Omeopatia. Informazione, pregiudizi e tabù nonostante 250 anni di storia
Secondo incontro con il dottor Stefano Manera, medico e omeopata
TERAMO – Dedichiamo ancora spazio all’omeopatia con i dottori Manera e D’Arpa. L’orizzonte medico scientifico per la comprensione del tema non sembra essere dei migliori. Le nuove acquisizioni della Scienza hanno sempre richiesto, e sempre richiederanno la capacità di mettersi in discussione, creando dei momenti di sano dibattito, cosa che si stenta sempre più a vedere. Ecco che in questo orizzonte culturale nasce, passateci il termine, che non vuole essere offensivo, ma semplicemente mettere in luce la decultura esistente che viene “favorita”, “l’analfabeta omeopatico”. Colui che non conosce l’omeopatia non sa di essere calato in un paradigma di “riduzionismo meccanicistico”, non conoscendo altre teorie, che con differenti dissertazioni propongono sistemi di cura basati su studi “antagonisti”. L’ “analfabeta omeopatico”, vuole semplicemente una pillola per il mal di stomaco, o per un banale mal di testa, non discorsi sopraffini sull’approccio materialistico (siamo fatti esclusivamente di materia e solo quella è suscettibile di indagine scientifica) o su cosa sia l’olismo (teoria biologica secondo la quale l’organismo può essere considerato solo nella sua totalità e completezza e non come somma di tante parti irrelate). Da questo punto di vista l’omeopatia è una medicina olistica. In tutto ciò il cachet per il mal di testa che fine ha fatto? Ed ecco che, “opportunamente”, lo star system informativo lo fornisce, gratis, con l’aggiunta di messaggi subliminali che degradano alcuni saperi, dimenticando spesso e volentieri anche la storia. Ed ecco che la Scienza dogmatica dal pensiero unico e indiscutibile é servita su un piatto d’argento, favorendo l’addormentamento delle menti, per il “bene” di tutti. Sorge dunque spontanea una domanda. A chi giova questo “analfabetismo” , o non cultura , che dir si voglia? Ma ora rivolgiamo alcune domande ai nostri medici.
E24: Possiamo affermare, dottor Manera che la sperimentazione hahnemanniana di due secoli fa rappresenta a giusto titolo le fondamenta degli odierni trial clinici, difatti i moderni studi clinici randomizzati hanno avuto la loro prima “rudimentale” applicazione nell’immenso lavoro del grande Hahnemann ?
Dottor Manera: «Il dott. Samuel Hahnemann è stato il primo vero grande sperimentatore in medicina. Prima di lui nessun altro medico condusse una sperimentazione circa l’effetto dei rimedi sui pazienti. Quando Hahnemann iniziò i suoi studi di omeopatia e soprattutto le sue prime sperimentazioni, la medicina era ancora estremamente empirica e speculativa, nessuno si periziava di andare a verificare perché un tal fenomeno accadeva o perché una tale sostanza avesse o non avesse virtù terapeutiche. Come dai tempi più antichi, la fonte del sapere erano ancora i testi classici (Avicenna, Aristotele, etc.) in cui erano contenute informazioni e pareri che per secoli nessuno aveva sottoposto a confutazione o critica. Hahnemann, non si accontentava di ciò che si credeva fossero le virtù delle sostanze medicamentose, egli voleva verificarle. Nei suoi primi scritti in cui presenta il nuovo metodo curativo, egli afferma la necessità di rifarsi il meno possibile al caso quando si prescrive una sostanza: “per approfondire gli effetti dei medicamenti, per adattarli alle malattie, si dovrebbe riferirsi il meno possibile al caso, ma al contrario, procedere sempre razionalmente (…) non ci resta quindi altro che sperimentare sull’organismo umano i medicamenti di cui si vuol conoscere la potenza medicinale.”. Cinquanta anni più tardi, Claude Bernard riprende il metodo sperimentale e, seguendo un modello diverso di quello di Hahnemann, apre la via alla medicina moderna. Gli omeopati adottarono per primi nel 1843 la procedura sperimentale in cieco, cosa che la medicina fece solo a partire dagli anni 20. La prima sperimentazione di Hahanemann fu fatta con la China, dopo ci fu una lunga serie di prove con altre sostanze (da lui chiamate prufung o proving in inglese). È probabile che l’intuizione che lo portò all’impiego delle basse diluizioni scaturì dalle sue nozioni di alchimia, basate sugli studi di Paracelso (1493-1541) sulla “quinta essenza”. La grossolanità della corporeità deve cessare affinché la quinta essenza si manifesti. Un altro motivo che indusse Hahnemann all’uso delle dosi attenuate fu anche la ricerca di dosaggi che evitassero l’effetto tossico delle sostanze impiegate. Hahnemann si accorse che sottoponendo le sostanze al procedimento della diluizione e succussione, queste non solo perdevano le proprietà proprie della loro natura ponderale, ma sviluppavano nuove virtù terapeutiche. I risultati dei proving fornivano sintomi e segni che costituivano la patogenesi del rimedio. Le patogenesi furono infine raccolte nella Materia Medica, cioè un elenco delle patogenesi di tutti i rimedi omeopatici. Il Repertorio omeopatico invece è un testo che raggruppa i diversi sintomi (mentali, fisici e generali) del paziente ed è uno strumento indispensabile per ogni Omeopata per poter giungere alla diagnosi di rimedio per quel paziente».
