Inchiesta “Acqua Fresca”. Gli atti. Frequente falsificazione di atti e documenti: mine per la genuinità delle prove
Nell’inchiesta che ha turbato gli animi di Celano e della Marsica intera, denominata “Acqua fresca“, sono diverse le esigenze che hanno reso necessarie le varie misure cautelari richieste dai Pm. Innanzitutto, a giustificare le misure prese, c’è il rischio di inquinamento delle prove, seguito dal rischio di commettere ulteriori reati della stessa specie.
Andando per ordine, e quindi per il rischio di inquinamento delle prove, i Pm ritengono necessaria l’applicazione di misure cautelari in quanto, secondo ciò che è emerso dalle indagini, nell’Amministrazione di Celano è oltremodo frequente il ricorso alla falsificazione degli atti, specie delle delibere di Giunta, che può avvenire in due modi:
- Creando delibere da inserire alla data dell’ultima riunione di Giunta; in tal modo gli indagati possono creare delibere utili alla loro attività illecita, senza che il relativo argomento non sia stato mai neanche trattato nel corso della riunione di Giunta.
- Oppure lasciando delibere di Giunta “appese” per mesi, o addirittura per anni, il cui contenuto sostanziale viene deciso a posteriori, al fine di giustificare provvedimenti dei vari uffici in maniera retroattiva.
Quest’ultima pratica, viene spiegata nel dettaglio da Erica Cerasani, dipendente comunale, facendo riferimento a quelli che essa stessa chiama “magheggi”:
“quindi io di solito, finché non c’è quella successiva, (la Giunta), aspetto perché se domani vieni tu con una urgenza e la Giunta non ci sta e non la puoi fare manco risultare perché… chi non sta a Celano…(cioè non si può far risultare una Giunta se gli assessori non si trovano a Celano) e quindi capirebbero che è…”
Pratica molto diffusa è quella di “infilare” delibere in occasione dell’ultima Giunta dell’anno. Un esempio è stato quello della delibera relativa al premio “Vittoriano Esposito”, creata appunto a febbraio, al fine di imputare la spesa al precedente anno contabile. Complice l’assenza di un numero progressivo di delibere successive, questa pratica potrebbe spiegare il proliferare di delibere imputate all’ultima Giunta dell’anno, ma pubblicate mesi dopo.
Un altro modus operandi frequentemente utilizzato è quello di creare delle bozze, cui viene assegnato un numero di protocollo progressivo. Tale delibera viene poi lasciata così per un periodo di tempo indefinito. Questa pratica è stata confermata, da ciò che emerge dall’ordinanza del Gip, dal Segretario comunale Attili e viene identificata con il termine delibere “fuori sacco”. Secondo quanto asserito da Attili, si possono modificare le delibere anche successivamente, e pur restando detta delibera memorizzata nel sistema, “all’esterno non è visibile“. In realtà la modifica dei testi è tutt’altro che finalizzata a “correggere piccoli errori non sostanziali“, anzi le delibere che restano “fuori sacco”, spesso vengono modificate sostanzialmente, se non addirittura completamente riscritte.
A conferma delle esigenze cautelari ci sono delle conversazioni rivelatrici del fatto che gli indagati abbiano nascosto atti e documenti o comunque modificato il quadro probatorio, in seguito alle acquisizioni dei Carabinieri del 13,14 e 21 giugno 2018. Per esempio, la mattina del 13 giugno 2018, quando i Carabinieri stavano eseguendo l’ordine di esibizione, nell’ufficio di Daniela di Censo, ad essa viene consigliato da Armando Raglione (informatico del comune) di non consegnare alcuni atti, in quanto sprovvisto di firma dei responsabili. Consiglia inoltre di impaginare e firmare quelli da consegnare, in modo da non farne risaltare la mancanza. Peraltro riferisce di aver “tergiversato” con i Carabinieri, asserendo che la mancanza di alcune firme fosse dovuta alla recente introduzione della firma digitale, beccandosi invece il richiamo di Aratari per aver detto “una marea di cazzate”.
Il giorno 22 giugno, a seguito di un’ulteriore acquisizione da parte dei Carabinieri avvenuta il giorno prima, il Sindaco Settimio si reca da Piccone, e si lamenta di Aratari, che si era mostrato collaborativo con gli inquirenti. Piccone si preoccupa del fatto che alcuni dirigenti e dipendenti comunali per difendersi potevano metterli nei guai:
“Il problema non è quello che pensa Aratari… il problema è che questi si vanno a difendere… e rischiano di metterti in mezzo ai guai…”
Le ultime due testimonianze a che gli indagati potevano minare la genuinità delle prove si hanno sia riguardo i dipendenti della Cooperativa “I Risveglio”, che tutto svolgevano fuorché attività di front office; sia con riguardo ai file del progetto fraudolentemente modificato da Felli. Per risolvere la questione della Cooperativa, sono state predisposte delle scrivanie e delle targhette sulle porte degli uffici, mentre in base alle intercettazioni già nelle mani dei Carabinieri si evince come si trattasse di una somministrazione irregolare di lavoratori. Circa la questione del progetto, invece, in corso di acquisizione da parte dei Carabinieri Felli si precipita in Comune con il file del progetto modificato, e la Aveani cancella i file precedenti, consegnando i secondi. Ciò determinerà il sequestro del pc in uso della Aveani.
Tutte queste condotte, sono state prese in considerazione dagli inquirenti, come mine per la genuinità delle prove da acquisire. Sostanzialmente si teme che come abbiano modificato, falsificato documenti in precedenza, possano farlo anche ora. Ad esse si aggiungano quelle condotte dalle quali si presume la reiterazione dei reati, ma che analizzeremo in un’altra occasione.