Scuole per l’infanzia: «Impossibile garantire il servizio con le norme emanate attualmente»

Foto tratta dal sito skuola.net

Intervista al prof. Sandro Valletta, coordinatore dei servizi educativi 0-6 anni del Comune di Avezzano

AVEZZANO – Anche il mondo delle scuole dell’infanzia si troverà a dover affrontare i molti interrogativi che la ripartenza delle attività didattiche pone a insegnanti e studenti. Giovedì 28 maggio si è svolta una riunione telematica delle dirigenti scolastiche degli Istituti paritari del capoluogo marsicano, per riflettere sul tema dei campi estivi e della ripartenza a settembre. Questa situazione tiene banco già da alcuni giorni e vede in contrapposizione il ruolo degli educatori, che vorrebbero operare in tutta sicurezza, tutelando il lavoro pedagogico, e quello dei genitori, che hanno bisogno di poter avere il tempo da dedicare al lavoro. Il Comitato Tecnico Scientifico ha dato il suo consenso al protocollo per il rientro in sicurezza a scuola il prossimo mese di settembre. Nelle indicazioni sono presenti le misure che studenti e docenti dovranno adottare per evitare possibili contagi da “Covid-19”, non appena si tornerà in aula. Alcune delle regole previste contemplano la distanza di un metro fra un banco e l’altro e nei locali comuni. In classe bisognerà garantire l’areazione costante e la pulizia di tutte le superfici e il materiale scolastico. Dove fosse possibile, privilegiare lezioni in spazi aperti come giardini e parchi. La presenza dei genitori, in entrata e in uscita dalla scuola, deve essere ridotta al minimo, perciò saranno scaglionati ingressi e uscite dall’edificio scolastico, in orari diversi, per evitare assembramenti. Per la mensa, è possibile che il pasto venga fornito in contenitori, da consumare in classe, oppure con turnazione nei refettori per garantire il distanziamento. Anche per la scuola, quindi, si applicheranno tutte le misure cardine dell’igiene e del distanziamento sociale. Per gli alunni di quella dell’infanzia potrebbe essere difficile mantenere la distanza fisica di almeno un metro, data la natura dei bambini, in questa fascia di età, che tende a essere più dinamica. Le indicazioni del Comitato Tecnico Scientifico, che riguardano la scuola dell’infanzia, vertono sull’incremento della pulizia delle superfici dell’ambiente, il lavaggio frequente delle mani sia per quanto riguarda il personale che i bambini. Dal punto di vista organizzativo dovrà essere ridotto, in misura maggiore che negli altri ordini scolastici, il numero degli alunni nelle classi. I bambini dai tre ai sei anni non dovranno indossare la mascherina mentre docenti e collaboratori scolastici dovranno munirsi di dispositivi per proteggere occhi, bocca e mucosa, guanti in nitrile e la mascherina chirurgica. In tutti gli edifici scolastici dovrà essere a disposizione gel disinfettante per le mani. Possibile che vengano organizzate esercitazioni per il personale prima della ripresa. A parlare del tema è Sandro VALLETTA, docente in Diritto delle Migrazioni e coordinatore pedagogico per i servizi educativi 0-6 anni del Comune di Avezzano.

Il professor Sandro Valletta

Professor Valletta, è possibile il distanziamento sociale nelle scuole dell’infanzia?

«In questa fase 2 si parla distanziamento sociale come unico, efficace ed imprescindibile metodo per contrastare la propagazione del virus. Purtroppo, quando ci riferiamo a servizi di asili nido da 0 a 3 anni, di conseguenza a piccoli, è improbabile prendere in considerazione la cosa perchè ci sono tutta una serie di caratteristiche pedagogiche che vengono a mancare. La mansione degli Insegnanti è quella di prendersi cura del bambino, ma non si può fare con il distanziamento sociale: perchè tenere i bambini a distanza e, contemporaneamente, farlo anche loro, è impossibile. l’infante, quello che cerca è il contatto. Quindi, è impensabile non permettergli di giocare gli uni con gli altri essendo la base del servizio pedagogico. Di conseguenza, il distanziamento non può essere preso in considerazione per la fascia 0/6 anni; gli alunni vivono le loro prime relazioni di comunità nei nidi e nelle scuole dell’infanzia, che non possono restare chiuse per periodi di tempo prolungati, senza portare danni significativi alle esigenze di socializzazione e interazione. Va poi considerato che molti di essi hanno vissuto situazioni stressanti come lutti, familiari malati o perdita del lavoro da parte dei genitori, a fronte delle quali ritengo necessaria una particolare attenzione al momento del rientro a scuola, con supporto psicologico-sanitario».

