La storia di Avezzano, capitale della Marsica: città delle due Madonne, risorta dal Terremoto del ’15 e dalle bombe Alleate della II Guerra Mondiale

Avezzano vista dal Monte Salviano (Foto di Rudy Massaro)

Avezzano è assieme alla Marsica un luogo ricco di interesse e non tutti lo sanno, mi riferisco a coloro che della città non sono, ma che volentieri verrebbero a sbirciare questi luoghi, a godere di un po’ di natura ed astrarsi, magari, dalla grande città.

Cominciamo con una leggenda avezzanese: quella della misteriosa foresta incantata.

LA FORESTA INCANTATA

Si narra che un metalmeccanico della Fiat, visitando Avezzano, si imbatté in una piazza alberata. Non avvezzo al verde trasse dalla tasca dei bulloni e li piantò in terra. Miracolosamente questi germogliarono trasformando il posto in quella foresta di alberi di ferro che ora arrugginiscono in piazza del Mercato.

Si racconta che nelle notti di luna i lupi marsicani si aggirino in branco tra quegli alberi alla ricerca di prede.

Gli animali raggiunto il posto e constatato che gli alberi sono di ferro e che, pertanto, sono privi di una qualche utilità se ne vanno disgustati, esclamando: ”freèchete!” che nell’antico idioma dei lupi significa: “me ne vado disgustato e meravigliato da questa cosa inutile “.

Intervistato, un lupo, si è così espresso nella sua lingua animalesca riguardo la piazza: “sarebbe bello andare lì quando piove per non bagnarci il pelo ma quel posto fa acqua da tutte le parti! Noi siamo lupi marsicani mica lupi di mare…”

Naturalmente scherzo ma quella cosa è brutta assai. Quando si sbaglia si sbaglia ed è umano, così come è giusto, però, riparare al danno fatto, magari abbattendo quella roba di ferro e ruggine lasciando la piazza, una volta sgombrata, ai cittadini.

LA VERGINE DEL SILENZIO

Il vescovo Pietro Santoro, il 13 maggio 2020, ha eretto la chiesa di San Francesco di Avezzano a santuario diocesano al titolo di “Madonna del Silenzio”. L’alto prelato ha spiegato che l’intenzione è stata quella di voler rispondere alla richiesta di Papa Francesco di trovare un luogo sacro per poterne osservare il culto.

A questo proposito Mons. Santoro ha fatto collocare nella chiesa una Icona della Madonna del Silenzio. Ed ecco che Avezzano è arricchito di un santuario dietro la diretta richiesta del Santo Padre.

Perchè il Santuario?

Ecco, in breve la, storia della vicenda che lasciamo alla narrazione di padre Emiliano Antenucci in un articolo di Famiglia cristiana:

È stato proprio lui a chiedere che le fosse dedicato un santuario. Il che è avvenuto attraverso alcune tappe fondamentali: 18 maggio 2015, papa Francesco benedice la copia in suo possesso con questa intenzione: «La Vergine Maria interceda presso il Signore, perché tutti quelli che entrano nel Palazzo Apostolico possano sempre avere le parole giuste». 24 marzo 2019 (vigilia dell’Annunciazione e della sua visita al Santuario di Loreto) papa Francesco scrive una lettera di suo pugno al ministro provinciale dei Cappuccini d’Abruzzo, padre Nicola Galasso, con questa richiesta: «Sarebbe bello trovare un posto, una chiesa, dove si possa dare culto pubblico alla Madonna del Silenzio. Pensi lei, per favore e mi faccia la proposta».

Il 13 Maggio 2020 monsignor Pietro Santoro, vescovo di Avezzano, firma il decreto per il nuovo Santuario della Madonna del Silenzio che viene aperto quel giorno stesso. Il 1 Novembre 2020 viene approvata dalla Congregazione del Culto Divino e per la Disciplina dei Sacramenti la messa votiva con il titolo “Vergine del silenzio”.Possiamo dire che insieme alla Madonna che scioglie i nodi papa Francesco è molto devoto alla Vergine del Silenzio.

LA MADONNA E L’ACQUA

Non è che stia scrivendo un articolo di stampo ecclesiastico ma tra le cose avezzanesi c’è questa che la riguarda e io ve la racconto:

Alla periferia di Avezzano a Borgo Incile, si trova un’opera idraulica romana soprannominata “I cunicoli dei Claudio”. L’imperatore Claudio, infatti diede l’ordine della sua realizzazione  per prosciugare il lago del Fucino. I lavori furono, poi terminati qualche “annetto” dopo, nella seconda metà dell’Ottocento, per volontà del principe Alessandro Torlonia.

