“Nell’Anno del Signore” di Gigi Magni. Una storia di libertà, un film imperdibile, una stratosferica guida turistica di Roma
Se mai film fu caro ai romani questi è “Nell’Anno del Signore” scritto e diretto da uno dei più grandi estimatori di Roma: Luigi Magni. Il cast fu stratosferico: Nino Manfredi, Enrico Maria Salerno, Claudia Cardinale, Robert Hossein, Alberto Sordi, Pippo Franco, Ugo Tognazzi, Enzo Cerusico e Britt Ekland. Non finisce qui: la colonna sonora fu opera del maestro Armando Trovajoli e persino il montaggio fu siglato da una grande firma, quella di Ruggero Mastroianni. Anche il doppiaggio fu grandioso, dal grande Ferruccio Amendola a Pino Locchi, da Rita Savagnone a Giuseppe Rinaldi. A dirla tutta, oggi avrebbe anche un triste primato: è un cimitero! Gli attori sono quasi tutti morti. È sopravvissuta Claudia Cardinale che, non tutti sanno, pur essendo tunisina interpretava la parte di Giuditta Di Castro, personaggio romano “de Roma” ma doppiata, nell’occasione, da Rita Savagnone. Anche il regista, Magni, non c’è più così come Ruggero Mastroianni, il maestro Trovajoli e buona parte dei doppiatori. Una ecatombe!
Volete fare una passeggiata con me nei posti chiave del film? Non vi preoccupate: facendo quattro passi potrete vedere quasi tutto: i set erano nello stesso rione o in quelli limitrofi. Bene, iniziamo dalla prima scena, quella che si svolge all’interno di Castel Sant’Angelo all’ora del coprifuoco (pure a quei tempi) segnalata dallo sparo del cannone. Facendo una passeggiata per il lungotevere scorgerete prima o poi la mole di Castel Sant’Angelo, anticamente tomba dell’Imperatore Adriano, successivamente adibita dalla Roma papalina a fortezza e carcere con tanto di fossato attorno. Una lunga sopraelevazione fortificata, chiamata “passetto”, collega il forte al Vaticano. Quando i papi vedevano le brutte, sollevavano con le mani le cocche dell’abito talare e a gambe levate, percorrendo questo corridoio, si barricavano dentro Castel Sant’Angelo, tiravano su il ponte levatoio e chi s’era visto s’era visto… . Tra gli ospiti in catene nel fortilizio ci furono nomi noti tra cui Benvenuto Cellini e il Conte di Cagliostro. Se tirate su il naso, in cima vedrete la statua di un angelo nell’atto di rinfoderare la spada è San Michele Arcangelo. Quando ci fu la peste a Roma, il popolo si recò in processione per chiedere la fine dell’epidemia. Narra la leggenda che l’Arcangelo Michele fu visto sul colmo del forte nell’atto di rinfoderare la spada e da quel momento, miracolosamente, cessò la pestilenza. Se lo volete sapere la statua attuale è l’ultima di una lunga serie che l’ha preceduta di cui alcune fanno spicco su Ponte Sant’Angelo, il trait d’union che salda il forte all’altra sponda del Tevere. Oggi, il castello è un museo tutto da visitare e ne vale la pena: é un must visitarlo quando si viene a Roma.
Scena successiva dove i carbonari congiurati si riuniscono per decidere l’assassinio di Filippo Spada. Il posto, oggi è Via della Tribuna di Campitelli nel quartiere Sant’Angelo a due passi dall’omonimo Castello. La via prende il nome dall’Abside della chiesa di Santa Maria in Campitelli che è una chiesa mica da ridere. Al suo interno è custodita una icona della Madonna. Secondo la tradizione, mentre Santa Galla accudiva i malati di peste, il portico fu illuminato da una luce intensa. Accorso, Papa Giovanni I chiese a Dio il perché di tale prodigio e in risposta apparvero due serafini che posero nelle mani del pontefice l’icona della beata Vergine Maria con la quale, successivamente, benedì la città. Immediatamente la peste scomparve. Non so se la vicenda di Castel Sant’Angelo vi sia collegata in qualche modo. Sempre dinnanzi alla stessa icona i romani si raccolsero in preghiera a causa del terremoto nel 1703. L’Urbe, per intercessione di Maria, rimase miracolosamente illesa. Noi romani siamo tutti un po’ chierichetti e abbiamo un buon rapporto col Cielo.
Sempre in zona, seguendo il film, si svolse l’accoltellamento di Filippo Spada. A due passi, infatti, c’è l’Isola Tiberina. È una stranezza fluviale ma l’isolotto c’è ed è unito alle sponde con due ponti; uno di questi si chiama Ponte Fabricio. Voglio raccontarvi un aneddoto su questo ponte e che riguarda Sisto V. Il Papa regnò per cinque anni e fece costruire cinque strade, cinque ponti, cinque fontane e lasciò un’eredità di cinque milioni di scudi d’oro. Durante il suo pontificato ordinò che il Ponte Fabricio venisse ristrutturato e incaricò quattro famosi architetti i quali altro non fecero che litigare tra loro per tutto il tempo. Terminato il restauro il papa si congratulò con loro, ma date le voci sulla gravità dei litigi occorsi, ordinò che fossero decapitati sul ponte stesso. Siccome, però, avevano fatto un bel lavoro, il pontefice decise di erigere un monumento che rappresentava le loro quattro teste unite in un unico blocco di pietra. Da allora i romani soprannominarono il collegamento con la sponda del Tevere “ponte quattro capi”: In realtà le quattro teste sono i pilastrini inseriti nelle spallette del ponte, che rappresentano Giano.
