“Quota Mille” ripercorre l’importante storia di Collebrincioni
Collebrincioni, 1125 metri sopra il livello del mare, frazione dell’Aquila: ubicata sotto il massiccio del Gran Sasso, è un luogo che è stato testimone di molti degli eventi storici avvenuti nella conca aquilana.
È posta a nord del capoluogo, al confine con il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
L’origine dell’insediamento è molto antica: sulla sommità di Monte Verdone si rilevano infatti i resti di un centro fortificato.
Le telecamere Rai con Sem Cipriani insieme allo scrittore Peppe Millanta hanno raggiunto questa frazione per la rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille” e come spiega Millanta: “Collebrincioni è rinomata per essere stato a lungo il possedimento della ricca famiglia dei Branconio, da cui il paese prende parte del nome, di cui faceva parte Giovanni Battista Branconio, uno degli uomini più potenti della Roma cinquecentesca.
Era amico stretto, tra gli altri, di Raffaello, che lo omaggiò addirittura dipingendolo nel suo “Autoritratto con un amico”, e al quale commissionò l’opera della Visitazione per la cappella di famiglia all’Aquila, che fu poi però presa dagli spagnoli e portata a Madrid”.
La storia di Collebrincioni è ricca di episodi postiivi e anche di grandi tragedie
Collebrincioni fu rasa al suolo dal terremoto del 1703 e ricostruita tra due alture, che la fecero sviluppare lungo i suoi pendii ed il nome di Collebrincioni è indissolubilmente legato alla strage compiuta nel ’43, ricordata come l’Eccidio dei IX Martiri.
“È il 23 settembre – racconta Millanta – Mussolini è stato da poco liberato dai tedeschi nel vicino Gran Sasso, e i nazisti hanno occupato L’Aquila allestendovi il proprio comando.
Per paura di essere costretti ad arruolarsi, molti giovani aquilani lasciano la città per rifugiarsi in montagna, e in alcuni casi con i partigiani.
Tra questi, un gruppo di nove amici, che deve raggiungere Collebrincioni per incontrarsi con il colonnello D’Inzillo, padre di uno dei nove, che li porterà al Bosco Martese dove si sta organizzando la resistenza.
Il 23 Settembre del ’43 è la data simbolo del paese colpito da un eccidio nazifascista
I ragazzi – prosegue – arrivano di notte e si mettono ad aspettare. Nessuno dorme per l’eccitazione. Ma le voci che sentono l’indomani sono quelle dei tedeschi, che stanno compiendo un rastrellamento.
I ragazzi sono in trappola. Provano a resistere per alcune ore, poi fuggono ma uno di loro viene ferito.
Gli altri non lo abbandonano, tornano indietro e tutti e nove vengono catturati e portati proprio qui, a questa fonte poi a L’Aquila dove sono sommariamente interrogati. Sono costretti a scavare due grandi fosse prima di essere fucilati e buttati dentro.
La notizia dell’eccidio fu tenuta segreta per timore di ritorsioni. Fu raccontato che i ragazzi erano stati deportati, e le salme furono ritrovate soltanto l’anno dopo, tra la commozione dell’intera città”.
Nove ragazzi furono sorpresi e catturati dai tedeschi che li fucilarono dopo avergli fatto scavare la loro fossa
E oggi Collebrincioni ricorda quanto avvenuto con un cippo, che racconta il destino di quei nove ragazzi, tutti tra i 17 e i 20 anni, che trovarono la morte lì dove cercavano salvezza.
Il viaggio tra i borghi d’Abruzzo continua su Buongiorno Regione; novità, curiosità e qualche piccola anticipazione sono sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/peppemillanta, dov’è possibile saperne di più anche sulla puntata dedicata a Collebrincioni.