Questa pubblicità che vive sempre nell’immaginario e offende la realtà
La creatività è quella branca lavorativa che comprende gli operatori esperti in comunicazione di una agenzia pubblicitaria e ne ideano le campagne.
Attore principale è il direttore creativo che coordina questo gruppo di persone.
Non vi starò a rompere le scatole con la descrizione di una tal struttura. Vorrei fare una chiacchierata su quanto ci è propinato, oggi, attraverso quelli che si chiamano “spot” spesso diretti da fior di registi cinematografici.
Platone e Aristotele, hanno speculato su come siano nate le idee creative. I Greci credevano che fossero doni degli dei, evidentemente non erano presaghi di quella che sarebbe stata la pubblicistica italiana… .
PUBBLICITÀ IRREALE
Non so voi ma quando vedo taluni filmati propagandistici mi chiedo spesso se le agenzie preposte a questo settore ci ritengano un’accolita di imbecilli.
Fino a dove l’alienazione spinge certi settori creativi nel produrre una comunicazione talvolta offensiva nei confronti delle persone a cui è diretta? Ecco un esempio. Avete mai visto quei filmati dove una famigliola fa colazione, bella, fresca, di prima mattina, attorno a un tavolo pieno di ogni ben di Dio? L’azienda ha come simbolo un mulino che una volta, i proprietari possedevano e che oggi manco hanno più.
La famiglia inesistente e la bimba trascurata
Da quale universo parallelo salta fuori ‘sta gente? Il papà, alla mattina, nel nostro mondo, impastato di sonno e in pigiama, butta giù un caffè e va a vestirsi bestemmiando perché è tardi. La mammina in vestaglia e pigiamone prepara, per i bimbetti, lo spuntino da portare a scuola. Li ha già chiamati ventisette volte ma non vogliono saperne di alzarsi. La povera donna, dopo avere urlato per farli vestire e lavare, (bestemmiando tra sé e sé anche lei) si dedica finalmente alle sue cose. Dovrà truccarsi, pettinarsi, vestirsi decentemente per poi correre al lavoro. Nella realtà nostrana mamma e papà lavorano entrambi e la tavola imbandita all’alba non se la sognano manco a Pasqua!
I creativi vivono in una beata realtà dove tutto è mulino, tutto è campagna. Il cane ti porta a letto ciabatte, giornale e una brioche calda. Non si salvano nemmeno i bimbetti che tornano a casa da soli sotto la pioggia e trovano per strada un gattino che raccolgono. Che poi nella casa del mulino fanno colazione a tavola ma poi abbandonano i figli sotto l’acqua… . La realtà a Roma? La bambinetta porta il gatto a casa e la mamma fa un salto: “Com’è che hai fatto tardi? ‘Ndove l’hai preso quello? Co’ tutte le malattie che girano te lo sei pure messo addosso… e secondo te mo’ ‘ndo lo mettemo? Ariportalo subbito indove l’hai trovato!”.
“STEREOTIPO” PAROLA D’ORDINE
A corollario di tutto, Guido Barilla, presidente dell’azienda di cui gli spot sopra indicati ebbe a dire a Radio 24 nel 2013 “Non farei mai uno spot con una famiglia omosessuale. Non per mancanza di rispetto ma perché non la penso come loro, la nostra è una famiglia classica dove la donna ha un ruolo fondamentale. Abbiamo un concetto differente rispetto alla famiglia gay. Per noi il concetto di famiglia sacrale rimane un valore fondamentale dell’azienda. Va bene, se a loro piace la nostra pasta e la nostra comunicazione la mangiano, altrimenti mangeranno un’altra pasta. Uno non può piacere sempre a tutti”.
Questa è una parte della mentalità “stereotipata” che motiva tante pubblicità. Naturalmente, più tardi, arriveranno le scuse di tutto il mulino… . Che poi il signor Barilla si rivolge a una famiglia che è tradizionale solo nei suoi sogni perché, come abbiamo visto , completamente fuori dalla realtà. Quale considerazione hanno degli Italiani questi geni della comunicazione? Non lo so.
