L’incredibile storia di Annone, l’elefante d Roma, animale prediletto di Papa Leone X che è anche alla base del detto”Fare il portoghese”
Era un pomeriggio del 1962. In Vaticano, nei Giardini del Belvedere, stavano eseguendo degli scavi per la sostituzione delle caldaie quando alcuni operai trovarono un osso di animale.
Non proprio un osso, era un dente enorme. Vicino, quattro frammenti di una mascella. Cosa pensarono all’epoca? Avevano trovato un dinosauro! Che poi cosa ci facesse lì un animale del genere a nessuno venne in mente. Ad un secondo sguardo si resero conto che i resti non erano dei fossili e quindi doveva essere un bestione più recente e così, scartabellando nella biblioteca vaticana si scoprì che quelli erano i resti di un elefante. Un elefante in Vaticano? Cosa insolita ma, come vedremo in seguito, più che vera.
Alla cosa non fu data importanza e passarono una trentina d’anni senza che nessuno si chiedesse cosa diavolo facessero le ossa di un pachiderma in Vaticano.
LA SCOPERTA
Verso la fine del 1980, un italo-americano, professore dello Smithsonian Institute di New York (una sorta di Bones al maschile, ricordate la serie televisiva?), pensò di dare una occhiata ai sotterranei della Città Sacra. Dopo attenti studi e avere visitato il luogo del ritrovamento di quelle ossa, pubblicò un libro in cui risolveva il mistero.
L’elefante era Annone! Ora vi chiederete chi caspita fosse quella bestia: ebbene era uno degli animali preferiti di Papa Leone X. Glielo aveva regalato il re del Portogallo Manuel I.
LE SPEZIE NEL RINASCIMENTO
All’epoca di Papa de’ Medici, la vera ricchezza si incentrava sul mercato delle spezie. Il Portogallo era interessatissimo alla cosa anche perché dopo la scoperta dell’America voleva il controllo della via dell’Est da dove passavano i traffici sicuri. Ecco che re Manuel I necessitava di un ampio consenso politico per lo scopo. Contro di lui si erano schierati i mamelucchi egiziani e i turchi e tutti volevano la stessa cosa. Erano arrivati al punto di voler dissuadere la Chiesa a tollerare le manovre portoghesi con la minaccia di radere al suolo le parti cristiane di Gerusalemme.
Il re di Portogallo Manuel d’Aviz per risolvere il problema e arruffianarsi Santa Romana Chiesa, in segno di rispetto e sottomissione all’autorità ecclesiastica, inviò in occasione dell’incoronazione di papa Leone X una pletora di regali al neo papa. Centoquaranta uomini portarono al Sacro Soglio broccati, oggetti in oro e gioielli. A contorno, animali esotici particolari per l’epoca: scimmie, pappagalli, leopardi e un cavallo persiano.
ECCO ANNONE
Tra i regali un animale di quattro anni: un elefante albino. Secondo alcuni Manuel I lo ebbe in regalo dal re di Cochin, in India, che era una base militare portoghese e il centro del commercio delle spezie. Secondo altri lo fece rubare da Alfonso di Albuquerque suo vicerè in India. Era un regalo destinato a stupire la corte papale anche perché dove lo trovi in Europa un elefante e per di più bianco?
La povera bestia fece un viaggio via mare, attraversò il Mediterraneo, passò per Alicante e Maiorca arrivando a Porto Ercole. L’ambasciata, guidata dal navigatore Tristao da Cunha, era fastosa, quasi la parata di un circo equestre. Gli abitanti di ogni paese attraversato correvano per ammirare la processione. Animali di quel tipo non s’erano mai visti prima e quell’elefante poi… . Si arrivò al punto che i notabili locali chiedevano al corteo, dietro pagamento, di passare per le loro tenute.
ANNONE A ROMA
Come si viveva nella Capitale
Roma nel 1500 non era un bel posto. I vagabondi, gli zingari, le prostitute e i banditi ne avevano fatto la loro residenza d’elezione. La Città Eterna puzzava. Dalle finestre il popolo gettava i rifiuti in strada che sarebbero stati portati via al mattino seguente dai galeotti, fornendo al “venticello de Roma” che si insinuava tra le strade dell’Urbe, un’ “aroma” tutto suo.
Nei retrobottega dei negozi di candele si praticava la prostituzione. Erano cortigiane dette appunto “da candela” o anche “da lume”. Sapete perché? Usavano le candele per misurare il tempo della loro prestazione. C’erano quasi cinquemila prostitute ogni cinquantamila abitanti. La plebe viveva di elemosine, i nobili di rendita e di rapine, il clero di decime, di usure e di simonia.
Il divertimento per il popolo romano era il carnevale, la vista di qualche supplizio in piazza oppure la “fojetta”, il classico mezzo litro di vino, all’osteria. Le vie erano limacciose, invase dai liquami dell’immondizia soprattutto quando pioveva. Lo erano tutte tranne quelle davanti ai palazzi patrizi dove i signori avevano fatto pavimentare a loro spese la strada. La città era composta per lo più da vicoli angusti e innumerevoli casupole. Immaginate cosa poteva accadere quando si verificava un evento eccezionale: quale e quanta folla ad assistere che si accalcava nei vicoli pigiandosi l’uno contro l’altro.
