La fabbrica di San Pietro: storia e leggende dell’ente Vaticano che ha sempre… da fare!
A Roma l’affermazione: “…è una fabbrica di San Pietro…” sta ad indicare quando una cosa iniziata non arriva mai a compimento. Vorrei proporvi non la storia “tout court” della Basilica per eccellenza ma quello che c’è dietro per mantenerla così come la vediamo: in altre parola quella della “Fabbrica di San Pietro”.
l’Istituzione è un ente creato per la gestione dell’insieme delle opere necessarie a gestire la Basilica vaticana. Tutto ebbe inizio quando papa Giulio II della Rovere diede il via ai lavori di ristrutturazione del sacro tempio affidandoli al Bramante. Dopo la sua morte la prosecuzione dei lavori fu affidata prima a Raffaello, poi a Baldassarre Peruzzi e infine ad Antonio da Sangallo il Giovane. Papa Paolo III, in seguito, affidò la direzione dei lavori a Michelangelo il quale, allo scopo di creare un edificio che fosse al tempo stesso solenne e armonioso, rimise mano alla progetto del Bramante (con la basilica a pianta centrale), e studiò nuove soluzioni come quella della creazione di una enorme cupola. Gli disse male perché non vide mai ultimati i lavori. Nel 1564, infatti, Michelangelo morì e non riuscì a vedere la basilica finita. Gli successero Giacomo della Porta e Domenico Fontana che portarono a termine la struttura della cupola completando la visione michelangiolesca..
Già nel 1523 papa Clemente VII aveva nominato una commissione di sessanta periti con il compito di curare la costruzione e l’amministrazione della Basilica. Ma qualche problemino si presentò da subito e Sisto V (lo ricordate in un mio articolo precedente?), nel 1589 la sottomise alla giurisdizione del Cardinale Arciprete della Basilica. Poco meno di dieci anni dopo fu sostituita con la Congregazione della Reverenda Fabbrica di San Pietro la quale aveva le stesse competenze ma un nuovo nome, un po’ come si fa ai nostri tempi con gli enti più o meno inutili. In realtà ci finirono dentro molti porporati e divenne talmente grande e potente da giudicare, in ogni dove e in ogni provincia, cause di qualsiasi tipo e importanza. A Pio IX la cosa non andava a genio e la ridimensionò imponendogli che s’occupasse solo della Basilica in continua costruzione, perché di lavoro da fare ce n’era ancora molto ed era più opportuno occuparsi solo di quello. Voglio proporvi una curiosità.
Durante gli anni della edificazione della Basilica c’era un grande andirivieni di marmi, merci varie e materiale edile che passavano attraverso la cinta muraria dell’Urbe e ad ogni passaggio dovevano pagare il relativo balzello. Questo poneva un problema: poteva mai essere tassato quel materiale frutto dei ricavi del traffico delle indulgenze? Ma anche no e così si decise di apporre una sigla sui materiali per indicare che erano, come si dice oggi “Tax free”. La dicitura era A.U.FA. acronimo di “ad usum Fabricae“, cioè “destinato alla Fabbrica“. La parola entrò nell’uso dialettico dei soliti romani irridenti diventando “a uffa”oppure “a ufo”, sinonimo di “a scrocco”, oppure “sulle spalle degli altri”. Tanto per un cenno storico, la “vendita delle indulgenze” era una cosettina inventata da papa Leone X che, per pagare la costruzione della basilica di San Pietro a Roma, decise di vendere lotti di paradiso per tutta la Germania dietro un corrispettivo monetario. L’ indulgenza, infatti consiste nel perdono dei peccati: chi la riceveva era sicuro, dopo la morte, di andare in paradiso. La cosa non è poi così campata in aria: stando a Matteo, Gesù disse ai suoi discepoli: ”tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo” e siccome il Papa è l’erede dell’apostolo Pietro e vicario di Cristo sulla Terra può promettere le indulgenze sicuro che la cosa è accettata in Cielo: se ne faceva garante proprio il Redentore.
Tornando all’Ente pontificio, questi non gestisce solo le opere d’arte all’interno del Vaticano ma è suo compito la custodia dell’archivio: cento armadi pieni di carte, contratti, ricevute, richieste, testimonianze. Se li poniamo uno di fianco all’altro, occupano uno spazio lungo circa 2 km. . La sua attuale collocazione è stata inaugurata nel 1984 da papa Giovanni Paolo II. Dal Cinquecento ai giorni nostri, è ruzzolato da una parte all’altra dell’Urbe tante di quelle volte da fargli venire il mal di testa: è stato nella vecchia Sagrestia, poi dentro la Basilica, poi fuori dal Vaticano, per salvarlo dai saccheggi napoleonici. Alla fine di nuovo all’interno di San Pietro dove è oggi. Riguardo al lavoro di mantenimento della Basilica Vaticana , Il Cardinale Angelo Comastri, presidente emerito dell’istituzione, in un articolo ebbe a dire:” Tutto è grandioso nella basilica di San Pietro. Qui ragioniamo in ettari: uno di mosaici, due di pavimentazioni, oltre tre di stucchi. Le mura perimetrali sono spesse ben 9 metri”.