Attraversato il ponte siamo in Piazza San Bartolomeo all’isola (si chiama così). Il luogo è suggestivo, specie di sera e al centro della piazza, eccolo là, il monumento dove i carbonari Targhini e Montanari, nella finzione scenica, diedero giù di coltello a Filippo Spada. Vicino al monumento la chiesa (che poi è una basilica minore) che dà il nome alla Piazza. Un po’ di storia? Appena appena… . Tanto per cominciare sorge sulle rovine di quello che fu il Tempio di Esculapio, il dio della medicina, sulle quali fu eretta nel X secolo. Ha subito rimaneggiamenti su rimaneggiamenti ma a Roma è soprattutto nota perché fu sede della “Confraternita dei Devoti di Gesù al Calvario e di Maria SS. Addolorata” che i romani con la loro solita ironia soprannominarono “dei Sacconi Rossi” per l’abito che indossavano durante le processioni. Cosa faceva la confraternita? Si incaricava di raccogliere i cadaveri abbandonati e in particolare quelli degli annegati nel Tevere, seppellendoli in un cimitero sotto all’oratorio. Con raro gusto macabro le ossa venivano disposte, in maniera decorativa, in una cripta ancora oggi esistente, nel cosiddetto “Lazzaretto Brutto”. Il giorno dei morti di ogni anno, ancora oggi, ha luogo una processione notturna in memoria degli annegati, alla quale partecipano, in costume, i membri della Confraternita tuttora esistente.
Per la statua di Pasquino ci sono problemi. Se volete andarla a vedere è in Piazza Pasquino ma se volete recarvi sul posto originale dove era collocata e location del film, allora dovete andare in Piazza Capizzucchi vicino all’Isola Tiberina, luogo dove, tra l’altro è stata collocata la bottega del Conte Tacchia, il film con Montesano. La piazza mantiene intatto il fascino dei tempi passati. Situata alle spalle di piazza Campitelli, prende il nome da Palazzo Capizzucchi. Una particolarità? Il murales realizzato da TvBoy intitolato “Le tre grazie” che raffigura Zingaretti, Conte e Di Maio nella stessa posa della omonima scultura di Canova. Il Cupido in alto a sinistra è Renzi!
Siamo quasi all’epilogo, Cornacchia e Giuditta arrivano a Piazza del Popolo dove, davanti alla chiesa, si erge il patibolo sul quale saranno giustiziati Targhini e Montanari. La piazza, dando le spalle agli archi è contenuta in un magnifico abbraccio di marmo costruito dal Valadier (il figlio di quel Valadier che realizzò il campanone di San Pietro). Al centro l’obelisco egiziano fatto scolpire nel 1300 a.C. dal Faraone Seti I e completato dal figlio Ramesse II. Chi lo piazzò li? Naturalmente Sisto V! Davanti a noi le chiese gemelle del ‘600: Santa Maria in Montesanto, la famosa ”chiesa degli artisti”, e Santa Maria dei Miracoli. Le due chiese separano tre vie, il così detto “Tridente”: Via di Ripetta, Via del Babbuino e Via del Corso tutte e tre affluenti in Piazza del Popolo. Alle nostre spalle c’è la chiesa di Santa Maria del Popolo, quella del film. Dovete sapere che Nerone dopo essere stato dichiarato nemico pubblico, fuggi da Roma. e si suicidò con l’aiuto del suo segretario proprio dove sorge Piazza del Popolo. Fu sepolto sotto un noce luogo che divenne meta di riti satanici. Papa Pasquale II decise di far interrompere ‘sto via-vai anticristiano per cui fece tagliare il noce che fece bruciare assieme ai resti mortali dell’imperatore. Le ceneri furono disperse nel Tevere.
Dove era stato sepolto Nerone fu costruita una cappella consacrata alla Vergine e successivamente, nel 1472, fu sostituita dall’attuale Basilica di Santa Maria del Popolo. Nella chiesa sono conservate alcune “bazzecole”: nella Cappella Cerasi la Crocifissione di San Pietro e la Conversione di San Paolo, opere di Caravaggio; la pala d’altare raffigurante l’Assunzione della Vergine di Annibale Carracci e la Cappella Della Rovere, realizzata dall’architetto Andrea Bregno e decorata con magnifici affreschi attribuiti a Pinturicchio e alla sua bottega. Per chi lo volesse sapere, Piazza del popolo assume il suo nome da un boschetto di pioppi (populus) che si trovava nei pressi della chiesa. Dimenticavo… di fronte a Santa Maria del Popolo c’è una targa che ricorda l’esecuzione dei due carbonari Angelo Targhini e Leonida Montanari,“rei di lesa maestà e ferite con pericolo”. Quando uscì il film c’era la corsa per andare a vederla!
