La ferrovia della discordia e la gestione del territorio…
AVEZZANO – Nel Recovery Plan, come reso noto da pochi giorni, è stato inserito il progetto della nuova ferrovia Roma-Avezzano-Pescara. L’Aquila, Comune e popolazione, si sono dichiarati contrari e intendono bloccare e variare il progetto in Roma-L’Aquila-Pescara, escludendo Avezzano e la Marsica da un suo ruolo storico di collegamento fra le due coste. Tra l’altro, la proposta aquilana, oltre che escludere Avezzano, la Marsica ed anche Sulmona e la Valle Peligna dal nuovo collegamento fra le coste, propone un progetto che serve solo a tagliare ulteriormente, l’Abruzzo interno, fuori da qualsiasi ipotesi di potenziamento e nuovo sviluppo, oltre che accentrare sul Capoluogo ogni attività, visto che l’Aquila mira a collegarsi comunque trasversalmente anche alla linea Civitavecchia-Ancona.
La questione, al di là del campanilismo aquilano, è in realtà di gestione del territorio e delle sue possibilità di sviluppo!
Viene così a concretizzarsi una nuova espropriazione garantita solo dalla gestione del potere, che si fonda su una visione feudale a senso unico nella quale, il feudatario (L’Aquila) presuppone per il vassallo (resto del territorio come Marsica e Valle Peligna) solo sottomissione, obbedienza e spoliazione, ripetute grazie alla storica divisione del territorio, anche di fronte ad interessi evidentemente comuni.
Ma anche i rapporti feudali erano improntati ad un discorso di collaborazione che, negli affari fra L’Aquila e territorio, specie se marsicano o peligno, è sembrato essere benevolo solo se il Capoluogo mirava ad un traguardo diverso, in genere, maggiore!
Mentre L’Aquila, Comune e popolazione, si unisce dietro al suo rappresentante storico, la senatrice del PD Pezzopane, la Marsica si prepara a dare battaglia attraverso il recente istituto del “parlamentino dei sindaci del territorio” che viene ampliato anche a quelli dell’area Peligna, parimenti minacciata.
La linea ferroviaria veloce Roma – Avezzano – Sulmona- Pescara sarà una delle più grandi opere mai realizzate in Abruzzo, con un costo di realizzazione che supererà i 6 miliardi di euro, ovvero sarà di circa 40 milioni di euro per chilometro di tracciato, ed è un progetto che ormai ha raggiunto lo stadio di inserimento nel Recovery Plan, come già detto in premessa, grazie all’approvazione della Giunta Regionale dell’Abruzzo del Documento di prefattibilità tecnico – economico preliminare alla progettazione, redatto da Rete Ferroviaria Italiana (RFI), dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, dalla Regione Lazio e dalla Regione Abruzzo.
L’idea di un ulteriore progetto atto alla creazione di una linea ferroviaria veloce parallela che va da Roma a Pescara, passando per L’Aquila, andando così a mettere in dubbio il progetto preesistente, così ulteriormente emarginando le aree interne della provincia, di fatto rappresenta la riproposizione di un copione già datato.
Infatti, non avrebbe alcun senso replicare un tracciato il cui scopo sia collegare le due differenti dorsali. Mentre il collegamento da Civitavecchia ad Ancona trova senso pieno nel fatto della connessione diretta di due porti rilevanti, connettere Roma a Pescara, passando per l’Aquila, aumenta il percorso, senza alcuna ottimizzazione di collegamento e sarebbe ripetere l’errore commesso con il collegamento alla costa con due aste autostradali che distano fra loro, alla fine, solo 30 km e una delle due aste, quella L’Aquila-Teramo ha una frequentazione bassissima.
Quindi la cosa da fare è notificare al Governo la assoluta illogicità della proposta aquilana che risponde solo a criteri di accentramento, purtroppo, feudale, antico nel quale i bisogni di uno sono preposti a quelli di molti.
Questa strada andrebbe suggerita subito ai sindaci del parlamentino perché si attivino davvero subito.
D’altra parte che L’Aquila veda la sua preminenza da capoluogo regionale solo in funzione di sé stessa, è attestato da milioni di fatti succedutisi negli anni e, l’ultimo, se si vuole, è stata quella di nominare la nuova CCIAA di L’Aquila-Teramo come “CCIAA del Gran Sasso” evitando così di nominare le zone interne e legando la sua funzione, almeno in senso nominalistico, al suo solo territorio…
E’ necessario, mai come ora, che la politica marsicana, rovetana, della piana del cavaliere e peligna si organizzi senza pregiudizi ideologici per agire a difesa dell’opera che, in realtà, rappresenta per il territorio un’occasione irripetibile di crescita e di sviluppo.
Solo una mobilitazione generale può costringere i sindaci ad avviare una reale opera di difesa contro questo nuovo tentativo di spoliazione.