In queste condizioni, qualche esperto ha parlato di “pedagogia nera”

«Effettivamente, con queste regole, il rischio è quello di fare ciò che si chiama ‘pedagogia nera‘, ovvero quella fatta di restrizioni e comandi, relegando l’educatore a comportarsi come un guardiano, che non è assolutamente il suo ruolo, con il rischio di tornare indietro di diversi anni, rispetto alle conquiste ottenute fino ad oggi. Qualcuno, addirittura, ha parlato di mettere dei recinti, creando una bolla all’interno della quale un educatore si occupa al massimo di due o tre bambini, che rimane fisso, e non può avere contatti con gli stessi o con altri colleghi. In questo modo, si rischia di sminuire il ruolo dell’educatore a quello di babysitter o parcheggiatore dei genitori, annullando completamente la figura professionale».

Cosa pensa della didattica a distanza?

«Nelle scuole dove è stata applicata, la DaD ha cambiato non solo le modalità di relazione tra l’insegnante e i bambini, ma anche tra i colleghi e le famiglie. Infatti. l’esperienza di queste nuove relazioni a distanza ha, in alcuni casi, agevolato la discussione mentre, in altri, ha fatto emergere differenze e criticità. La DaD non solo ha allargato la forbice della diseguaglianza economica e sociale tra le famiglie, ma ha anche accentuato le differenze fra le varie realtà scolastiche: risposte ricche e svariate in contesti scolastici dove la riflessione pedagogica è vivace e l’uso delle tecnologie sufficientemente diffuso, risposte povere o quasi assenti nei contesti educativi meno attivi».

Quale l’aspetto sottovalutato dai nostri governanti?

«L’aspetto fino ad oggi trascurato dalla politica è la situazione in cui si trova l’educatore. In pratica, in tutte le decisioni, non ci sarebbe mai stato il coinvolgimento di questi operatori del settore. Un altro è il modo in cui reagirà il personale docente. Le educatrici dei nidi sono quasi tutte donne che, in questo periodo, sono state abbandonate a loro stesse, si sono trovate a casa con un fisso, che ammonta alla metà del normale stipendio, ma mai c’è stata alcuna discussione politica su di loro, nemmeno da parte degli Enti Locali».

Cosa manca per garantire questa effettiva ripartenza nel mese di settembre?

«Per prima cosa va sottolineato il fatto che mancano le strutture, mancano gli spazi esterni, non ci sono giardini. Se piove? Se è caldo e fuori ci sono temperature che si aggirano sui 40 gradi? Quest’anno era stato deciso di far chiudere gli asili nel mese di luglio, proprio a causa delle alte temperature. Diverse strutture mancano di aria condizionata, al loro interno ci sono temperature troppo alte per accogliere i bambini, però, ad oggi, si continua a parlare di riapertura».

Cosa occorre per ripartire, almeno serenamente, nel mese di settembre?

«Occorre un tavolo di discussione con gli educatori perchè sono loro che conoscono bene il lavoro che svolgono. C’è urgente bisogno di risposte da parte del Governo. Ci devono dire come dover ripartire, metterci in condizione di farlo, con delle strutture adeguate e dei controlli per poterci permettere di lavorare in sicurezza, tutelando, in primis, il ruolo pedagogico. Si può pontificare quanto si vuole ma occorre un dialogo e un contatto continuo con la politica, a tutti i livelli».

Cosa chiede alle istituzioni?

«Il mantenimento di tutte le sezioni della scuola dell’infanzia, a prescindere dal numero di iscrizioni per l’anno scolastico 2020/2021. Chiedo che i dirigenti scolastici e gli insegnanti, che lavorano nello 0/6, siano subito coinvolti nella fase di ideazione della riapertura dei nidi e delle scuole dell’infanzia. Richiamo, poi, l’attenzione sui problemi strutturali di alcuni edifici scolastici: spazi al chiuso inagibili, chiusi da anni e inutilizzati. Occorre provvedere anche all’allestimento di strutture mobili all’esterno, anche per quelle scuole dove gli spazi sono angusti. Chiedo nuovi patti educativi territoriali, partendo dalla mappatura di tutte le risorse sul territorio, tenendo conto che la scuola è uno spazio irrinunciabile per la comunità. Voglio esprimere il desiderio e l’intenzione di riappropriarci, al più presto, delle nostre scuole e curare le relazioni con i bambini e le loro famiglie, al di là della DaD. Chiedo di avere la possibilità di tornare a riunirsi dentro la scuola per iniziare una seria valutazione degli spazi e ipotizzare strategie per settembre».

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