LFoundry di Avezzano. Anno nuovo e vecchi problemi. Altro guasto e mille timori per la fabbrica

AVEZZANO – Alla LFoundry di Avezzano l’anno nuovo porta guasti e tante preoccupazioni, quasi esclusivamente di lavoratori e sindacati.

L’anno vecchio si era chiuso col guasto all’impianto di cogenerazione che ha prodotto un black-out dello stabilimento.

Quello nuovo, invece, ha visto un guasto all’area test, quella dove si fa il test finale del prodotto (chip buono o da scartare).

Dopo il black-out post natalizio, due giorni fa un principio di… allagamento

Si è rotto un tubo che trasporta acqua per raffreddare le macchine che sono nel reparto denominato “CVD”, distante 80-90 metri, ma, proprio per recuperare spazio, dette macchine erano state spostate al reparto test dove c’era qualche metro libero.

La rottura del tubo ha prodotto la caduta e la rottura di alcuni pannelli e la fuoriuscita dell’acqua che ha bagnato le macchine sottostanti che saranno inutilizzabili per qualche giorno.

I pannelli caduti o lesionati, ovviamente, sono stati rimossi per fare manutenzione. i proponiamo un breve video dell’accaduto.

La “pioggia” caduta nello stabilimento LFoundry di Avezzano

Insomma, come un film di De Sica degli anni ’50, stiamo alle bacinelle a terra per raccogliere la pioggia.

Ma la situazione appare davvero molto più seria.

Per evincerlo più chiaramente, quindi, basta leggere la nota diffusa dalla Rsu di stabilimento dopo i due guasti. Una nota intitolata, sarcasticamente, “È la somma che fa il totale!”.

Il comunicato diffuso dalla Rsu di stabilimento di Avezzano

Questa la nota integrale della Rsu LFoundry di Avezzano.

«Da sempre, osservando i fatti della vita, tendiamo ad analizzare un accadimento oppure l’operato di qualcuno pensando agli eventi importanti, ai fatti eclatanti. Questo modo di analizzare la realtà, però, è troppo approssimativo e non restituisce una rappresentazione piena, chiara ed obiettiva di quanto osservato.

Nel caso specifico della LFoundry cerchiamo di mettere in fila alcuni fatti, piccoli e grandi, e proviamo a tirare le somme delle decisioni prese dalla nuova proprietà (che nel 2018 la vecchia proprietà presentò, avendo venduto a suon di milioni, come i buoni che avrebbero fatto grossi investimenti, mantenuto tutti i dipendenti ecc. ecc.):

  • Eliminato lo sportello bancomat all’interno dell’azienda;
  • Eliminate le convenzioni per far avere le carte di credito gratuite ai dipendenti (10 Euro annui a carta);
  • Eliminata l’ADSL aziendale;
  • Natale senza medico di turno in infermeria;
  • Ridotte le ore di pulizia negli uffici e nei bagni;
  • Ridotta la disponibilità di tute e, soprattutto, cappucci (ma il covid?);
  • Mancato piano neve del 2020;
  • Le ferie forzate per motivi di bilancio;
  • Valutazioni fatte rispetto “al budget” imposto per ottenere un determinato margine piuttosto che ad un “benchmark”;
  • Rattoppato, non sostituito, il tappeto segna passo, ormai liso, all’ingresso dipendenti;
  • Infiltrazioni di acqua piovana in attesa di sistemazione ormai da un mese;
  • Il pranzo di Natale offerto ai presenti e neanche un caffè a tutti gli altri, come se nei restanti 364 giorni dell’anno non dessero il proprio contributo;
  • Omaggi natalizi alla catena di comando;
  • Paventata possibilità di non mantenere la cogenerazione.

Poi arriva il blackout e l’ammissione che alcune attività, che forse avrebbero potuto evitarlo, sono in sospeso da luglio 2020 “causa covid”; spiegazione di comodo? Perché, allora, “causa covid” non si è continuato a mantenere il lavoro agile, con basse percentuali di presenza in azienda, così da mantenere un alto livello di distanziamento?

I nuovi guasti, verificatisi negli ultimi due giorni, cominciano a far riflettere sul fatto che risparmiare non facendo delle cose è profondamente diverso dal risparmiare facendole in un altro modo e inizia a farsi strada il timore di un effetto domino.

