“Le Storie dello Storico”. Storia de Tajacózzo e della stella di Davide
TAGLIACOZZO- “Non ho mai visto nulla di più maestoso dell’ingresso a Tagliacozzo: è un burrone a precipizio, che in apparenza sembrerebbe fatto ad arte; infatti alcuni lo cosideravano in parte costruito dai romani per il transito della via Valeria”. Queste parole sono state scritte dal celebre pittore ed incisore inglese Edward Lear e ci aiuteranno, in qualche modo, nella descrizione della terza tappa lungo l’antica via Valeria.
L’argomento che oggi vi proporremo sarà davvero particolare, sperando ardentemente che vi solletichi anche l’innata curiosità umana: vi parleremo si di Tagliacozzo, ma della Tagliacozzo ebraica. E’ una storia poco conosciuta che in se raggruppa due punti: il primo è l’importanza di tale centro marsicano, vicinissimo a Roma, ed il secondo è l’innata intolleranza umana che li vide protagonisti nel XVI secolo.
Nel periodo in cui è ambientata questa storia va detto che l’importanza politica di Tagliacozzo, governata prima dagli Orsini ed in seguito dai Colonna, stava man mano cedendo il passo ad una nuova entità cittadina e politica molto vicina, sto parlando di Avezzano. Nonostante ciò la presenza ebraica nella comunità di Tagliacozzo era assai fiorente ed importante e vide sorgere anche delle personalità di spicco. Tra di loro ricordiamo tale Mele di Leuzio, un esattore delle tasse del sale, attivo nel XV secolo e che operava tra la contea di Alba e quella di Tagliacozzo. Al messere Di Leuzio gli venne concesso, dalla Camera Apostolica di Roma, un’importante documento che consisteva in un salvacondotto (valido dal 30 dicembre 1463 al maggio del 1464) che lo “salvava” da eventuali offese e violenze nei domini papali. Ovviamente, tale riconoscenza, gli venne accreditata in seguito ad un acquisto, molto esoso, di una certa quantità di sale proveniente dalle saline della Camera Apostolica.
Altro esempio che vi possiamo fare, e ce ne sono davvero tanti, è quello di una compravendita di una partita di lana pregiata tra Leone e Iacobo Chirichy di Ascoli e Giovanni di Nardo de Venerotta l’11 settembre del 1465 entrambi di religione ebraica. Inoltre, nel 1482 lo stello Leone Chirichy aveva inviato ad un membro della comunità ebraica di Aquila alcuni beni che vennero prima sequestrati dalle autorità comunali e poi dissequestrati.
Poi arrivò il 1510 che segnò un brutto periodo per le comunità ebraiche del Regno di Napoli: fu il periodo dell’espulsione dal regno. Un decreto che coinvolse anche gli ebrei che si erano convertiti alla religione cattolica. Un decreto che negli anni, ad eccezione della “breve tregua” tra il 1740 ed il 1747 sotto Carlo III di Borbone, non venne mai revocato. Che cosa successe alla comunità ebraica di Tagliacozzo? Anche a loro, ma nel 1515, toccò la stessa sorte riservata alle altre comunità ebraiche del Regno. Siccome erano davvero vicini allo Stato della Chiesa e soprattutto a Roma, la counità si trasferì proprio nella città eterna. Ma in tutto ciò successe qualcosa di incredibile: gli ebrei Marsicani, sentendosi profondamente attaccati alla loro terra, mutarono il cognome in “Tagliacozzo”, e tutt’ora ci sono ancora.
Ma il personale ed intimo rapporto tra Tagliacozzo e la sua comunità ebraica non si esaurì in quel 1515. Siamo nei giorni più orribili dell’occupazione nazista in Italia, quando un giovane sacerdote originario di Villavallenga, don Gaetano Tantalo, nella canonica della chiesa di San Pietro in Alto la Terra (Tagliacozzo) ospitò la famiglia ebrea Orvieto-Pacifici che scappava dalle orrende SS. Infine, nel 2015 alcuni discendenti di quella comunità sono tornati a Tagliacozzo, fu un momento davvero commuovente. E ci piace concludere questa tappa, del nostro viaggio lungo l’antica Via Valeria, con una frase del Talmud, che dice: “Basta che esista un solo giusto perché il mondo meriti di essere stato creato”.