Profanata la tomba di Alfredino Rampi: 11 svastiche sporcano la lapide al Verano
ROMA – Orrore al cimitero del Verano a Roma: è stata profanata la tomba di Alfredino Rampi, il bimbo di sei anni che morì cadendo in un pozzo a Vermicino il 13 giugno 1981.
Dalle immagini del Tg regionale Lazio che ne ha dato la notizia, si vedono undici svastiche incise sulla lapide.
«Siamo increduli e senza parole».
Così l’associazione Alfredo Rampi, commenta la profanazione della tomba dove riposa il bimbo di 6 anni.
«Si tratta di qualcosa che nessuno di noi avrebbe mai pensato di dover commentare – continua l’associazione all’Ansa -. È forse anche il segno del degrado di questi tempi. Siamo costernati».
La condanna è arrivata unanime anche dalle forze politiche.
Proprio sabato scorso alla Garbatella, è stato inaugurato un murales dedicato ad Alfredino con il quale la Città di Roma ha voluto rendergli omaggio.
I tentativi di salvataggio del piccolo, nella prima e lunghissima diretta tv, tenne incollati milioni di italiani davanti allo schermo.
Una tragedia che portò poi alla creazione del Dipartimento nazionale di Protezione civile, grazie all’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
La Città di Avezzano è legata strettamente alla dramma di Vermicino.
Un allora giovane appassionato di speleologia, nonché tecnico dello storico Cinema Valentino di Avezzano, fu l’ultima speranza per Alfredino.
Donato Caruso, infatti, fu l’ultimo soccorritore a calarsi nel budello di terra per ben due volte.
In una delle due discese riuscì ad arrivare vicino al bambino, ma con esito negativo.
Oggi purtroppo, a fronte di un ricordo doloroso e ancora vivido, ma che fu anche un esempio di solidarietà da parte dei tantissimi accorsi da tutta Italia per portare aiuto, ci troviamo a fare i conti con il rovescio della medaglia dell’animo umano.
Le svastiche, memoria anch’esse di un passato terribile e inenarrabile, hanno sporcato con la loro violenza la tomba di una vittima innocente e pura.
Ma hanno sporcato anche i cuori di tutti coloro che hanno sofferto e pregato in quelle lunghissime ore di attesa.
C’è solo un aggettivo per definire chi si è macchiato di un tale crimine: immondo.