Occulto a Roma. Ovvero l’altra faccia, segreta e misteriosa, della Città Eterna
Roma è una città strana, dove la cultura la vorrebbe far da padrona, ma non ci riesce sbattendo il muso continuamente contro chi, in secoli di amministrazione, ha anteposto gli interessi di bandiera a quelli della città con risultati talmente eclatanti da rendere incomprensibile come tanta arte non sia mai stata protetta e sfruttata adeguatamente.
Alla Roma culturale fa da contraltare una seconda Urbe: quella esoterica, un po’ inquietante ma altrettanto affascinante. D’altro canto Roma è città di miti, la sua stessa nascita si ammanta dei fumi della leggenda: nasce da Romolo e Remo e vuole discendere nientemeno che da Troia. Romolo e Remo stessi si affidarono al volo degli uccelli durante la fondazione della Città Eterna. Poteva, quindi, mancare la magia a corredo della storia capitolina?
Cominciamo da un curioso rudere che sorge nel così detto quartiere africano, vicino a viale Libia: La sedia del Diavolo. E’ una grossa costruzione i cui resti ricordano vagamente la forma di un trono. In realtà si presuppone sia il resto della tomba di un liberto dell’imperatore Adriano, Elio Callistio. Nel posto, una volta immerso nella campagna romana, trovavano ricetto notturno poveri e pastori i quali accendevano, all’interno della struttura, i loro focherelli per scaldarsi. I bagliori rossastri di questi, la notte, illuminavano sinistramente la tomba che prese il nome di “Sedia del Diavolo”. Col passare dei secoli. però, molti fatti strani, dicerie e leggende si affastellarono attorno al rudere. Intanto la costruzione offre le spalle irriguardosamente a San Pietro, cosa che, nella Roma Papale la avvicina ad una opera demoniaca. Nel Medioevo, alcuni lo consideravano una sorta di luogo sacro ove recarsi per richiedere guarigioni e miracoli.
Narra la leggenda che su una delle pareti della Sedia, incisa sui mattoni, sarebbe impressa la parola Kabala. L’avrebbe scritta l’alchimista Zum Thurm: chiunque avesse battuto tre volte il pugno contro la scritta, recitando la formula “voglio cambiare la storia“, avrebbe ottenuto un cambiamento sostanziale della sua vita. Nell’Ottocento, inoltre, un pastore, tale Giovanni, si avvicinò alla sedia acquistando il potere di guarire le persone; lui stesso preparò una medicina con della polvere raschiata dal rudere, con la quale guarì una ragazza dalla dissenteria. Recentemente è stato rinvenuto, ad opera di Romolo Boni, attorno al resto archeologico, un giacimento preistorico antico di oltre 200.000 anni. Siccome il popolo romano è ricco di contraddizioni, in questi anni la Sedia del Diavolo, luogo legato alla figura di Lucifero, accoglie un Presepe Natalizio: proprio vero: nella Capitale può succedere di tutto!
E veniamo ad una delle piazze più importanti della Capitale, spesso citata nei telegiornali: Piazza del Popolo. Proprio in questo luogo, sul colle degli ortuli, c’era la Tomba maledetta di Nerone. Siccome il mondo satanista si recava ad omaggiare il defunto, la tomba fu smantellata e sul posto eretta la chiesa di S. Maria del Popolo. Chiesa o meno,la vera tomba dell’Imperatore era qui. Alla sua sepoltura fu piantato un noce proprio sulla terra che copriva la tomba. Secondo la leggenda pare che i demoni scegliessero quel posto come loro ritrovo abituale. In seguito anche le celebri streghe di Roma decisero di tenere le loro riunioni in quel luogo. Papa Pasquale II, nel 1099, ( che faremmo senza papi a Roma?) dopo aver sognato la Madonna, disperse le ceneri del defunto imperatore nel Tevere, buttò giù il noce e vi edificò la chiesa di cui sopra. L’altare maggiore ancora oggi si trova proprio nel punto in cui vi era il noce diabolico. A dirla tutta la piazza continuò ad essere lugubremente sinistra: ospitò per anni il patibolo per le esecuzioni capitali e i sacerdoti che si occupavano dei morituri erano proprio quelli della chiesa di Santa Maria del Popolo. Una piazza sfortunata che ha avuto la ventura di essere luogo di morti e dannati…
Nella nostra breve dissertazione poteva mancare il Quartiere Coppedè? Ma anche no. prende il nome dal suo architetto Gino Coppedè ed è un posto che pare trasportarci quasi in un piccolo mondo a sé. Si narra che l’architetto fosse un massone e che, di conseguenza, abbia ornato gli edifici con simboli esoterici. Si accede al quartiere passando sotto un arco con appeso al suo culmine un lampadario, ad indicare l’inizio di un viaggio iniziatico. Curiosamente i massoni sono soprannominati figli della luce intendendola come luce della conoscenza. Sull’arco una coppa che richiama quella del Santo Graal, mentre le coppie di colonne rimandano al Tempio di Salomone (colonne presenti nei templi massonici) e numerose torrette ispirate alla Torre di Babele.
