Mostra evocativa di Daniela d’Arielli sul filo della memoria al Museo delle Genti di Pescara
“Il lavoro sulla memoria evocato da Daniela d’Arielli” – ha dichiarato Letizia Lizza, direttrice della fondazione Genti d’Abruzzo – “è ciò di cui abbiamo urgente e pressante bisogno soprattutto in un luogo, come il Museo delle Genti d’Abruzzo che quotidianamente si sforza di preservare, custodire, ricostruire, tramandare la memoria del territorio attraverso tradizioni, miti e riti mai dimenticati”.
Ed è proprio ciò che fa il progetto della mostra “A cquá, Qui, In questo luogo. Daniela d’Arielli sul filo di Antonio De Nino” che verrà inaugurata venerdì 8 luglio dalle ore 19 presso il Museo delle Genti d’Abruzzo a Pescara.
Durante l’inaugurazione la violoncellista Flavia Massimo e la violinista Valeria Vadini suoneranno dal vivo composizioni realizzate su suggerimento degli stessi testi di Antonio De Nino.
L’arpista Valentina Locci, visibile dall’interno del museo, suonerà invece all’esterno, sulla sponda nord del fiume.
Delle narratrici si aggireranno dentro e fuori il museo per evidenziare e rendere più vivo il rapporto tra interno ed esterno, dimensioni temporali lontane ma interconnesse, oralità e testi scritti nella ricerca di una continuità con i nostri riti e le nostre tradizioni. Per mantenere la suggestione ispirata dai contenuti e dalle musiche della mostra, i suoni verranno registrati e poi riproposti all’interno delle sale anche nei mesi successivi all’inaugurazione.
Anche la scelta dei luoghi non è casuale; si tratta di luoghi accuratamente individuati insieme ai rispettivi genius loci: la sponda nord e quella sul del fiume Pescara, quella dov’era il nucleo primigenio della città di Pescara e quella dove la vita si svolge e corre, in un dialogo che continuamente è mediato dall’arte che “tiene alto il vessillo” del sempre uguale e sempre diverso, “dell’identità e del rinnovamento”.
Il lavoro di Daniela d’Arielli nasce da una ricerca effettuata sugli scritti di Antonio De Nino, illustre demoantropologo e storico della nostra terra che cooperò assiduamente con Gabriele D’Annunzio, collaborando alla stesura di diverse tragedie ma non si tratta di uno studio statico o cristallizzato; al contrario, partendo dalla natura, d’Arielli ritesse e rinsalda quel filo della memoria che in alcuni punti si è strappato in altri consunto, per dar corpo alla memoria di un popolo, delle sue liturgie e della sua storia, non per fermarla ma per proiettarla verso future ritualità.
La continuità, la fluidità dello scorrere del tempo è ben raffigurata nella lunga tela, adagiata lungo le finestre del bagno borbonico, ricamata con disegni e testi tratti dall’opera “Usi e Costumi Abruzzesi” di Antonio De Nino, opera che caratterizza il luogo e non avrebbe potuto essere collocata altrove.
Come un antico talismano da decifrare o la rete di un pescatore in attesa di essere rammendata, la tela si rivela nel corridoio del Museo, l’antico cammino di ronda, in uno spazio di passaggio e di comunicazione tra l’interno, ricco di testimonianze del passato, e l’esterno, dove scorrono il nostro presente e il fiume Pescara in continuo movimento.