La pioggia non ferma la tradizione: accese le “Glorie” a Scanno, il rito propiziatorio per l’inizio dell’inverno noto come “capetiempe”

SCANNO – Frasche, rami, tronchi.

Tutto raccolto e accatastato a colpi di accette e motoseghe, e issato a forza di funi e mani nude, con tecniche che si tramandano di generazione in generazione, fino a erigere ogni anno tre cataste dritte, squadrate, alte dai 12 ai 18 metri.

Sono le “Glorie” di Scanno (L’Aquila) che i contradaioli cominciano a innalzare a fine settembre ogni anno per poi, il 10 novembre alle 18.30, accenderle in contemporanea, nelle tre contrade, sulle alture che circondano il centro abitato a 1000 metri di altitudine, poco distante dal lago.

“Arte e fatica insieme in nome dell’identità scannese, per una tradizione che scansa religione e regole”, racconta un giovane contradaiolo. Non si risparmiano uomini, ragazzini, qualche donna del posto per portare avanti questa tradizione, benché la vita in montagna già costi loro l’assidua fatica di accatastare legna da ardere per riscaldarsi in casa.

Un rituale senza cerimonie e senza fronzoli, fuori dagli schemi, dove l’orgoglio, la competizione e il senso di appartenenza fanno da traino. Ma la gara tra contrade finisce sempre con un trionfo generale, senza acclarati vincitori né vinti, purché l’accensione delle enormi pire si faccia, con qualsiasi condizione atmosferica.

Come questa sera, in cui le accensioni sono andate a buon fine, quasi in perfetta sincronia, nonostante la pioggia battente.

Lo descrivono come un rito propiziatorio per l’inizio dell’inverno, noto come “capetiempe” in vernacolo abruzzese, la fine dell’anno agricolo, ma anche come rito iniziatico all’adolescenza per i bambini che, tingendosi il viso di cenere, accompagnano i padri nei boschi a fare la legna per le Glorie.