Primafila – “Grotesk!” Lo spettacolo di Bruno Maccallini
Lo spettacolo è finito!
La magia creata in scena, tuttavia, tarda a disperdersi come una nebbia sottile che ancora tutto pervade. Le crude immagini finali non si sono ancora spente nella memoria visiva degli spettatori…
“Nella mia Città, – è Bruno Maccallini da sopra al palcoscenico a fine spettacolo – mi fa piacere ringraziare i presenti…Ricordare le due persone con le quali ho cominciato e che non ci sono più: Giuseppe Cristofaro e Carlo Recchia, scomparsi di recente! Vedo anche la mia prima fidanzata tra il pubblico…E poi un grazie al mio mentore Giampiero Nicoli, al collega Lino Guanciale e a Corrado Oddi e a Giovanni Maria De Pratti per l’aiuto ricevuto…E’ difficile portare questo spettacolo nei teatri perché non è uno spettacolo commerciale, però è un tema che, più che attuale, fa riflettere e deve far riflettere anche noi attori per il nostro impegno civile…“
Bruno Maccallini, terminato lo spettacolo, ha il volto più disteso e contento per l’infinita serie di applausi che hanno accompagnato lo spettacolo e, dopo, la sua fine. Il volto è più disteso, ha dismesso la maschera tragicomica di Grotesk, la sua funambolica poliedricità che gli ha consentito di portare in scena una storia difficile, innanzitutto, perché vera in ogni sua parte!
La prima parte dello spettacolo ha offerto una panoramica delle capacità di Bruno Maccallini, un autentico mattatore, che ha saputo coniugare, con espressioni, toni di voce, gestualità e presenza scenica, tutti gli aspetti del Kabarett berlinese in una unica persona.
Così abbiamo intuito alcuni temi brechtiani, ma soprattutto alcune tonalità più tipiche anche di una Marlene Dietrich sottratta agli archivi della memoria.
Presentatore, conferenziere, mago, ballerino, mimo e quant’altro visse in quella stagione degli spettacoli di Weimar, è tornato a vivere in scena nel ruolo che Bruno è riuscito a ritagliare per sé e su di sé e che ha riproposto il suo modo di essere, da sempre, sulla scena, ovvero la capacità di trascinarti col suo sguardo, con la sua mimica facciale e la sua gestualità, il suo muoversi disinvolto sulla scena, direttamente al centro della vicenda narrata.
L’orchestrina sullo sfondo evanescente a tratti, si è sommata alla multimedialità delle immagini proiettate, al racconto della Voce Narrante e alle improvvise apparizioni di Grotesk, anche in mezzo al pubblico che è riuscito, così, a ricreare proprio l’atmosfera del Kabarett, con le sue file di spettatori oppure i tavolini sparsi intorno al palco dove, magari, un Angelo Azzurro intona il racconto delle sue vicende tragicomiche. Ma Grotesk-Maccallini è più di un Angelo Azzurro, è una specie di Angelo del passato che torna a raccontare una storia drammatica che trova nella comicità, talora tirata ed intellettuale del Kabarett, la maniera unica per far scaturire una risata che neghi il motto nazista “Arbeit macht frei“, sostituendolo con il più poetico “ridere rende liberi“.
Un accenno di piedi e di bastoncino, in una immagine, fa intuire la caricatura del mostro che appare nelle adunate di Norimberga, proprio mentre Grotesk fissa la dimensione della sua azione, ovvero raccontare l’assurda vicenda di chi trovò una uscita di sicurezza dall’orrore che avrebbe sconvolto il mondo.
Lo spettacolo ha mostrato un Bruno Maccallini, attento, scrupoloso, ma soprattutto spontaneo e vero nella sua interpretazione che ha lasciato l’idea di essere stati davvero per un’ora e poco più entro un Kabarett di una Berlino forse mai veramente esistita…
Un grazie a Bruno per le emozioni che abbiamo vissuto in questa serata!