L’ignoranza governerà il mondo. La Bellezza sta morendo
Tutta la verità sulla scandalosa chiusura del Museo di Chieti
Una pietosa bugia.
Una vergognosa bugia.
Che nasconde un’orribile verità.
Il Museo “La Civitella” di Chieti chiude. Il cartello affisso da qualche giorno all’ingresso del Museo è la vergognosa bugia che vorrebbe spiegarne le ragioni: “chiuso temporaneamente per lavori”.
L’orribile verità è che il museo chiude per mancanza di personale. Bene ha fatto la direttrice del museo – dott.ssa Adele Campanelli – a mostrare il re nudo, quando ha annunciato che “il museo non riaprirà neanche con orari ridotti” , denunciando la totale mancanza di risorse professionali da impiegare all’interno della struttura.
E il MIBACT muto.
E allora, visto che sono passate solo alcune settimane da quando è stata parimenti denunciata la chiusura della Biblioteca di Lucca per lo stesso identico motivo, diciamola tutta. Sono trent’anni o giù di lì che non vengono banditi concorsi ai beni culturali.
Nel 2019 è stato bandito un concorso per addetti alla vigilanza ma ancora non è espletato e, stante le restrizioni legate all’emergenza sanitaria, chissà quando accadrà. Trent’anni nel corso dei quali, invece di considerare il patrimonio artistico e culturale del territorio come una risorsa a cui attingere per attirare turismo, sviluppare cultura e continuare ad insegnare al mondo la Bellezza, come gli italiani hanno fatto da secoli e, ultimo ma non meno importante, fare profitto per le casse dello Stato, si è preferito lasciare quello stesso patrimonio ad un destino di disgregazione, di chiusura, di morte.
Da trent’anni non si fanno assunzioni con la scusa che non ci sono fondi mentre, in Abruzzo, 10 liceo artistici sfornano professionalità altissime
E il MIBACT muto.
Eppure, solo per parlare d’Abruzzo, sono presenti sul territorio 10 Licei Artistici. Nati come Istituti d’arte nel 1923 per “addestrare alla produzione artistica a seconda delle tradizioni, delle industrie e delle materie prime regionali”, sono passati attraverso diverse sperimentazioni per giungere all’attuale assetto; oggi formano, in diversi settori, il fior fiore delle professionalità intermedie a cui rivolgersi per attingere alla ricerca di personale in grado di occuparsi, a diverso titolo e con diverse competenze, di arte e di cultura. I percorsi di studio post diploma non sono da meno: accademie di belle arti, D.A.M.S. e facoltà universitarie – con indirizzi specifici – forniscono laureati di formazione superiore per sviluppare gestione, potenzialità e progettualità delle strutture artistiche/culturali del territorio.
E il MIBACT muto.
E invece…
Invece di generare un naturale ricambio di professionalità e competenze si preferisce generare “vuoti di potere”, da riempire al momento giusto con associazioni, enti, gruppi privati e volontari (rigorosamente vicini a partiti, gruppi etc) che diventano i padroni/gestori di un bene pubblico e che gradualmente acquisiscono diritti e fondi.
E il MIBACT muto.
Invece si opta per la più banale e becera delle soluzioni: si chiude un museo qui, una biblioteca lì, arrecando danni incalcolabili non solo all’arte e alla cultura ma ai cittadini che, gradualmente, vengono privati della possibilità di conoscere la loro storia e, cosa più importante, del percorso attraverso il quale gli uomini, partendo da pochi segni su una roccia, siano arrivati a produrre opere immemorabili ed eterne.
E il MIBACT muto.
Si chiude. Non perché sia la soluzione giusta ma perché è quella più facile; mentre invece, si dovrebbe spingere una sollevazione di popolo a chiedere non solo il mantenimento di questa o quella struttura culturale ma l’apertura di altre ancora che tanto i materiali certo non mancherebbero, con tutti i tesori nascosti e abbandonati nei solai e nelle cantine dei palazzoni.
E il MIBACT muto.
Si dirà…si, ma mancano le persone che tengono aperto; si, ma mancano i fondi…
E allora si smetta di servirsi/ricompensare associazioni/enti/privati/volontari per offrire servizi; si attui il giusto turn over, meccanismo naturale e fisiologico che vede, allorché si determino pensionamenti, la sostituzione degli operatori; si bandiscano e si esplichino concorsi in tempi rapidi e non attraverso i soliti tempi biblici che hanno lo scopo di far dimenticare che cosa si stava cercando; si trovino i fondi anche e soprattutto per compensare le professionalità e le competenze impegnate perché il lavoro va retribuito o ne va della sopravvivenza e della dignità delle persone che incarnano professionalità e competenze.
Ma la Presidenza della Regione Abruzzo trova altri 500mila euro, 1 milione complessivo, da destinare ai suoi apparati
In questo nero clima di chiusure (che con il Covid nulla hanno a che vedere) giunge – non certo fuori luogo – il comunicato del Vice Presidente del Consiglio Regionale, Domenico Pettinari, che denuncia l’intenzione della Presidenza di Regione Abruzzo di incrementare, con delibera 34/2021, di ulteriori 500.000 euro lo stanziamento per il potenziamento del Dipartimento della Presidenza. Con DGR 648/2020 erano già state assegnate allo stesso dipartimento 500.000 euro, risorse provenienti dalla riprogrammazione del Fondo Sviluppo Coesione quindi… si giungerebbe a 1 milione di euro. Un milione di euro che servirebbe per finanziare “professionalità specializzate e forme di Assistenza tecnica” di cui in realtà non c’è assolutamente bisogno. E già, perché la Regione può contare sia “sul personale proveniente dalle province sia sul personale tecnico di Abruzzo Engineering, oltre ad una corposa forza lavoro degli uffici” Dunque c’è folta presenza di uomini e professionalità che non si comprende ragione per acquisirne di altri, per giunta da retribuire ulteriormente. Le risorse potrebbero, o meglio dovrebbero, essere destinate all’emergenza Covid – in cui l’Abruzzo è fortemente in ritardo – e farle giungere – come afferma il vicepresidente Pettinari – “direttamente nelle tasche degli abruzzesi in difficoltà”.
Con uno stato d’animo tra il deluso e il disperato, viene da chiedersi se, per il governo del paese, invece che di politici, in questo particolare momento ma anche per il futuro, non ci sia bisogno di brave massaie; quelle brave massaie che sono in grado di far quadrare il bilancio familiare anche quando è scarno e che riescono a nutrire tutti i figli, secondo il bisogno, senza lasciarne morire nessuno.