. Parafrasando Jerome Klapka Jerome abbiamo avuto “tre papi in barca per non parlar di Luciani”.. Insomma dopo un maggiordomo chiacchierone, scandali su scandali legati alla pedofilia, un papa si dimette per presunti motivi di salute e scompare relegato in un convento. Secondo Nuzzi l’emersione degli scandali legati agli abusi rappresenterebbe un po’ l’11 settembre della Chiesa cattolica. E questo potrebbe essere la motivazione delle dimissioni. Benedetto XVI avrebbe ritenuto di non poter contrapporsi a ciò che stava accadendo e che si sarebbe riverberato nel corso degli anni successivi. Fatemi dire una cosa a rischio di ripetere ciò che Dante scrisse di Celestino V: ritengo che “dalla croce non si scende” come disse Giovanni Paolo II al più, se il peso è intollerabile si può invocare l’Altissimo affinché ci sorregga. Non ci si può dimettere da papa o dal genere umano, oppure da genitori o figli. Se Iddio ci ha assegnato un ruolo quello diventa la nostra pelle.
Non so cosa stia accadendo dietro le mura leonine ma da alcune posizioni assunte da Papa Francesco pare che Santa Madre Chiesa sia commissariata e stabilmente piantonata dalla Compagnia di Gesù, quei gesuiti che potrebbero aver cambiato il loro motto da “Ad maiorem Dei gloriam” in “Hic manebimus optime”. Un saluto da un metro e mezzo..