Libri in vetrina: gli “Echi” della poesia e della memoria dell’abruzzese Gianni Massimo Balloni
E’ in libreria, di Gianni Massimo Balloni la silloge “ECHI”, è pubblicata dall’Aletti Editore nella Collana “I Diamanti della poesia”.
Poesia che il poeta considera come “una sensibilità che non vuole morire”; a noi è dato di incrociare, durante la nostra vita, “molti attimi di sensibilità che si accartocciano dentro di noi; a volte riemergono improvvisamente, altre volte li andiamo a cercare”.
L’autore, avvocato di professione, che è nato a Nereto (TE) ma che risiede a San Benedetto del Tronto (AP) spiega che la sua sillige “è frutto di sovrapposizioni di immagini, una sintesi irregolare di visioni, storie, sogni, sentimenti che tendono al sincretismo finale di sonorità e unicità visive interiori” dove la parola inquietudine è nodale, celandosi dietro ad ogni verso e che il suo scrivere e comporre attinge ad azioni, a percezioni della realtà ma anche ad incontri onirici che scatenano sensazioni che è necessario mettere per iscritto perché “le sillogi si scrivono per cristallizzare le sensibilità in cui si è imbattuti”.
Temi trattati i più diversi – drammatici, tragici, comunitari o individuali – che trasformare in poesia, e quindi in bellezza, dipende unicamente dal sentire del poeta e dalla sua capacità espressiva. Perché anche il tremendo è parte dell’esistenza e deve essere percepito come stato d’animo per poterne fare poesia o sarebbe “solo un asettico gioco di parole.
Si esprime principalmente ciò che le emozioni ci suggeriscono, ma le emozioni vanno padroneggiate e intarsiate dai lemmi. Poi, sono talmente tanti i colori delle emozioni che queste possono essere manifestate e rappresentate in molte sfumature più o meno occulte o, per meglio dire, occultate”.
Il “nostos” del titolo richiama la duplice accezione di ‘viaggio’ del lettore – lungo i versi che hanno dovrebbero guidare alla ricerca della coscienza – e quindi, per estensione di ‘nostalgia’; nostalgia di qualcosa che non si ha, mancanza, ricerca, desiderio del ritorno. Come novelli Ulisse vagare in cerca di approdo.
Alessandro Quasimodo – autore, poeta, regista – che ha curato la Prefazione della silloge, nel suo esame metrico-stilistico coglie e mette in evidenza, nella scelta prevalente del settenario, “un ritmo particolare alle liriche, grazie alla libertà degli accenti secondari all’interno del verso. Si crea uno stato d’animo che prevede non solo emozioni, ma anche recupero della memoria”, dove i ricordi non solo formano l’identità personale e condizionano l’atteggiamento nel presente ma, in quanto custodi delle tracce della propria esperienza passata, certo aiutano per affrontare gli eventi futuri e il mondo.