Lo sguardo laterale dove non brillano le luci, ma volano gli angeli
Inizia oggi la nuova Rubrica di informazione medica che si occuperà di far luce sulla Medicina integrata, di cos’è, di cosa si occupa e dei suoi molteplici campi di applicazione.
Sarà curata dalla Dott.ssa Elisabetta Camporese, Medico Chirurgo, Specialista in Psico Neuro Endocrino Immunologia (PNEI), Medicina Sistemica e Cannabis terapia e dalla Dott.ssa Chiara Ziveri, Psico Cannabis Coach, Counselor, specializzata in tecniche connessione Mente-Corpo.
Le Dottoresse ricevono nelle città di Milano, Padova, Olbia e offrono anche consulenze online.
Per Informazioni: cmc.studio2021@gmail.com.
Vi lasciamo al loro primo ed interessantissimo approfondimento:
“La salute è uno stato di completa armonia tra corpo mente e spirito” (B.K.S Iyengar)
«Abbandonata l’idea di una concezione dualistica, il corpo e la mente trovano una nuova chiave di lettura nella “medicina integrata”.
Un approccio d’insieme, globale, olistico, dove, data la loro sistemica interconnessione, l’integrazione diventa la condizione necessaria per lo sviluppo di una nuova via terapeutica.
Ecco, questo è l’inizio della nostra storia.
LO SGUARDO LATERALE DOVE NON BRILLANO LE LUCI, MA VOLANO GLI ANGELI.
Quando lascio andare il pensiero, incontro sì la vita e la sua eterna bellezza, ma c’è sempre quel velo che sottile si vede appena, eppure riesce a piegare i sorrisi, ad ammantare gli occhi e calarsi giù piano avvolgendo il cuore e posizionandosi proprio lì, al centro di te.
Chissà se questa nota malinconica era solo di chi mi aveva cresciuta o era in parte anche mia.
Si dice che l’anima cerchi per bene dove incarnarsi per poter guarire le ferite che fino ad allora non sono state ben curate, si dice che scelga proprio quella famiglia per poter finalmente cambiare forma a quel dolore e togliere definitivamente il velo da quegli occhi così profondi e amorevoli.
È tempo di essere consapevoli che non si scelgono le professioni né arrivano per caso;
è tempo di rendersi piacevolmente responsabili di ciò che siamo e di ciò che facciamo perché quella è l’unica via verso la vera gioia del cuore.
E allora, chi si occupa di ciò che non va negli altri, sia esso malattia, disagio emotivo o altro, lo fa per curare per primo se stesso e quel dolore che spinge per essere trasformato, lo fa perché, aggiustando fuori, si aggiusta sempre qualcosa dentro, lo fa perché lungo gli anni, cura dopo cura, si possa arrivare ad alzare il velo come su un viso di una bellissima sposa che si dona alla vita in tutta la sua magnificenza.
Nei silenzi ovattati che si insinuano nelle intercapedini del frastuono quotidiano, si inizia a comprendere di più, sempre di più e più capisci più ti sembrano solo briciole di conoscenza perché il mondo, come l’essere umano, sa essere perfettamente infinito.
Arriva il momento in cui fai un passo indietro e provi a osservare da quell’angolo dove nessuno si mette perché la visuale non è perfetta, è laterale, ma è da lì che si scoprono i più teneri segreti della natura umana.
Per anni studi quel corpo umano così perfetto;
tutto ha un senso così preciso da incutere soggezione e allora come può essere possibile che si inceppi, cosa lo disturba fino al punto da fermarsi e cambiare direzione creando mostruosità come la malattia e la morte;
ed è proprio qui che serve la visione laterale, quella che ti fa vedere dietro alle quinte, dove non brillano le luci, ma volano gli angeli.
Per troppi anni è stato messo da parte il sentito emotivo come componente fondamentale della persona e quando è stato tenuto presente, è stato solo come conseguenza della malattia stessa.
Ma ognuno di noi, nella sua sfera psicoemotiva, ha un potere così immenso e inesorabile da mettere a soqquadro la linea diretta che ancora permea il concetto di corpo ammalato.
Siamo fatti di emozioni ancora prima di venire al mondo, già nel grembo della nostra mamma ascoltiamo con tutti i sensi ciò che lei prova, tutto ciò può sembrare un’idea filosofica o una credenza spirituale ma è molto più definita di così, perché ogni vissuto è una corrente elettrica che si genera nel nostro cervello, un organo che guarda caso è stato messo in testa perché li deve stare, a capo di tutto.