Lasciata Piazza del Popolo, Manfredi (Cornacchia) rivela a Claudia Cardinale (Giuditta) di essere Pasquino. Si trovano in Piazza Trilussa vicino alla Fontana di Ponte Sisto soprannominata “fontanone dei cento preti” (a Roma tutto ha un soprannome). Perché si chiamava così? Papa Sisto V aveva edificato un complesso comprendente un ospizio ed un ospedale per poveri, proprio allo sbocco di Ponte Sisto, in linea retta con il punto terminale dell’acquedotto dell’Acqua Paola appena terminato. Fu prolungato il condotto principale fino a fargli attraversare il Tevere appoggiandolo sul ponte e raggiungendo il complesso ospedaliero, allora denominato “Ospizio dei Cento Frati”. Per costruirla furono chiamati Giovanni Vasanzio per la parte architetturale e Giovanni Fontana per quella idraulica. L’intervento di Fontana fu indispensabile: l’acqua non aveva pressione sufficiente per sgorgare nella conca e ci voleva un tecnico talentuoso come lui per risolvere il problema. Posto rimedio alla cosa, la fontana fu edificata. Nel 1898 fu spostata e ricostruita all’altra estremità del ponte, nella piazza dove attualmente si trova: lo spostamento fu talmente preciso da ricostruire anche il problema a cui aveva posto mano, risolvendolo, Giovanni Fontana e che tutt’ora affligge l’opera. Continuiamo col film.
Cornacchia decide di salvare Montanari e si reca dal monsignor Rivarola (Tognazzi) per barattare l’identità di Pasquino (lui) con la salvezza dei condannati. Il portico dove si svolge la scena è la Loggia dei cavalieri di Rodi a Roma. Si trova in Piazza del Grillo al civico 1 e si può visitare a pagamento. Nel 1466 papa Paolo II affidò al nipote cardinale Marco Barbo l’amministrazione del priorato dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme, che occupavano la chiesa e il monastero dei monaci basiliani edificati sopra il Tempio di Marte Ultore. Il cardinale Barbo provvide al restauro di tutto. Chi visita il posto, attraversati il salone d’onore con le bandiere dell’ordine, l’arengario per i discorsi e la sala della loggetta, arriva all’attico dei portici del Foro di Augusto. Attraversate alcune sale con antichi soffitti in legno, sculture e dipinti di varie epoche, accede alla loggia a otto arcate affacciata sui Fori, quella del film per intenderci. Dal 1946 la Casa è concessa in uso al Sovrano Militare Ordine di Malta. Anche un questo caso, se visitate Roma fateci un salto, anzi vi dirò di più: fatevi una passeggiata per Via Nazionale in direzione Piazza Venezia (è in discesa), a sinistra troverete via di San Lorenzo in Panisperna dove Enrico Fermi guidava il gruppo dei fisici conosciuto come “I ragazzi di via Panisperna”: Amaldi, Segre, Rasetti, Pontecorvo. Proseguendo c’è la salita del Grillo e alla fine il palazzo dell’omonimo Marchese quindi Piazza del Grillo meta della passeggiata.
Termina il film: Cornacchia lasciate le consegne a Pippo Franco (Paolo Bellachioma) dopo essere stato scoperto essere Pasquino, decide di prendere l’abito talare e di fare “la serpe in seno”. Si reca, quindi, in un monastero e bussa alla porta per chiedere “pace e minestra”. Alla risposta “è arrivato un altro frate, brodo lungo e seguitate” termina la pellicola. Dove si trova quest’ultima location? È il convento di Sant’Onofrio in Piazza di Sant’Onofrio 2. Se visitate il Gianicolo dategli una occhiata. Bello il chiostro e bello il piccolo museo dedicato a Torquato Tasso, realizzato nelle stanze dove il poeta passò gli ultimi mesi della sua vita: morì in una delle celle del convento il 25 aprile 1595.
Il museo conserva manoscritti, antiche edizioni delle sue opere, la maschera funebre e la pietra tombale che sovrastava l’originaria sepoltura del poeta prima della costruzione del monumento. Una vicenda lega il nome del Tasso alla campana più piccola del campanile: si narra che questa accompagnò i suoi ultimi istanti di vita, suonando fino alla sua morte. Quando i garibaldini requisirono alcune campane per farne dei cannoni si presentarono nella chiesa di S. Onofrio ma il superiore del convento li supplicò di non distruggere la campana legata alla memoria del poeta. A questo punto pare che Garibaldi avesse detto: “Le campane che suonarono l’agonia del Tasso sono sacre: siano rispettate!“.
Finisce qui la mia narrazione dei luoghi che hanno visto realizzarsi il film: “Nell’Anno del Signore”. Magari quando si potrà e lo vorrete, fatevi un giro per la Città Eterna in un tour alternativo usando questo mio articolo come una piccola guida. Un saluto da un metro e mezzo.