Luoghi e fatti avvolti nel mistero? Quando l’enigma è creato… dall’uomo
Ci sono posti, nel mondo, ammantati di mistero e che al solo pronunciarne il nome evocano chissà quale arcano. Uno di questi è l’Area 51, località più famigerata che famosa a circa 160 km da Las Vegas. Di questo luogo si dice che nasconda i resti di una astronave aliena caduta nei pressi della cittadina di Roswell e non si sa bene se vivi o in ghiacciaia, gli alieni che la pilotavano. Non voglio minimizzare o destituire di credibilità quanto si racconta sul posto ma unicamente cercare di capire dove sia la verità sulle dicerie che ammantano la località. Tutta questa storia, in parte ebbe origine negli anni ‘80 da un tal Robert Lazar il quale dichiarò a un’emittente televisiva di Las Vegas di aver lavorato in un’area chiamata S-4, vicino all’Area 51, in cui si studiava la tecnologia dei dischi volanti caduti usando l’ingegneria inversa. Le sue affermazioni fecero il giro del mondo, aprì un sito con i disegni degli ufo e del loro sistema di propulsione che, però, si rivelarono false, così come le sue referenze: non aveva studiato al MIT né alla Caltech, né aveva lavorato al Los Alamos National Laboratory come da lui millantato.
È però lecito chiedersi cosa ci facciano gli americani là dentro, perché il posto esiste davvero e la sua esistenza è stata riconosciuta ufficialmente nel 2013 dopo che è stato declassificato un documento della Cia. L’area era un vecchio poligono utilizzato durante la Seconda Guerra Mondiale che confinava con il Nevada Test Site, un posticino dove furono condotti oltre 700 test atomici dell’Autorità per l’Energia Nucleare statunitense. Pensate che il vero nome del posto era Paradise Ranch, ma vuoi mettere con “Area 51”? Suona meglio ed è più misterioso. Probabilmente l’aura di segretezza che avvolge il sito è dovuta al fatto che nel 1955 fu avviato un programma militare sugli aerei U-2, velivoli particolari, impiegati dagli USA in missioni di ricognizione durante la Guerra Fredda, invisibili ai radar e capaci di volare a 18 mila metri di altitudine, basti pensare che all’epoca, gli aerei di linea raggiungevano la quota di soli 6 km. un effetto ottico, poi, li rendeva “luccicanti”: alla quota a cui volavano, il Sole, infatti, non era ancora tramontato e si rifletteva sugli aeromobili mentre gli aerei che viaggiavano a livelli inferiori erano già al buio e quindi meno visibili.
Cose strane ne avvengono nell’Area 51, ma sono di origine terrestre: qui furono testati aerei spia, come il Lockheed A-12 Oxcart usato nella Guerra in Vietnam ed ebbero luogo i primi test dell’F-117 Nighthawk, l’aereo invisibile ai radar usato nella Guerra del Golfo, in Jugoslavia e in Iraq. Pare che qui sia stato messo a punto l’elicottero Blackhawk, usato dai Navy Seals per raggiungere il nascondiglio di Bin Laden ad Abbottabad, in Pakistan, col finale che tutti conosciamo. Proprio per la sua peculiarità il perimetro della zona è strettamente sorvegliato da guardie armate in tenuta mimetica e dai servizi segreti. A oltrepassare le recinzioni dell’Area 51 si rischia una multa di mille dollari o sei mesi di prigione. Una cosa è certa, siccome gli americani sono mica micchi, i vicini centri abitati si sono arricchiti col turismo a sfondo ufologico cambiando i nomi dei locali e delle strade; la statale che costeggia l’Area 51, la Nevada State Route 375 è stata rinominata, ad esempio, in Extraterrestrial Highway.
