Quell’ebanista abruzzese eroe dell’eccidio delle Fosse Ardeatine commesso dalle SS di Kappler e Priebke
PESCARA – C’è un eroe abruzzese nel terribile eccidio della “Fosse Ardeatine” a Roma. Si tratta di Otello Di Peppe D’Alcide, ebanista abruzzese, di Chieti, a Roma che, quel disgraziato 24 marzo del 1944, fini la sua vita crivellato dalle mitragliatrici degli aguzzini delle SS di Herbert Kappler e di Erich Priebke.
A ricordarcelo è il Segretario nazionale di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo, che racconta la storia del martire abruzzese rievocata nel libero “Un ebanista alle Fosse Ardeatine”.
Questo il racconto di Maurizio Acerbo: «L’Abruzzo e Chieti rendano omaggio alla memoria di Otello Di Peppe D’Alcide, martire delle Fosse Ardeatine. L’editore Roberto Massari mi ha fatto dono di un libro “Un ebanista alle Fosse Ardeatine” che ricostruisce la storia di suo nonno, l’ebanista Otello Di Peppe D’Alcide, assassinato come centinaia di altri martiri nella tragicamente nota strage.
Il libro di Giuseppe Mogavero edito dalla Massari editore ci racconta di questo eroe nato a Chieti nel 1890 in Largo Carbonari e che meriterebbe di essere riscoperto dalle istituzioni e dalla cittadinanza. Così lo descrive l’autore: “un figlio del popolo abruzzese, emigrante, uomo passionale, militante politico, affamato di cultura, magnifico artigiano, disposto a dare la vita per la libertà da ogni forma di oppressione e sfruttamento”.
Nel libro è ricostruita la storia della famiglia a Chieti e l’emigrazione in Dalmazia dove Otello diventò falegname-ebanista per poi trasferirsi a Roma. Militante clandestino del PCI Otello fu individuato su delazione e arrestato dalle SS il primo febbraio 1944 dopo la perquisizione della sua falegnameria. Le SS lo trovarono sorridente al lavoro di artigiano-artista capace di realizzare autentici capolavori. Purtroppo rinvennero una copia dell’Unità clandestina e un manifestino. Fu torturato nella famigerata via Tasso e poi trasferito a Regina Coeli. Alla figlia che lo visitò in carcere sussurrò all’orecchio di dire ai compagni che non aveva tradito. Il tribunale lo aveva condannato a 3 anni e mezzo di detenzione ma finì nelle liste di Kappler e Priebke che ancora oggi vengono onorati dai neonazisti. Sappiamo che raccoglieva viveri per le bande partigiane, nascondeva compagni ricercati e documenti. La memoria del suo eroismo tra chi aveva condiviso la lotta e nel popolo romano era molto viva e infatti nel 1946 gli fu dedicata una lapide nella storica sezione del PCI del quartiere Trionfale a Roma che oggi ospita il PD.
Sarebbe cosa buona e giusta se a 77 anni dal suo sacrificio l’amministrazione comunale di Chieti rendesse omaggio a questo eroico cittadino intitolandogli una via o un luogo della città natale.
Sulla lapide a lui dedicata nel 1946 a Roma si legge:
Di Peppe Otello operaio, cospiratore, patriota
combattente
per l’emancipazione del lavoro
per la libertà del popolo
per l’indipendenza d’Italia.
Sotto il giogo fascista durante l’oppressione straniera
nelle Fosse Ardeatine
davanti al piombo nemico
morì come visse
lottando per il suo ideale.
La storia di chi ha dato la vita per le nostre libertà non va dimenticata». Maurizio Acerbo, Segretario Nazionale di Rifondazione Comunista.