Quell’acqua da allora alimenta l’Incile del Fucino. Si tratta di una splendida opera idraulica dell’Architetto Carlo Nicola Carnevali. Una curiosità: la struttura è sovrastata da una statua alta sette metri che raffigura la Beata Vergine Maria, meglio conosciuta come “Madonna dell’Incile: è la copia di quella crollata nel terremoto della Marsica del 1915

LE MADONNE DI SAN BARTOLOMEO

Con il Santuario della Madonna del Silenzio da una parte e quello della Madonna di Pietraquaria dall’altra, San Bartolomeo se ne sta in mezzo con la sua pelle in mano senza sapere più cosa fare.

In effetti di santi festeggiamenti Avezzano è piena e si rischia di far confusione.

Il 21 di Agosto c’è San Bartolomeo, quando poco prima, sempre lo stesso mese s’era festeggiata la Madonna del Silenzio.

Il 27 Aprile, c’era già stata quella della Madonna di Pietraquaria, ma siccome di feste ne ha due, il 16 settembre si festeggia anche l’Incoronazione della sua immagine.

Avezzano sta diventando un potpourrì di feste sacre. Manca all’appello una bella festa del “Madonnone” dell’Incile ma vedrete che prima o poi ci sarà.

LA CASA ANTISISMICA

A proposito di terremoto, quello della Marsica fu il secondo sisma più grave in Italia. Trentamila le vittime di cui quasi undicimila ad Avezzano. La sua forza devastatrice arrivò all’undicesimo grado della scala Mercalli. L’energia liberata pari se non superiore al VII grado di quella Richter.

Ebbene tutto crollò tranne una casa che è diventata monumento nazionale il 25 agosto 1992. La costruì Cesare Palazzi.

Era un costruttore bolognese che emigrò in Brasile, a San Paolo, dove stavano edificando i primi grattacieli. La sua qualifica, era di “cementista armato“. L’ingegnere, richiamato in patria, partecipò alla costruzione delle paratie a tenuta stagna dei canali efferenti dal prosciugato lago del Fucino. Così il Nostro si trasferì ad Avezzano e nel 1910 diede mano a quella casa leggendaria che si affaccia sulla strada che porta il nome di via Garibaldi.

La villa è talmente nota che esperti da tutto il mondo l’hanno visitata: Giappone, America, Germania e Brasile. Tutti hanno studiato quell’edificio che ha resistito a una scossa sismica tanto forte.

La sua particolarità

La casa di due piani per una superficie di quasi 160 metri quadri ha una forma a “elle”. La struttura portante e i cordoli sono in cemento armato. L’ingegnere la costruì con blocchetti in cemento, legati dallo stesso materiale e non dalla calce. Le fondamenta, a differenza delle altre case dell’epoca, realizzate con la tecnica del plinto rovesciato. Il tetto che funge anche da terrazzo è formato da putrelle collegate a cordoli in cemento armato. All’interno della casa una realizzazione che ha dato da pensare ai tanti ingegneri che l’hanno visitata: una scala elicoidale che si estende dalla cantina fino all’ultimo piano.

Secondo gli studiosi è il pilastro che ha assorbito le onde sismiche di quel maledetto terremoto. Palazzi usò per la sua messa in opera  la stessa tecnica con cui si costruiscono i grattacieli: prima la parte molto rigida di cemento armato e poi i solai poggiati sul perno centrale. Pensate che Franco Iacobelli, docente universitario alla Sapienza di Roma, ne ha studiato i principi per mettere a punto le più recenti normative antisismiche italiane.

Oggi sulla parete dell’abitazione c’è una piccola targa in marmo con l’iscrizione: “Unica casa che ha resistito al terremoto del 13 gennaio 1915”.

L’ORSO MARSICANO

Gli americani hanno Yogi con l’orsetto Bu Bu. Entrambi vivono in uno di quei parchi americani dove la gente va a fare i pic-nic e dove la forestale d’oltroceano (i ranger) sorvegliano con tanto amore visitatori e animali al punto da riuscire a parlare con gli orsi. Yogi è un grizzly, sapete quei terribili orsi americani che se li incontri sei spacciato. Pur essendo di tal razza è un buffoncello sempre a caccia di spuntini che elemosina dai campeggiatori. Diciamocelo è la vergogna della sua razza.