Ma veniamo a qualcosa che ancora ispira terrore reverenziale: il “Triangolo delle Bermude”. Sul luogo se ne è detto di tutto, da una anomalia del magnetismo terrestre a dei misteriosi manufatti di antiche civiltà che sprigionano ancora, dopo millenni, raggi che in qualche modo fanno sparire navi e aerei che “capitano” nelle vicinanze. Qualcuno ha pure ventilato che si tratta di un “portale” verso altre dimensioni. Per la verità le sparizioni ci sono state e il loro numero spiegato dal fatto che quella è una delle zone più “affollate” del mondo a causa del traffico marittimo e aereo. Forze occulte o fenomeni paranormali, in questo caso, lasciano il tempo che trovano. Le autorità marittime e aeree hanno quasi sempre trovato, dopo, le indagini di rito che si fanno in questi casi e che spesso durano moltissimo tempo, la causa delle sparizioni che spesso si sono rivelate come incidenti tecnici o errori umani. Si può obbiettare che i relitti di alcune navi e velivoli non sono mai stati, stranamente, individuati ma il Triangolo delle Bermuda è formato da alcune tra le fosse marine più profonde al mondo. Quella di Porto Rico, per esempio, nel punto meridionale del Triangolo raggiunge una profondità di oltre 8229 metri ed è praticamente inesplorabile.
Tanto per discutere su sparizioni eccellenti, una delle più famose è stata quella della SS Cotopaxi, scomparsa nel 1925, nave tra l’altro citata da Spielberg nel film “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, dove, nella narrazione cinematografica è ritrovata nel deserto del Gobi probabilmente portata lì dagli extraterrestri. Nella realtà, l’archeologo subacqueo Michael Barnette l’ha rinvenuta al largo di St. Augustine, in Florida nel 2020, risolvendo , così, il mistero.
La “sparizione” più famosa è quella della pattuglia americana di aerei-scuola, nel 1945, vicenda anch’essa citata da Spielberg nello stesso film. Sulla faccenda gli scrittori Charles Berlitz e Richard Winer fecero la loro fortuna, ma in realtà, di misterioso in quella vicenda c’era ben poco. La squadriglia di cinque aerei era guidata da Charles Carroll Taylor che possedeva circa 2500 ore di volo mentre gli allievi ne avevano in totale 300. Taylor sebbene eccellente pilota da combattimento era noto per smarrirsi ogni tanto e già era ammarato due volte, con il suo aereo, nel Pacifico. Pare che la squadriglia avesse perso i punti di riferimento a causa della rottura della strumentazione di bordo del capo pattuglia, smarrendosi sull’oceano. È ovvio ritenere, dunque, che gli aerei, a causa dei loro giri viziosi, avessero esaurito il carburante e che l’ammaraggio si fosse risolto in un disastro non essendo, quegli aerei, in grado di galleggiare per più di qualche minuto. A voler essere sinceri, il mistero non sta nel fatto della loro scomparsa semmai come abbiano fatto a rimanere così a lungo in volo… .
Se, però, pensate che luoghi come il triangolo delle Bermude siano casi unici, eccovi serviti: esistono posti analoghi che, pur provocando guai come il celeberrimo triangolo, non destano lo stesso rumore e attenzione, anzi, secondo l’ipotesi dei ricercatori (non si sa di cosa), nel mondo esisterebbero 12 zone analoghe.
Una di queste è il “Triangolo del Drago”, una zona dell’Oceano Pacifico che si trova al largo della costa sud-est del Giappone tristemente famosa per le anomalie tramandate dai marinai. Le leggende raccontano che la zona sia abitata da diavoli e mostri marini un tantinello nervosi che si divertono ad affondare navi e buttar giù aerei. Anche in questo caso è possibile individuare un triangolo ideale i cui vertici sono rappresentati dalle isole di Honshu, Luzon e Guam. Secondo l’onnipresente Berlitz tra il 1952 e il 1954, il Giappone ha perso in questa zona ben cinque navi militari, tutte sparite nel nulla senza lasciare traccia compresa la nave oceanografica Kayo Maru 5 inviata lì per indagare e zeppa di scienziati. Siccome a tutto c’è una spiegazione pare che i cosiddetti “fenomeni inspiegabili” erano facilmente riconducibili alla presenza di attività sismica e vulcanica sottomarina.