Della manutenzione se ne occupano i Sanpietrini, maestranze che hanno strettamente legato la loro vita alla Basilica. Pensate che, in passato, uno dei loro incarichi era quello di illuminare gli immensi spazi interni con le candele arrampicandosi per mezzo di funi in alto un po’ ovunque e andando su e giù per i costoloni esterni del “Cupolone”. In occasione dei festeggiamenti per San Pietro e Paolo, patroni della Capitale, la basilica era letteralmente ricoperta da migliaia di fiaccole e se ne incaricava proprio questa squadra di operai acrobati. Si calavano dall’alto con un ingegnoso sistema di corde e sistemavano dalla cima della cupola fino alla base della chiesa un gran numero di lumi che all’imbrunire facevano brillare San Pietro. Immaginate la suggestione data dal tremolio delle fiammelle… . Oggi il fascino di quella atmosfere possiamo solo immaginarlo. La tradizione terminò nel 1938 quando, in occasione della canonizzazione del santo polacco Andrea Bobola, uno di loro morì cadendo. A causa di questo incidente papa Pio XII stabilì che le luminarie si facessero solamente con lampade elettriche
I Sanpietrini, così come li conosciamo, nacquero agli inizi del Settecento, perché la Fabbrica doveva rispondere velocemente alle esigenze del luogo sacro. Il suo fondatore, o meglio il capostipite, si chiamava Nicola Zabaglia (al quale Roma ha dedicato una via). Questo signore iniziò a lavorare come muratore ma in breve tempo, grazie alla sua ingegnosità e bravura nel progettare e realizzare soluzioni anche meccaniche, riuscì ad ottenere una sorta di ufficio nella soffitta della navata centrale della basilica. Da lì poteva sovrintendere ai lavori di manutenzione con una trentina di manovali alle sue dipendenze. Convinse a tal punto gli operai della importanza e missione del loro lavoro che nel 1757, chiesero una divisa che li differenziasse dai pellegrini e li facesse riconoscere come preposti alla cura della basilica. Da allora le maestranze al servizio della Fabbrica di San Pietro, presero il nome di “sanpietrini”. Un piccolo inciso: con lo stesso termine (sanpietrini), a Roma, sono indicati i cubetti di porfido che pavimentano le strade del centro storico e che mutuarono il loro nome da quelli che rivestono il suolo della celebre piazza.
Cosa ne è oggi della Fabbrica di San Pietro? Con la riforma del 1908 di Pio X la Congregazione fu costretta ad occuparsi esclusivamente dell’amministrazione della Fabbrica , successivamente nel 1967, in seguito alla riforma generale della Curia Romana attuata da papa Paolo VI, la Congregazione cessò di esistere come tale e fu annoverata tra le Amministrazioni Palatine. Papa Giovanni Paolo II stabilì che “la Fabbrica di San Pietro secondo le proprie leggi continuerà ad occuparsi di tutto quanto riguarda la Basilica del Principe degli Apostoli sia per la conservazione e il decoro dell’edificio sia per la disciplina interna dei custodi e dei pellegrini che accedono per visitare il tempio”.
Nel 2020 è stata commissariata e siccome la storia ripropone ciclicamente le stesse cose, così come fece Sisto V, Papa Francesco ci ha rimesso mano. Una nota della Santa Sede si esprime a riguardo in questi termini: “A seguito della recente promulgazione del Motu Proprio ‘Sulla trasparenza, controllo e concorrenza nelle procedure di aggiudicazione dei contratti pubblici della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano’ il Santo Padre, ha nominato ieri ‘Commissario straordinario per la Fabbrica di San Pietro’ il nunzio apostolico mons. Mario Giordana, affidandogli l’incarico di aggiornare gli Statuti, fare chiarezza sull’amministrazione e riorganizzare gli uffici amministrativo e tecnico della Fabbrica. In questo delicato compito il Commissario sarà coadiuvato da una commissione“. Nello scorso marzo mons. Mario Giordana ha terminato il suo compito, rivisitato lo statuto dell’ente e riconsegnato il tutto.
“Sic Transit gloria mundi” diceva il cerimoniere al papa neoeletto e così, pare, la storia abbia detto a cotanta antica istituzione. Un saluto da un metro e mezzo.