Roma a fuoco. Tutta la verità su rifiuti, differenziata e gestione delle discariche. E i romani puliscono e spengono. E pagano…
Dai tempi di Nerone, Roma ne ha fatti di progressi nel campo della piromania. Oggi nella capitale non si verificano più incendi sporadici, ma a raffica.
Quando non avvengono se ne sente la mancanza. Il romano si è abituato agli alti livelli di diossina nell’aria e se manca iniziano le crisi di astinenza. Ricordo, non molto tempo, fa il sindaco (non dirò mai “la sindaca” lascio il termine agli snobismi dei boldriniani) si chiamava Raggi.
Non appena si insediò nella sala consiliare qualche timido cinghialotto iniziò ad aggirarsi per i quartieri al nord della città. I media gridarono all’invasione. Anche l’immondizia era pietra di scandalo seppure era quella ereditata dalla precedente amministrazione.
Parlare di fuoco, a Roma, oggi, significa parlare di pattume, di discariche. Col sindaco Raggi a bruciare erano gli autobus e le rimesse. Si pensò ad uno strano virus che attaccava i mezzi pubblici, seppure solo quelli dell’azienda municipalizzata.
SINDACI A ROMA
Alle successive elezioni amministrative fu, chiaramente, eletto un nuovo sindaco, questa volta rampollo d’un partito di fama, un sindaco griffato. Era stato un ex ministro dell’Economia e delle finanze. Di lui, però, nessuno ricordava il nome tanto forte era stata la sua personalità nel governo.
Ancora oggi, nella Capitale i cittadini si chiedono quale sia il cognome del primo cittadino perché la sua presenza continua a brillare per incorporeità. Purtroppo la Città Eterna annovera una lunga serie di sindaci particolarmente versati all’inadeguatezza.
Tolto Ernesto Nathan, Petroselli e forse la Raggi, di sindaci imbelli se ne sono visti a iosa, anzi sembra quasi che le compagini politiche abbiano fatto a gara per mollare nella prima città d’Italia coloro che proprio non sapevano come togliersi di torno.
LA RISCOSSA
Con l’arrivo del nuovo sindaco Gualtieri, ecco, ora mi sovviene il cognome, tutto iniziò ad andare bene. Colpì con mano ferma i dipendenti assenteisti dell’azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti. Li minacciò di dar loro un premio in danaro qualora fossero sempre stati presenti.
Avrebbe potuto denunciarli ma preferì usare una premiante maieutica per estrarre da costoro un qualche senso di responsabilità.
Quella si rivelò una gran trovata e l’immondizia accatastata, per timore delle ripercussioni economiche, crebbe sino a superare quasi l’altezza dei cassonetti (tutta colpa delle precedenti amministrazioni). La controra romana, attualmente, è perfusa dal profumo della spazzatura, donando al Ponentino, il caratteristico vento pomeridiano della Capitale, un olezzo secondo solo a quello della camera mortuaria del cimitero monumentale di Roma (che tra l’altro è gestito dalla stessa azienda che dovrebbe raccogliere i rifiuti cittadini).
Puzza e cinghiali. Le gaie colonie dell’irsuto quadrupede sgambettano, ora, per la città, a frotte: si trovano a loro agio: fanno uno spuntino vicino ai maleodoranti cassonetti e bivaccano un po’ ovunque con la prole. Gli animalisti sono felici per l’arricchimento della Capitale di nuova fauna, che va a tenere compagnia ai gabbiani, piccioni, pipistrelli, ratti, pappagalli e alle colonie feline e di coniglietti saltellanti.
GUALTRONE
Nella sala consiliare aleggia una atmosfera taoista, si pratica il wu-wei: la “non azione”. Ma se il taosimo è definito la “via dell’acqua che scorre” a Roma non c’è più manco quella: il Tevere è in secca. Perfino Briatore ha dovuto chiudere la sua pizzeria per mancanza del vitale liquido.
Non so se ci sia un nesso di causalità, ma non appena il neo amministratore della città ha imbracciato la sua chitarra e pizzicate le corde è scaturito un grosso incendio, quello di una discarica di rifiuti dal nome significativo: Malagrotta”. È uno di una lunga serie che lo vedrà suonare sul Campidoglio al ritmo dei roghi che avanzano, novello Nerone, anzi, “Gualtrone”.
ROMA BRUCIA
Oltre venti giorni di fuoco arrostiscono la Città Eterna: più di 170 i roghi in città dal 15 giugno a oggi. Brucia la Pineta Sacchetti, fiamme divampano a Centocelle, uno dei quartieri più popolosi di Roma, i depositi degli autodemolitori e ancora il Parco archeologico della Caffarella. Accanto il quartiere di Tor Marancia non è da meno.
Per darvi una idea dell’estensione degli incendi, il solo pennacchio di fumo levatosi da Centocelle era visibile da tutta la città, mentre quello della Caffarella era osservato pure dai Castelli Romani.
Gualtrone si fa sentire: “La magistratura sta indagando. Poi si vedrà se sono episodi dolosi o colposi anche se è stato già accertato che qualcuno è doloso. Il primo atto per affrontare l’emergenza rifiuti: la riapertura della discarica di Albano”. Manco a dirlo è stata riaperta.
Non solo continuerà ad inquinare la falda acquifera sottostante, motivo per cui era stata chiusa, ma illuminerà presto la bella cittadina dei Castelli Romani con la luce di una nuova pira. A Roma si va sempre di male in peggio.
173 INCENDI IN POCHI GIORNI: SARANNO DOLOSI?
La triste scoperta fatta dal Campidoglio è che, dopo 173 incendi, forse, dietro, si nasconde la mano dell’uomo. Come avranno fatto i nostri segugi perennemente raffreddati a subodorare i probabili misfatti?