Un simbolo sicuramente esoterico è la Porta alchemica a Piazza Vittorio, una volta immersa tra i banchi dei pescivendoli del celebre mercato che qui ha risieduto per anninte. In questo posto, nel Seicento, sorgeva Villa Colombara del marchese Massimiliano Savelli di Palombara, uomo appassionato di occultismo che sulle cinque porte (ormai inesistenti) della villa e sui muri, avrebbe fatto scrivere la ricetta per trasformare il piombo in oro (la pietra filosofale). Si narra che l’alchimista Francesco Giuseppe Borri, fu suo ospite per una notte. Al mattino lo videro scomparire per sempre attraverso quella porta. Nell’Ottocento la villa fu distrutta, ma l’unica cosa rimasta intatta fu proprio la porta del laboratorio, ancora in piedi tra due statue del dio egizio Bes dove il marchese fece incidere le formule alchemiche del Borri. le rappresentazioni di questa divinità, in genere caratterizzata dalle fattezze di un nano deforme, si credeva fossero dotate di capacità divinatorie. Ma ecco la delusione: le due statue non si trovavano nella villa dei Palombara, ma sono di epoca molto più antica e furono ritrovate durante alcuni scavi nei pressi della Stazione Termini. Sapete perché sono lì? Perchè semplicemente sembrava un posto adeguato ad esse. A Roma siam fatti così… Vogliamo vedere cosa è inciso sulla porta? Magari qualcuno riesce ad interpretarne il significato… . La cornice bianca presenta simboli alchemici tra i quali: un doppio triangolo a forma di stella di re Salomone a sei punte, con sovrapposto un cerchio sormontato da una croce; nella parte alta dello stipite la scritta ebraica “Spirito Divino”, che sovrasta un riferimento mitologico a Giasone e alla sua ricerca del Vello D’oro, identificato dagli alchimisti con la pietra filosofale; seguono i simboli dei pianeti. Sul gradino della porta la scritta palindroma “si sedes non is” che letta da destra verso sinistra significa “se non ti siedi procedi”, mentre letta al contrario: “se ti siedi non procedi”: la porta magica, infatti, rappresentava la soglia che gli alchimisti dovevano oltrepassare per accedere ad un livello più alto di conoscenza e di purezza dell’anima.
Avete voglia di un caffè e vi trovate nei pressi del Panteon? Andate in via Sant’Eustachio che, cosa strana, i romani chiamano “piazza” ed è considerata la Piazzetta Esoterica di Roma. Il posto è insolitamente tranquillo e deve la sua nomea al fatto che qui visse un celebre alchimista o negromante, il cui fantasma pare aleggiare ancora nella via. Chi dice che questo personaggio fosse nientemeno che Cagliostro, chi, invece Francesco Giustiniano Bono, falso nome del Marchese Giuseppe Francesco Borri, che aiutò Massimiliano Palombara a costruire la Porta Alchemica precedentemente citata. In ultimo voglio fare cenno ad una maledizione: se vi trovate a Piazza Navona e siete con la vostra fidanzata non girate mai in senso antiorario intorno alla Fontana dei Quattro Fiumi. Se, invece, lo farete, vi separerete entro sei giorni a causa di un’anatema scagliato da una strega proprio qui e che nell’Urbe è noto come la maledizione degli amanti. Insomma, se volete tenervi stretto il vostro amore, girate sempre in senso orario intorno alla fontana!
Queste alcune delle storie esoteriche che ammantano la Capitale. Lasciatemelo dire: se una maledizione ancora campeggia nei cieli dell’Urbe è quella del sindaco. Di qualsiasi parte esso sia, mai ne è stato trovato uno degno di questa povera e bellissima Capitale. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.