E allora tutto ciò che ci colpisce, ferisce, svaluta, umilia o ci spaventa genera una serie di onde elettromagnetiche, sì proprio come quelle che si formano in uno stagno quando un bimbo lancia sassolini per vederle formarsi, quel segnale diventa chimica nel nostro corpo e andrà a creare una modificazione proprio dove serve;
così, se avrò bisogno di digerire un boccone amaro stimolerò il mio stomaco a lavorare di più e la chiamerò “gastrite”, se avrò bisogno di essere più veloce di quello che biologicamente posso essere per state al passo stimolerò la mia tiroide e la chiamerò “tiroidite”, se mi sentirò a lungo svalutata nella mia intelligenza stimolerò le mie arterie cerebrali a portare più sangue al mio cervello e quando avrò una tregua la chiamerò “emicrania” e così via.
Mentre osservavo la scena di lato, mi chiedevo perché si faccia tanta fatica ad accettare questa scienza esatta, mentre sia così meravigliosamente accolta la malattia di ndd “natura da determinarsi”.
Poi, ho capito!
L’ essere umano non vuole prendersi la responsabilità della sua malattia, preferisce guardarla come ad un’estranea, come a qualcosa di losco da combattere e allora vengono fuori gli slogan tanto acclamati: “la guerra contro il cancro”, “ho combattuto e ho vinto”, “la battaglia contro i virus”;
ma non c’è nulla da “combattere” perché creiamo tutto noi.
La tela si è rivelata a poco a poco, mostrandomi i colori decisi del “senso di colpa”.
Non è tanto la responsabilità che inquieta, ma il suo legame che il genere umano spesso fa con la colpa e a cosa è legata la colpa?
Al GIUDIZIO!
Il giudizio, gabbia intrecciata fittamente che si cala impietosa a spartire tutto tra giusto e sbagliato, tra buono e cattivo, tra gioia e dolore.
Ondate di generazioni sono state permeate dal giudizio togliendo alla magia della vita gran parte della sua spontanea bellezza.
Ma dove volano gli angeli c’è posto solo per l’amorevole verità della nostra biologia;
se qualcosa mi ferisce, o mi spaventa o mi mette a disagio non è colpa mia e non è né cattivo né buono, né bello né brutto, né giusto né sbagliato, e se per questo il mio corpo cerca di trovare un’uscita creando quello che iene chiamato malattia non è colpa è biologia, è…e basta.
Non possiamo fare a meno di essere umani, ma possiamo esserne più consapevoli e osservare i nostri sintomi defilandoci dalla platea centrale e posizionandoci in rigoroso silenzio di lato dove puoi vedere i trucchi del palcoscenico e la polvere sul pavimento semplicemente prendendone atto.
Nell’attimo stesso in cui impariamo a non giudicare, lo sfarzoso castello della colpa implode e su quelle macerie potrò costruire la reggia che potrà ospitare amore, comprensione, consapevolezza e una nuova me.
Non si torna mai come prima dopo una malattia, anche dopo un’influenza, non perché ci siano danni necessariamente permanenti, ma perché la ricostruzione è sempre nuova ogni giorno.
Scegliendo di fare il medico ho curato me stessa, il dolore sopito della mia famiglia e ho scoperchiato le verità nascoste dentro ognuno di noi, a volte accessibili a volte insondabili, ma rimane sempre tutto all’interno di un equilibrio perfetto che, con molta delicatezza e attenzione, tocco solo su richiesta.
L’universo mi ha messo sul mio cammino persone capaci e dedite, delicate e determinate, profonde e rispettose che creano un’equipe per un approccio che non può essere solo del corpo e non può essere solo della mente ma deve essere connesso, integrato e completo.
In questo modo ci si può occupare del malato come di una persona che può arrivare a comprendere con autentico amore la sua malattia e illuminare qualche angolo buio di sé.
La partita rimane sempre complessa e piena di giocatori fuori classe per cui non è sempre possibile giocarla ma noi non siamo qui per vincere, solo per poter vedere meglio e con gli occhi del cuore».
Dott.ssa Elisabetta Camporese
Dott.ssa Chiara Ziveri