In Abruzzo c’è l’opposto: l’orso marsicano. È un animale serioso, quasi snob e non cerca elemosine. Se ha fame il cibo se lo raccoglie da solo. Qualche volta, con nonchalance scende in paese per arraffare qualcosa qua e la col rischio di buscarsi una schioppettata. Non ha nomi buffi, ci mancherebbe. Madre natura non lo ha dotato di tasche altrimenti lo vedremmo in posizione eretta, mani in tasca e uno stuzzicadenti all’angolo della bocca gironzolare per strada. Un giorno un tale, visto l’animale, per richiamarne l’attenzione lo chiamò Yogi. L’orso si fermò, quasi indispettito, voltando la testa di scatto, poi guardò il tizio e lo riempì di botte: noblesse oblige.

Flemmatico come un vero “gentleman”

Il nostro flemmatico amico se la piglia comoda in tutto: Si riproduce ogni 4 anni e la femmina partorisce uno o al massimo due cuccioli. La gestazione dura poco: sei mesi, in compenso mamma orsa ci mette tre anni per svezzare i suoi cuccioli.

Da signore quale è non fa branco, troppo volgare perché è tendenzialmente un solitario e mai populista: insomma se ne sta sulle sue. Di cacciare non se ne parla perché preferisce mangiare radici e tuberi, frutta fresca e secca. Se gli capita qualche animaletto che non lo fa faticare molto forse si scomoda a catturarlo. In inverno dorme: è in letargo e santi benedetti… . Il suo non è proprio un letargo. Ogni tanto si sveglia e se la giornata è buona, fa un giretto. Se tutto è a posto torna a riposare.

L’ orso marsicano non entra mai in contatto col lupo appenninico e se capita sia lui che l’altro si evitano. il Nostro non lo prende nemmeno in considerazione. Insomma campando una ventina d’anni solamente l’amico ama rendersi la vita semplice. Pure il suo verso ha un nome strano: non si chiama ruggito ma “ruglio”. Quando l’orso marsicano ruglia è meglio allontanarsi di gran carriera.

IL CALCIO

Come da abitudine italica, si inizia con un argomento e si finisce al calcio. Interessati? Eccovi serviti. Vediamo qualcosa sulla squadra di Avezzano che vide nei suoi ranghi giocatori mica da ridere come Fulvio Bernardini, Aldo Fraschetti, Carlo Nesi e Silvio Piola.

L’origine storica della squadra risale alla fine dell’Ottocento. Al completamento dello zuccherificio ecco che i romani entrarono in ballo e l’Unione Sportiva Marsicana e l’Audace Roma disputarono una amichevole. Da allora l’amicizia tra Marsica e Urbe s’è sempre più consolidata.

La prima società calcistica di Avezzano nasce Nel 1919 con il nome di Forza e Coraggio Avezzano F.G.. Diventerà col tempo S.S. Marsica e quindi S.S. Avezzano. Con gli anni ’70 arrivano i napoletani e con una operazione denominata “Vesuvio” (roba da Nocs ), la S.S. Avezzano si fonde con la A.C. Avezzana e nasce la Avezzano F.C.. 

I cambiamenti di nome

Siccome il nome, a quanto pare, non piaceva, approdati a fine anni ’70 in serie “C” eccoli mutarlo in Avezzano Calcio. Gli anni Novanta vedono la squadra in sei campionati di serie “C2” ed uno di “Cl”. Successivamente la radiazione dalla F.I.G.C. . Altra trasformazione e divennero la Nuova Aveuano Calcia e poi ancora Avezzano Pescina  che, nel 2009 finì di nuovo radiata per inadempienza economica. Infine un po’ di luce. Diventa (nuovo nome) Avezzano Foce Nuova e con l’era del presidente Paris arriva nuovamente in serie “D”.

Non tutti sanno che il destino della squadra, quello di essere, cioè, travagliato era nell’ordine delle cose. Nel settembre del 1920 fu smantellato il campo di concentramento di Borgo Pineta  e il municipio di Avezzano ebbe gratuitamente gran parte di quei terreni  e degli edifici.

In quel luogo di dolore sorse il primo stadio dei Pini diventato il campo da gioco ufficiale della S.S. Marsica che si fuse, poi, nell’Avezzanese. Pessimi auspici e quando le cose iniziano così solo il Cielo ne conosce la fine.

Ma noi siamo speranzosi di fulgidi destini, d’altronde la mia squadra del Cuore, la Roma, condivide un animale nello stemma con la squadra di Avezzano: il lupo. Oddio quello degli Avezzanesi è un fiero lupo marsicano che digrigna i denti con ferocia, la lupa romana allatta due bimbetti, ha origini travagliate e forse riporta alla memoria qualcosa non propriamente nobile della storia romana.

Comunque Avezzanesi e Romani sono lupacchiotti e a me, sinceramente piace l’idea… . Un saluto da un metro e mezzo di distanza.

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