Il trionfo di Annone
In questo ambientino arrivò Annone e fu il trionfo: l’elefante passò per i vicoli dell’Urbe, tra i festeggiamenti del popolino che si sbracciava scompostamente. Uno stupore più che comprensibile dato che l’ultimo esemplare d’elefante a Roma non si vedeva dai tempi dell’impero!
Oltre alla gualdrappa di velluto blu ricamata con perle, era coperto d’oro e portava in groppa un moro assieme a un palanchino d’argento a forma di castello. Conteneva (il castello non il moro) un cofano ricolmo di doni superbi: paramenti ricamati in perle con pietre preziose e monete d’oro coniate per l’occasione. Il popolo sottolineava l’addestramento dell’animale, soprattutto per il fatto che “intendesse due lengue, come creatura humana, zoè la portogalese e indiana“. Arrivato a Castel Sant’Angelo, dopo aver ballato, emise un barrito inchinandosi tre volte e strofinando la proboscide sulle pantofole del Papa. Successivamente aspirò dell’acqua da un secchio spruzzandola addosso agli astanti, papa compreso. Leone X era al settimo cielo.
IL PAPA e ANNONE
Annone diventò subito la mascotte del pontefice. “Faceva molti atti marvigliosi”, secondo le cronache del tempo, “quasi fosse dotato di intelletto”. Leone X gli fece costruire una stalla nei giardini del Belvedere e lo portò in alcune processioni esibendolo al pubblico e in alcuni casi, provocando degli incidenti.
BARABALLO
Il poeta Baraballo di Gaeta (ricordato solo per questo accadimento) pensò bene di salirgli in groppa. Sosteneva che, mentre lo cavalcava, sarebbe stato capace di proclamare versi all’altezza del Petrarca. Il pachiderma, però, spaventato dai tamburi e dai botti della processione, lo disarcionò. Per l’occasione ecco un versetto satirico dell’epoca:
“El nostro Archipoeta Baraballe
Posto sull’Archibestia, di lontano
Pare, e da presso è sì bel capitano
Che di risa scoppiar fa le farfalle”
Naturalmente l’intera Roma interpretò il comportamento dell’animale come una punizione per l’arroganza del poeta.
Talmente soddisfatto del regalo ricevuto, nella sua lettera di ringraziamento al sovrano portoghese il Papa spiegò che “l’elefante risveglia ricordi provenienti da un passato antico, quando la vista di animali del genere era frequente in questa città”, con riferimento alla spedizione del cartaginese Annibale.
LA BREVE VITA DI ANNONE
Giovanni Battista Branconio orafo dell’Aquila, in gioventù era riuscito a entrare nelle grazie della corte papale. L’apice della sua carriera fu quando ottenne il prestigioso titolo di “cameriere segreto” assieme al compito di curare il pachiderma, come dire “dall’oro alle stalle“.
Non era il solo a prendersi cura del nuovo prediletto del Papa: la custodia era assegnata pure ai “favoriti” del Pontefice. Essere vicini all’elefante era un segno di prestigio.
Anche Raffaello Sanzio ebbe questo grande onore, anzi, dovette riprodurre Annone dopo la morte della bestia. A seguire il poeta Pietro Aretino, che ne fece oggetto della sua commedia satirica “Le ultime volontà e testamento di Annone, l’elefante”.
LA MORTE
Il pachiderma campò poco. Nel febbraio del 1516 si ammalò non si sa di cosa. I cerusici dell’epoca lo curarono con un preparato a base d’oro il quale probabilmente fu la vera causa della sua morte. Quando passò a miglior vita, il 16 giugno 1516, Leone X era al suo fianco.
All’epoca qualcuno ventilò che, alla stregua dei santi, del suo corpo fossero state realizzate innumerevoli reliquie da inviare a vescovi e cardinali. Guicciardini nella sua Istoria, riferendosi ad Annone e all’affetto del papa per la bestia parlerà di due elefanti anziché di uno.
“FARE IL PORTOGHESE”
Cosa c’entra l’elefante con l’espressione “fare il portoghese”?
Dovete sapere che Papa Leone X gradì a tal punto i doni di re Manuel I che proclamò una legge con la quale si consentiva ai portoghesi di non pagare a teatro, nei ristoranti, nelle locande ed altro ancora. Inutile dirlo, i romani si finsero portoghesi per beneficiare degli stessi privilegi. Indicativa la frase:
“oste io nun te pago gnente
che so’ portoghese, nun se sente?”
Dopo un mese alla tesoreria papale arrivarono conti astronomici che il Papa dovette pagare. Poi annullò il decreto, ovviamente.
PER FINIRE
Morto Annone il re del Portogallo pensò di inviare a Leone X un altro animale: un rinoceronte. L’animale non giunse mai a destinazione a causa di un naufragio.
Piaciuta la storia? Se girate per Roma troverete monumenti e fontane con l’effige d’un elefante e ora sapete perché.
Spero il racconto sia stato di vostro gradimento. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.