«Ospedale di Avezzano, Caro direttore ti scrivo…»

Ospedale Avezzano

Il racconto del nostro Reno Giovagnorio da degente del nosocomio dimenticato da Asl1 e Istituzioni

AVEZZANO – La testimonianza diretta, asciutta, impietosa, del nostro prezioso ed esperto redattore Reno Giovagnorio sullo stato dell’Ospedale di Avezzano.

il Nostro Reno Giovagnorio

«Caro direttore Pierluigi Palladini, ti racconto in breve, non nella veste di impertinente cronista, le avventure ospedaliere vissute in prima persona nel breve volgere di cinque mesi.

Tre interventi chirurgici, cose serie, andati fino a questo momento a buon fine grazie alla perizia e alle capacità professionali di due “MEDICI”. Per essi, l’uso della maiuscola si impone.

Sono in due, ma fanno per quattro. Come se avessero il dono dell’ubiquità. Stanno dappertutto. Mattino, pomeriggio e notte in reparto, turni massacranti, abili nel risolvere casi difficili e, spesso, abbastanza complicati. Posso affermare queste espressioni da cliente ormai “fidelizzato” del reparto di urologia.

Qui, appunto, operano i due specialisti che rispondono ai nomi di Pierluigi Leone e Massimo Calabrese. Calmo ed empatico il primo, un vulcano che sprigiona energia il secondo.  

Un reparto straordinario dove trionfano le competenze e l’esperienza di Emilio ed Enzo, i modi affabili e rassicuranti della caposala Maria Salustri, degli infermieri e infermiere Pasquale, Sandra, Maria, Beatrice, Teresa, Paola e Giuseppina; il duro lavoro delle operatrici e operatori socio-sanitari condito dall’allegria di Karola, Federica, Paolo, Maria Antonietta, Enza e Mirko. E fin qui le note positive.

Ma il quaderno delle lagnanze, il cosiddetto “cahieu de doleance”, non può che riguardare gli scempi, l’indolenza, l’incapacità gestionale della struttura ospedaliera. Come dire: cambia il maestro, ma la musica è sempre la stessa. Roboanti dichiarazioni e sontuosi comunicati stampa, non servono e non ci crede più nessuno.

Please! Meno chiacchiere, più fatti. Tutto è rimasto come cinque mesi fa.

Personale insufficiente e massacrato da turni insostenibili;

Le porte dei “cessi” (due per soddisfare i bisogni di uomini e donne, un qualcosa che offende la dignità umana) erano spaccate nel mese di agosto e sono ancora spaccate e sgangherate a tutt’oggi;

Il cosiddetto antibagno con tre lavandini è deputato al ricovero di rifiuti organici e sanitari, carta, plastica e indifferenziato: si trovava così nel mese di agosto e così è rimasto. Uno schifo insopportabile.

Ed ancora, questa è bella, mancano da tempo e dappertutto, le sacche di raccolta delle urine.

Il paziente, davvero “paziente”, benché armato di catetere, aghi ed altro, è costretto a scaricare nei due angusti locali dei “cessi” le urine raccolte.

La civiltà, il rispetto della dignità umana, non albergano qui.

Viene spontaneo chiedersi: a cosa serve tanta pletora di dirigenti, vice-dirigenti, responsabili degli uffici tecnici interni se nessuno si degna di fare un giro di controllo nei vari settori ospedalieri?

E la politica che fa? Nulla. Assolutamente nulla. Non interviene. Blatera senza rendersi conto della propria incapacità!  

Con tutti i guai che ci ritroviamo tra i piedi, aggravati dallo stato pandemico e con tutti i miliardi stanziati nella sanità pubblica, si cura solo di distribuire “marchette” a destra (e non a manca) al solo scopo di conservare la poltrona per la prossima tornata elettorale».

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