Finalmente c’è stata la presa d’atto da parte dei consiglieri che la “città più verde d’Europa” dovrebbe essere dotata di un piano antincendio in ogni singolo parco cittadino. Assieme al piano la manutenzione, cosa totalmente ignota, il taglio delle sterpaglie, la creazione di sentieri frangi fiamme e di percorsi di accesso per i mezzi di soccorso, l’installazione di idranti e di bocchette per l’acqua in prossimità degli ingressi dei parchi.
Qui sorge un problema religioso. La giunta romana è guidata da una setta detta del “faremo“. Sentirete sempre dire ai suoi adepti: “faremo questo, stiamo preparando quell’altro, stanzieremo…”. Mai una volta che avessero affermato: “abbiamo fatto questo, stiamo facendo quell’altro, sono stati stanziati…” . Loro faranno tutto, ma nulla è fatto e intanto la Capitale giace sulle sue rovine, quelle si che ci sono.
Meravigliati? Pensavate che una metropoli come la Città Eterna avesse chissà quali ritrovati per prevenire e contenere gli incendi? Manco a parlarne.
I grandi parchi romani, sono lasciati nell’incuria più completa, non esiste nemmeno uno straccio di telecamera di sorveglianza, altro che idranti! Tutto è preda delle sterpaglie che d’estate, col caldo, fanno ciò che natura ha stabilito facciano: prendono fuoco.
I VIGILI DEL FUOCO A ROMA – UNA STORIA DEI GIORNI D’OGGI
Sempre in questo periodo infuocato scoppia un incendio a Casalotti a un passo da Ostia Lido (quartiere di Roma). I Vigili del fuoco finiscono l’acqua e i residenti cercano di spegnere il rogo con secchi e bacinelle. Qualche ora più tardi si rischia il falò del porto e dell’Idroscalo.
La caserma dei vigili del fuoco di Ostia è vuota: I mezzi sono tutti impegnati in un intervento ad Ardea. Per un’ora non arriva nessuno, poi alcuni cittadini “vagamente adirati” si recano all’acquartieramento dei pompieri per protestare. La risposta dei pochi vigili presenti? “Non è colpa nostra non abbiamo altre unità disponibili“. Il Ministero degli Interni, visto l’eccezionale caldo, avrebbe dovuto pensare a un piano d’emergenza ma come sempre che ne sanno lassù? Il ministro deve pensare ad altro: c’è in ballo la realizzazione delle casette dell’amore, i prefabbricati finanziati a botte di milioni pubblici da costruire nelle carceri per permettere ai detenuti di “sfogarsi” col coniuge. Si tratta di un’ opera senz’altro meritoria ma secondaria alla incolumità degli italiani.
IL CONSIGLIO REGIONALE E ALTRI LUOGHI
Volete saperne una curiosa? Due giorni dopo l’incendio di Centocelle, alla Pisana, ove ha sede il Consiglio regionale del Lazio, s’è verificato un ulteriore grande rogo. Sembrerebbe un messaggio manco tanto occulto, ma indirizzato a chi? Qualcuno là dentro ha “sgarrato”? La Regione Lazio e il Campidoglio “usi obbedir tacendo e tacendo morir” non hanno proferito verbo.
Attenzione, ho citato i fuochi più eclatanti. Nella Capitale tutti i cassonetti sono diventati pire potenziali e persino vicino all’abitazione di chi vi scrive, dopo una esplosione, hanno iniziato a bruciare i contenitori dei rifiuti.
Le fiamme sono state spente dai negozianti della via che ci hanno dato dentro a secchiate d’acqua. Erano i medesimi negozianti che alcuni giorni prima, con pale e sacconi avevano tolto l’immondizia che letteralmente avvolgeva i cassonetti. Badate bene il quartiere non si trova nel profondo Congo ma a un mezzo tiro di schioppo dall’elegante EUR.
Tutti pompieri a Roma. I cittadini si organizzano anche per ripulire i prati, raccolgono l’immondizia, si tappano il naso e pagano la tariffa rifiuti più alta d’Italia. Per cosa? Il Comune in questo dimostra l’amore per la salute del cittadino: è vero che il contribuente paga un servizio inesistente ma in compenso è autorizzato a fare sport rimuovendo il pattume (a sue spese).
CHI SMALTISCE I RIFIUTI?
Il Lazio finirà per inviare i suoi rifiuti a HERA S.p.A, un’azienda multiservizi bolognese che ha 1600 dipendenti. Questo perché la romana compartecipata AMA S.p.A., purtroppo, ne ha soli 7.007 (a marzo 2022 secondo quanto dichiarato sul sito dell’Azienda). Come è possibile? Sono i miracoli delle partecipate. Oltre settemila dipendenti, il più grande operatore in Italia nella gestione integrata dei servizi ambientali (così si definisce sul suo sito) non riesce a svuotare un cassonetto e smaltirne i rifiuti. Settemila dipendenti, quanti gli abitanti del comune di Nepi.
IN FINE
Nella Capitale ogni sindaco ha il suo falò. Temo che alla base di tutto ci sia il fatto che la raccolta dei rifiuti romani fa gola a molti, ci si guadagna tanto. Forse è meglio far accumulare l’immondizia per poi assegnare la rimozione in emergenza senza una gara pubblica. L’idea di costruire un termovalorizzatore non va a genio a chi di pattume lucra e sono certo che del progetto non se ne farà nulla. Si sa, Roma Capitale è un “capitale” in appalti. “Roma Pulita”? No è ancora in mezzo alla “monnezza”!
Un caloroso saluto da un metro e mezzo di distanza.