Scompare a Buenos Aires, vittima del Covid, il giornalista Walter Ciccione

Nato nel 1939 a Pescara, emigrato in Argentina nel 1950: un expat abruzzese che aveva trovato una nuova vita a Buenos Aires

BUENOS AIRES“Siamo spiacenti di comunicare la scomparsa di Walter nel pomeriggio di lunedì 17 gennaio a seguito del coronavirus. Siamo profondamente grati per tutti i messaggi e il sostegno ricevuto in questi giorni. In mezzo al dolore è gratificante sapere che tante persone lo volevano e quanto! Speciali saluti dal cuore alla amata comunità italiana dell’Argentina, che ha tanto amato. Familia Ciccione”.

Con questa comunicazione sul profilo Facebook di Walter Ciccione i familiari hanno dato notizia della sua morte per Covid-19.

Da qualche giorno aveva compiuto 83 anni, essendo nato l’8 gennaio 1939 a Pescara, da dove nel 1950 era emigrato in Argentina.

Colto, gentile e molto fine nel tratto. Interessanti le sue riflessioni relative alla comunità italiana in Argentina e sui temi riguardanti l’emigrazione e la salvaguardia della lingua e cultura italiana. Amava fortemente l’Abruzzo.

Giornalista molto attento, profondo nelle analisi e chiaro nelle argomentazioni, scriveva per Tribuna Italiana, il settimanale argentino fondato nel 1977 da Mario Basti, d’origine abruzzese, e attualmente diretto dal figlio Marco Basti.

Walter Ciccione ha collaborato per trenta lunghi anni con la Tribuna Italiana. Era orgoglioso delle sue origini. Ne dava testimonianza assidua in due programmi radiofonici che egli per alcuni anni ha condotto: Buonasera Argentina e De Origen Italiano.

E’ stato un punto di riferimento per la comunità italiana in Argentina, dove nel 2003 aveva fondato il Centro Abruzzese di Buenos Aires (CABA), una delle associazioni più attive nella capitale del grande Paese sudamericano, diventando anche Segretario della Camera di Commercio Abruzzese in Argentina.

Aveva lavorato 25 anni come responsabile delle vendite nella filiale FIAT a Buenos Aires.

Anche un’esperienza cinematografica per Walter Ciccione, nel 2009, attore nel film “L’uomo del grano” di Giancarlo Baudena, dove interpretava la parte di un giornalista. Così Walter, un lustro fa, aveva raccontato la sua storia d’emigrazione in un lungo articolo, dal quale riprendo un lacerto.

“[…] Sono nato nel 1939 ed a 4 anni subii il primo bombardamento a Pescara. Siamo stati
quindi sfollati e dopo la guerra decidemmo di lasciare il paese. De Gasperi d’altronde
diceva agli italiani: “Se potete andatevene”. Mia madre all’epoca aveva due fratelli in
Argentina e uno negli USA. Scelse la maggioranza. Impiegammo 27 giorni, di cielo,
mare, nostalgie e speranze, e quando arrivammo tutto ci sembrava più grande: non
avevamo mai visto un grattacielo. Ma abituati alla nostra palazzina difronte al mare, la
nostra prima reazione fu quella di voler tornare.

La fogna non funzionava bene, pompavamo l’acqua quando si allagava la casa e
alcuni miei compagni mi chiamavano
“morto di fame”. I principali nemici di questa nuova ondata di immigrazione italiana

erano proprio i vecchi italiani del primo dopo guerra. Erano invidiosi di noi perché da
contadini guardavano ostilmente alla nostra scienza. Noi eravamo ingegneri, industriali
o almeno più versatili. Ma alla fine ci abituammo.
Mia sorella, che aveva 18 anni, una bellissima ragazza, venne aiutata da Carlo Della
Penna, grande filantropo vastese, che oltre alle scuole aveva fondato una fabbrica di
produzione di carta tra le più importanti nel paese e Umberto Pomilio, originario di
Chieti, sempre detentore di una fabbrica di cellulosa. Realizzò il sogno americano
nell’America povera. Io invece, iniziai subito a lavorare, a 11 anni, in un pasticceria, la
Paris, prima di entrare nella Fiat. Mio padre arrivò in Argentina come commerciante di
legname ma un giorno venne truffato da alcuni suoi colleghi: al posto di cento tonnellate
di legno gliene avevano consegnate solo dieci. Fu un duro colpo per lui ma riuscimmo di
nuovo a ripartire. Come si nota quindi la nostra è una storia molto simile a quella di tanti
altri immigrati. Il nostro amore per l’Abruzzo comunque si faceva sentire: andavamo a
ballare in club italiani, si fondavano le prime associazioni, si incontravano molti
abruzzesi.

Poi nel ’90 scoprii la mia vocazione e iniziai a lavorare come giornalista per Tribuna
Italiana dove avevo già lavorato come fattorino a 13-14 anni. Il direttore è Mario Basti,
un conterraneo di Ortona. In questi anni ho scritto su tutti, chissà bene o male ma molti
miei articoli sono finiti su agenzie internazionali e ricevo numerose corrispondenze da
Australia, Canada e via dicendo. Questo sicuramente accresce la mia autostima come
quando venne qui Peppino Di Capri e si complimentò con me per un bellissimo articolo
che avevo scritto su di lui. […]”

Ufficiale dell’Ordine della Stella d’Italia, l’onorificenza conferitagli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e consegnatagli il 1° giugno del 2019 in una cerimonia ufficiale svoltasi al Teatro Coliseo di Buenos Aires, Walter Ciccione ha ricevuto diversi altri riconoscimenti.

In una delle recenti edizioni era stato insignito a Pescara con il Premio Dean Martin. Walter lascia un buon ricordo in tutti coloro che lo hanno conosciuto. Ha reso onore all’Abruzzo, sua terra d’origine, e all’Italia. Dall’Abruzzo un forte
abbraccio di vicinanza e condoglianze alla sua famiglia!

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