…valutate gente, valutate…

Salutiamo il nuovo anno con l’augurio che il botto sia cosa passata e che lo rivedremo solo a dicembre prossimo.

A buon intenditore…».

La nota della Rls della LFoundry sul black-out post natalizio

Ma a peggiorare e rendere più fosche le ombre sulla LFoundry, la riflessione della Rls di stabilimento, la commissione interna dei lavoratori sulla sicurezza, che dopo l’incontro sul primo guasto, il black-out post natalizio, dopo aver chiarito che la dirigenza non aveva fornito alcuna informazione sull’accaduto, ha scritto:

«Il dato certo è che se fossero state completate le attività manutentive di ammodernamento degli impianti pianificate successivamente al down dell’estate 2020 probabilmente il fermo del Fab non ci sarebbe stato.

I rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) hanno fatto presenti alcune criticità legate alla gestione dell’emergenza, riconosciute anche dall’azienda, ed a tal proposito verranno calendarizzati appuntamenti con il gruppo EHSS al fine di migliorare le procedure attuali a garantire la sicurezza dei lavoratori.

In una visione moderna di sicurezza la prevenzione gioca un ruolo fondamentale nella riduzione del rischio, assolutamente in antitesi con l’affermazione “gli incidenti possono capitare e solo la politica di riduzione dei costi puo’ aiutare a limitare i danni“».

Insomma, per l’attuale dirigenza LFoundry, fare manutenzione costa, quindi meglio affidarsi alla… buona sorte.

E i tagli su tutto il tagliabile, operati in un solo anno, dimostrano come si sta seguendo la strada più vecchia del mondo: “Tagliare, tagliare, tagliare (i costi) – Massimizzare, massimizzare, massimizzare (i profitti)”.

L’intervento del Consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci

Sulla vicenda LFoundry, nei giorni fra Natale e Capodanno, è intervenuto il consigliere regionale Pierpaolo Pietrucci.

Questi, dopo aver ripercorso il guasto e lo scarso interesse, a suo parre, della Regione Abruzzo di Marsilio per questo stabilimento, chiede un chiaro piano industriale e una presenza più incisiva della Regione. Questo un passo della nota di Pietrucci.

Pierpaolo Pietrucci

«Le trattative in corso da mesi tra azienda e sindacato per un contratto di espansione che coniughi nuove assunzioni col prepensionamento dei lavoratori in possesso dei requisiti, sembrano essere definitivamente naufragate.

Negli ultimi diciotto mesi, nel totale silenzio della Regione, a fronte della fuga di duecento ricercatori, nello stabilimento di Avezzano si sono registrate solo otto assunzioni, con utilizzazione massiva di lavoratori interinali, dei quali, allo stato, non si conosce il destino. 

Tutto questo mentre la proprietà cinese vive e subisce gli effetti di una competizione geopolitica mondiale.

Per questo serve un piano industriale chiaro che indichi la sostenibilità occupazionale e una strategia di sviluppo che valorizzi un’azienda strategica per il Paese, anche in virtù degli investimenti collegati al PNRR.

Non si deve perdere questa grande opportunità: l’azienda produca precisi segnali affinché le trattative possano riprendere e la Regione svolga un ruolo attivo invece di dormire e abbandonare la LFoundry al proprio destino».

Le nostre conclusioni

Un gioco che dura finché dura ma che poi… e qui ci tacciamo.

In conclusione, a nostro avviso alla LFoundry si soffre un po’ la stessa sindrome del Comune di Avezzano.

Nel secondo esiste ormai conclamata la “Sindrome di Spallone”, ovvero nessuno riesce a fare, nemmeno lontanamente, quello che fece nel suo decennio sindacale il Medico di Togliatti.

Alla LFoundry, ex Micron ed ex Texas Instruments, nessuno riesce a fare quello che, in tutta onestà, è riuscito a fare il “Manager Lumbard” per antonomasia, ovvero quel Sergio Galbiati che ha fatto diventare questo stabilimento l’eccellenza che era.

Fino a qualche mese fa.

E allora, imitando sia il sindacato che il mitico Totò, non possiamo che chiudere dicendo che, effettivamente, cari dirigenti LFoundry, alla fine “È la somma che fa il totale!”.

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