A proposito di stereotipi ma dove la mettiamo quella pessima dimostrazione di cattiveria dove un tizio affetto da prostatite e che nulla ha fatto per meritarsi un accidente simile è colpevolizzato per il suo problema? Il tapino è costretto a tirare su scuse su scuse con la moglie disturbata anziché preoccupata dalle corse coniugali (di notte) al bagno: quanto amore muliebre… .
POVERI BAMBINI!
Anche i bambini, questi poveri nostri virgulti, agiscono in maniera quanto mai curiosa nella alienata fantasia creativa. Una società immobiliare, nella sua pubblicità, ci propone un ragazzino di sei o sette anni che compie le mitiche fatiche di Sisifo. Il poverino si trascina appresso, per la strada, uno scatolone grande il doppio di lui.
Arrivato a casa dà di piglio a una corda e tira su, da una finestra, l’enorme contenitore. Bambino che rientra, scatolone tirato su dalla finestra, nessuno in casa s’accorge di niente! Forbici, nastro adesivo e pennarello alla mano, costruisce, genialmente, una specie di cabina balneare. Finalmente arrivano i genitori tutti giulivi (gli stessi del mulino di cui sopra, ne son certo) e invece di domandargli: ”da dove diavolo hai preso quell’affare e come hai fatto a farlo entrare dentro casa?”, sorridono beati e beoti domandandosi quale è il valore immobiliare di quell’affare! Negli spot a seguire avremo poi modo di notare, che il bimbo ha problemi affettivi: parla via internet con una agenzia immobiliare manco fosse Babbo Natale e abbraccia un pupazzone a forma di casa.
C’È PUBBLICITÀ E PUBBLICITÀ
Vi ho presentato alcuni esempi di demenza pubblicitaria,che è sempre più diffusa, in quanto crea “spot” di facile realizzazione. Le idee, quelle vere, arrivano raramente. Mi direte che queste costruzioni filmiche sono fatte così perché attirano l’attenzione con la loro banalità. Mi permetto di dissentire: le cose intelligenti lasciano sempre il segno e rimangono nella memoria. Alcuni esempi?
Babbo Natale, originariamente vestiva una giubba verde e fu la Coca Cola a vestirlo dei suoi colori (rossi) e così è rimasto nell’immaginario collettivo. “Un diamante è per sempre” era lo slogan riuscitissimo della De Beers tant’è che quella frase è ormai usata e abusata in tutte le salse. Le avventure di Ambrogio con la sua “signora in giallo” per la Ferrero Rocher ebbero un successo strepitoso e infine “Dove c’è Barilla c’è casa” slogan geniale che affiancava filmati discutibili, a volte piagnucolosi, a volte irreali. Vi presento un potpourrì di alcune tra le peggiori realizzazioni.
Ho tralasciato le campagne promozionali incentrate sul solo oggetto, senza storie o attori e sempre più di pessimo gusto. Basano la loro efficacia sul sensazionalismo o sull’indignazione dello spettatore. Non ho quindi fatto cenno a campagne sessiste, ammiccanti al pecoreccio quando non danno voce a oggetti trasformati in vagine. Si può pubblicizzare tutto ma con gusto e intelligenza ricordando che quella roba televisiva è vista anche dai più piccoli.
Una pubblicità intelligente (a parer mio)
Vi propongo, di seguito, una campagna pubblicitaria che si basava, anni addietro, proprio sulla derisione di tanti stereotipi che ci sono ammanniti quotidianamente. Era una narrazione seriale in più puntate che prendeva come punto focale la solita bambinetta sorridente e saputella dal lessico fuori dal mondo. Una vera satira, quasi un pezzo cabarettistico sull’attività promozionale televisiva. Dileggiava la pubblicità nella sua forma peggiore, ma proprio per questo geniale. Eccola nella sua interezza e sono certo che vi strapperà un sorriso. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.