E24: Sovente si sente parlare di farmacoresistenza, di antibiotico resistenza anche in tenera età, di patologia iatrogena, ecco, è impensabile ottenere un risultato diverso continuando ad adoperare gli stessi sistemi. Bisognerebbe, forse, educare la popolazione al corretto e oculato uso dei farmaci, specie nei bambini? Una sorta di educazione sanitaria partendo dalle basi. Ma come realizzarla praticamente, in un orizzonte medico scientifico che a volte sembra mancare di curiosità e voglia di affrancarsi da dogmi, che poco hanno a che fare con la Scienza e la Ricerca. In una simile quadratura risulta difficile per il paziente giungere a scelte realmente consapevoli. Cosa ne pensano i dottori Manera /D’Arpa?
Dottor Manera: «Questo è il tempo di rivedere il paradigma della medicina ufficiale e riduzionistica, per un ritorno alla visione del paziente nella sua complessità. Un uomo è costituito da corpo, mente, spirito e mistero. Queste 4 componenti sono indissolubili e non possiamo pensare di curarne una tralasciando le altre. La medicina ci sta insegnando che la lotta al batterio o al virus è perduta in partenza e che l’uomo deve necessariamente essere reinserito in una visione di rete e di sistema e non di competitore. La situazione attuale ci sta anche insegnando che è l’uomo stesso che può diventare virus nei confronti della Natura e che questo modo di pensare non è più accettabile, sempre che l’uomo non voglia scomparire a breve da Gaia, il meraviglioso pianeta Terra».
Dottor D’Arpa:« In Italia abbiamo molti bravissimi medici. Ma se questi medici non hanno studiato l’Omeopatia, né all’università né in un corso post-laurea, finisce che la maggior parte di loro pensa di saperne qualcosa soltanto, come tutti, in base a ciò che ascoltano alla televisione. Le testate mediatiche si comportano in modo irresponsabile allontanando di fatto le persone da cure che potenzialmente sarebbero loro di giovamento. Quando si parla pubblicamente di questo argomento, a farlo dovrebbe essere una persona effettivamente competente in materia ed in un contesto di vera informazione sanitaria. Mi permetto di dire che nei media principali ciò non viene mai fatto. Per questo parlo di irresponsabilità. Certo che un medico con competenza aggiuntiva in omeopatia sa adoperare in modo oculato gli antibiotici. Ma un medico che non abbia questa competenza aggiuntiva cosa dovrebbe fare? È inevitabile l’abuso e la antibiotico-resistenza. Riguardo gli antibiotici, lo stesso discorso vale anche per i veterinari con competenza aggiuntiva in omeopatia».
Nel ringraziare i dottori che ci hanno regalato pillole del loro sapere, possiamo affermare, pacatamente, che i mass media, in generale, stentano a pubblicare o mandare in onda informazioni oggettive e scevre da pregiudizi sull’omeopatia e sulla validità di questo metodo terapeutico, nonostante abbia sulle spalle 250 anni di professione clinica.