Altro posticino incantevole per la navigazione è Il Triangolo del Michigan che non è una invenzione di Nando Mericoni, il protagonista di “Un americano a Roma”. Nel nostro caso non si tratta neppure di un tratto di mare ma del lago Michigan negli Stati Uniti, già teatro di avvistamenti di oggetti misteriosi. La leggenda del Triangolo del Michigan nacque nel 1937, quando il capitano George Donner scomparve misteriosamente dalla cabina del suo bastimento durante una consegna di carbone. Il capitano chiese di essere svegliato nel momento in cui la nave avesse raggiunto il porto. Quando i marinai si recarono nella sua cabina non lo trovarono nonostante la sua porta fosse chiusa dall’interno. Non finisce qui: nel giugno del 1950 un DC-4 in servizio tra New York e Seattle con 55 passeggeri a bordo, scomparve nel nulla nel cuore della notte, proprio mentre sorvolava il Triangolo del Michigan a 1100 metri di altezza. Il relitto del velivolo non fu trovato. Come vedete a cercarli, di posti jellati ce ne sono…
Ma veniamo alla storia delle storie, al mistero dei misteri: lo schianto di un disco volante e dei suoi piloti a Roswell. La storia, assurta all’onore delle cronache, vi è rimasta per decenni, se ne sono scritti volumi su volumi. La vicenda si svolge in una cittadina del New Mexico, Roswell per l’appunto, un tempo perfettamente sconosciuta e ora perfettamente famosa. Pare che il disco in questione si sia schiantato in un ranch del luogo e che il giornale locale ne abbia fatto menzione scatenando un ambaradam di risonanza mondiale. Marc Brazel, proprietario del ranch dove i rottami del presunto velivolo furono trovati, raccontò che i frammenti erano costituiti da “pezzi di gomma, stagnola, carta piuttosto robusta e asticelle”. Stando al giornale locale, il 509° bombardieri dell’8^ forza aerea di Roswell si sarebbe impossessato dei resti precipitati nel ranch.
Oggi, grazie alla pubblicazione dei file allora segretati, possiamo finalmente capire perché tanto spiegamento di forze nella cittadina. Si disse che i servizi segreti volessero minimizzare la vicenda adducendo la scusa che era caduto un pallone sonda. In verità quella notte non precipitò un comune pallone sonda ma un nuovo sistema di rilevamento del progetto Mogul. Cos’era il progetto Mogul? Consisteva nell’utilizzo di palloni sonda equipaggiati con strumenti in grado di captare i rumori prodotti nelle sperimentazioni di bombe nucleari (si era in piena guerra fredda). Siccome questi palloni, difficili da manovrare, alla fine ricadevano a terra, costringevano militari e polizia federale a correre in giro per gli Stati Uniti per recuperarli. Spiegare di cosa si trattasse realmente non era possibile data la segretezza del progetto e quindi si decise di dare credito alla la tesi del disco extraterrestre.
A completare il tutto il filmato beffa distribuito da Ray Santilli sull’autopsia di un alieno. L’autore rimase ignoto fino al 2006, poi si seppe che fu realizzato da John Humphreys, esperto di effetti speciali, che lavorò alla realizzazione di fiction fantascientifiche quali Max Headroom e Doctor Who.
Alla fine della fiera pare che su questo povero Pianeta di misteri ce ne siano a iosa, in tanti posti compaiono e scompaiono navi e aerei, in altri si schiantano astronavi aliene. Non si può stare tranquilli. Una cosa, però, va detta: scava scava, poi, gli accadimenti hanno sempre una spiegazione logica, oserei dire, con un gioco di parole, “terra-terra”, con buona pace dei sostenitori di misteriosi portali, raggi di energia e alieni a zonzo. Naturalmente di cose inspiegabili ne esistono pure e di queste se ne sono occupati quasi tutti i governi, ciò non significa che qualsiasi cosa olezzante di mistero debba essere accettata acriticamente ma attentamente valutata. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.