Preziosa lezione di libertà e di diritti negati per gli studenti marsicani al Teatro dei Marsi con il racconto del dramma delle donne e dei giovani afghani e iraniani
AVEZZANO – La libertà è fragile e i diritti sono cristalli talmente delicati da rompersi in un attimo.
Questo è stato il concetto di fondo dell’incontro che si tenuto questa mattina al Teatro dei Marsi sul tema “Libertà Velata”, organizzato dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Avezzano, presieduta dalla consigliera comunale Concetta Balsorio.
In platea, occupata in ogni ordine di posto, gli studenti degli ultimi due anni delle scuole superiori di Avezzano e della Marsica che hanno probabilmente assistito ad una delle lezioni più interessanti e preziose della loro vita.
A lezione di libertà e diritti, come ha voluto sottolineare il Vice Sindaco di Avezzano, Domenico Di Berardino, che ha partecipato all’evento insieme alle Vice Presidenti della stessa Commissione, Antonietta Dominici e Lorenza Panei, all’assessore Maria Teresa Colizza, al Presidente del Consiglio Comunale, Fabrizio Ridolfi e alla consigliera comunale Alessandra Cerone.
Libertà e diritti che, quindi, non sono mai acquisiti e vanno difesi e sostenuti ogni giorno.
Protagoniste dell’incontro, che è stato condotto magistralmente dalla giornalista e componente della Commissione Pari Opportunità, Roberta Maiolini, le giornaliste d’inchiesta Barbara Schiavulli e Tiziana Ciavardini, Flavia Marini della Ong “Nove Onlus” e la rifugiata afghana Madina che ha portato la sua drammatica esperienza di donna perseguitata dal regime talebano che, in sole 24 ore, dopo la presa del potere, ha tolto alle donne ogni diritto e ogni possibilità di vita.
Diritti, libertà e possibilità, è stato ribadito più volte nel corso dell’incontro che, solo fino a 24 ore prima, erano previsti e vigenti, ma che il fulmineo volgere della situazione in Afghanistan ha cancellato, riportando quel paese, le donne, i giovani, gli intellettuali e gli artisti a decenni prima, in una condizione di paura e persecuzione.
Una situazione che si replica, quasi a fotocopia, in Iran con il regime islamico che priva le donne dei più elementari diritti di base, esponendole alla violenza, all’impossibilità di realizzarsi e di autodeterminare la propria vita.
Le testimonianze delle due giornaliste, di Madina e della rappresentante della Ong Nove infatti, hanno fatto toccare con mano agli studenti marsicani presenti, la realtà degli arresti per motivi politici e per reati di opinione, di condanne a morte e di uccisioni perché il velo non era messo correttamente o per aver partecipato ad eventi e manifestazioni pubbliche.
«Queste sono cose che qui sono scontate – hanno esposto in modo diverso le relatrici -, ma che in Iran e Afghanistan sono vietate al punto che si rischia la vita o, nella migliore delle ipotesi, il carcere per poi sparire nel nulla, come le centinaia di detenuti nelle carceri di quei due Paesi, soggetti a violenze e soprusi di ogni genere».
I ragazzi hanno poi potuto porre alcune domande alle protagoniste dell’incontro. Tra queste, due su tutte è giusto riportarle e, soprattutto, riportare le risposte.
Una ragazza ha chiesto come avessero preso, loro afghani, l’abbandono del campo da parte degli americani e dell’Occidente.
Un ragazzo, invece, ha chiesto di poter conoscere qualche storia che avesse maggiormente colpito loro come giornaliste e operatrici sul campo.
Alla prima domanda, le giornaliste hanno chiarito: «Le guerre si fanno sempre per interessi, vedi giacimenti di materie prime o di beni preziosi come il lito o i diamanti. Quando l’interesse non è più soddisfatto – hanno detto – non si ha più convenienza a portare avanti guerre costosissime, e si abbandona il campo.
Questo è quello che è accaduto in Afghanistan, ricco di materie prime. Quando il Presidente Usa Trump si è reso conto che era impossibile vincere, e che non avrebbe saputo come giustificare ancora la presenza dei ragazzi americani in Afghanistan, ha ritirato le truppe, insieme agli altri paesi, lasciando precipitare il Paese nell’incubo di oggi.
I talebani, tra l’altro, non esistevano, sono stati creati dall’Occidente ad arte per combattere i russi, ai tempi dell’Unione Sovietica, nella guerra degli anni ’70. Ora sono diventati il nemico».
Particolarmente commovente e struggente la storia di Akela, al tempo bambina di 12 anni, costretta, come tantissime altre bambine, a sposare un uomo molto più grande di lei, 35 anni, e che a 13 era già madre del primo figlio.
Insieme alla maternità, però, Akela conosce la violenza del marito, le percosse brutali e la pesantezza di un’esistenza senza diritti. Col nuovo governo, dopo l’arrivo degli eserciti occidentali e la cacciata dei Talebani, le cose cambiano.
Tanto è vero che il marito di Akela, che aveva anche ucciso suo padre e suo fratello, scappa e poi torna in paese, dove viene condannato all’ergastolo. Akela stessa riesce a compiere un percorso di istruzione e formazione e trovare un lavoro.
La presa del potere da parte dei Talebani comporta il ritorno alla libertà del marito e la paura per Akela che cerca, a quel punto, di sfuggire sia alla violenza dell’uomo che al ritorno nella condizione di inferiorità imposta dai talebani.
Per sua fortuna entra in contatto con la Ong Nove, viene prima nascosta a Kabul e poi, grazie ad un corridoio umanitario, riesce a raggiungere il Pakistan. Da lì, quindi, Akela riuscirà a lasciare l’incubo per arrivare in Italia, a Bari, dove oggi finalmente vive senza paura.
L’incontro, quindi, si è concluso con un invito ai ragazzi, portato anche dalla Presidente Balsorio con le protagoniste dell’incontro, ad accogliere, contattare, uscire insieme ai rifugiati di Afghanistan, Iran, ma anche di altri paesi come Egitto, Etiopia e provenienti da dove i diritti sono negati.
«Entrare in contatto con loro – hanno detto la Balsorio con le giornaliste e la Marini -, ma anche, tramite l’utilizzo dei social, con i giovani che sono rimasti bloccati in quei paesi e in quelle condizioni, significa prendere coscienza di queste realtà e impegnarsi per fare in mondo che il mondo del futuro non veda più regimi spietati e dittatoriali come quelli di Afghanistan e Iran».