Se n’è andato Gigi Proietti. Gli italiani lo piangono come un vecchio amico

Da Gastone di Petrolini a Mandrake, dal Maresciallo Rocca al giornalista Bruno Palmieri fino alla magistrale interpretazione di San Filippo Neri, uno scambio d’amore col suo sterminato e fedele pubblico

Se n’è andato stanotte, giorno del suo ottantesimo compleanno, quasi a voler fare i conti pari, anzi, “paro” visto che lui era il più romano dei romani. L’ultimo pugno nel cuore di questo 2020 è la morte di Gigi Proietti, forse il più amato attore italiano di sempre. Un vero uppercut micidiale, da ko.

Gigi Proietti era lo spettacolo in persona. Gigi Proietti era l’icona della brava persona. Attore di cinema, teatro e televisione, cantante, conduttore televisivo, show-man, regista, insegnante di teatro, cabarettista e doppiatore, ha sempre dato il massimo ed ottenuto il massimo del gradimento dal pubblico e dalla critica. Bravura e onestà, dedizione ed entusiasmo, vero grande, ma mai divo irraggiungibile.

Proietti-Gastone

Il suo primo grande amore è stato Ettore Petrolini, altro grande attore poliedrico ed eclettico romano, del quale raccolse il bagaglio e lo riportò in auge, a partire dai suoi sketch e dalle sue canzoni semi non-sense, che però Proietti, soprattutto in teatro, riempiva di nuova vita. E poi decine e decine di spettacoli teatrali, seri e comici, e quindi il cinema e la televisione che lo hanno consacrato all’immortalità del grande pubblico.

I suoi personaggi hanno sempre avuto la caratteristica di essere, nel bene e nel male, che poi era quasi sempre un male piuttosto grottesco, quasi a voler sottolineare una sorta di triste buffoneria dei cattivi, vicini alla gente. Il Mandrake de “La Mandarakata”, bugiardo, spaccone e simpatico furbacchione, il Maresciallo Rocca, che ha riportato in auge, dopo tanti carabinieri e poliziotti televisivi americanizzati, la figura classica del Maresciallo dei Carabinieri italiano, istituzione e amico, autorità e consigliere, insomma, parte della realtà in cui opera.

Come dimenticare, poi, il Proietti giornalista, Bruno Palmieri nella fiction “Una pallottola nel Cuore”, si proprio il cuore…, nel quale impersona un cronista di nera, di un noto giornale romano, che attraversa la vita e la cronaca romana con abilità ma anche con una commovente umanità. Ci sarebbero tanti e tanti altri personaggi in decine dei suoi film e da ricordare le sue tantissime trasmissioni televisive, ma ci piace ricordare lo spettacolare esperimento di “Club ’92” su Rai Due, negli anni ’90, nel quale si esibì in spettacolari duetti e performance di gradissimo livello. E come non citare la sua straordinaria capacità di coinvolgere le persone quando recitava le poesia di una altro grande romano come Trilussa.

Ma su un’interpretazione, una delle più recenti, peraltro, vogliamo mettere una sottolineatura. Parliamo della fiction “Preferisco il Paradiso”, andata in onda su RaiUno il 20 e 21 settembre del 2010, nella quale Proietti è ovviamente il protagonista e interpreta uno spettacolare San Filippo Neri. Grazie alla storia e al vissuto di questo grande Santo, infatti, Proietti si immedesima fino alla commozione vera e trasmette un messaggio di attenzione verso gli ultimi, una esortazione alla semplicità e all’amore e alla tolleranza che, forse, potrebbe essere il suo più grande lascito a noi, da oggi suoi orfani.

Ma Proietti aveva un forte legame anche con l’Abruzzo. Con L’Aquila, con la Marsica, ma un po’ con tutta la nostra regione dove spesso si fermava con gli spettacoli ma anche in privato. E’ stato Presidente del Teatro Stabile Regionale, e spesso si è esibito nei teatri abruzzesi sempre esauriti fino all’ultimo posto.

Pierluigi Biondi

Il Sindaco dell’Aquila, Pierluigi Biondi, così lo ricorda: «Gigi Proietti, ovvero il Dio Kurt, scritto da Alberto Moravia, prodotto dal Teatro Stabile dell’Aquila nel 1969, con la regia di Antonio Calenda. Fu per quel successo di pubblico e critica, fu in quel momento, che il giovane Proietti capì che il teatro sarebbe stata la sua vita. Non sbagliamo ad affermare che Proietti è nato artisticamente all’Aquila, accolto in quel Teatro Comunale che ancora custodisce la sua interpretazione magistrale dell’ufficiale delle SS in preda a un furore verbale ossessivo. Uno spettacolo, quello, che vinse diversi premi, tra i quali il prestigioso premio Saint Vincent. E, poi, sempre con il TSA, ricordiamo Proietti ne il Coriolano di Shakespeare e in Operetta di Gombrowitz. Sono convinto che ricordare Proietti all’Aquila, nei primi anni Settanta, sia il modo giusto per piangere un grande del teatro italiano. Ricordare Gigi Proietti, oggi che ci ha lasciati, come un giovane entusiasta e curioso artista che si confrontava con una realtà di provincia colta e creativa, come era L’Aquila di quegli anni, ricca di fermenti culturali e di uomini visionari, credo che sia il sentimento più vero e sincero con il quale la nostra città può tributargli l’affetto e la stima che è presente in ognuno di noi. Un caro abbraccio alla sua famiglia, al Teatro Stabile d’Abruzzo e al teatro tutto che sta attraversando, uno dei periodi più complessi e difficili insieme al suo pubblico e all’Italia intera, a causa dell’emergenza sanitaria». 

Guido Quintino Liris

Al Sindaco dell’Aquila fa eco anche l’assessore regionale Guido Quintino Liris: «La morte di Gigi Proietti colpisce e addolora. E’ stato un personaggio straordinario, un artista unico nel suo genere per la sua grande capacità di vestire i panni più disparati e di interpretare in maniera inimitabile  qualsiasi tipo di ruolo. In queste ore di grande commozione ricordo con grande affetto il suo legame con l’Abruzzo, molto stretto e intenso. In particolare con il Teatro stabile regionale, di cui è stato anche presidente e che ha rappresentato un passaggio fondamentale per la sua maturità professionale. Il mondo della cultura italiana perde un riferimento imprenscindibile, ma la sua grande eredità, artistica e umana, resterà immortale, così come accade solo per i più grandi».

Stefania Pezzopane

Anche Stefania Pezzopane, deputata Dem ed ex Presidente della Provincia dell’Aquila, ha voluto ricordare Proietti: «Proprio oggi, il giorno del suo ottantesimo compleanno. Il grande Maestro, non ce l’ha fatta. Ho avuto per lui una ammirazione sconfinata. Orgogliosa di averlo conosciuto e di averlo nominato Presidente del TSA nel 1999, quando ero assessore regionale alla cultura. Poter lavorare con lui è stata per me un’esperienza indimenticabile. Era un uomo con una intelligenza ed una carica trascinante. Ho riso ai suoi spettacoli come non mai. Un vero mattatore, che passava dalla musica elevata quando faceva il verso a Louis Armstrong, a divertirci con le sue gag e provocazioni come con “ Nun me rompe er ca’ “ e poi le celebri macchiette di Petrolini, per arrivare a Shakespeare. I primi successi di Proietti arrivano in una cantina adibita a teatro a Prati in cui recitava Brecht, ma poi l’exploit fu soprattutto con lo Stabile dell’Aquila diretto da Antonio Calenda, che lo guida in testi impegnativi di Gombrowicz e di Moravia. Amava L’Aquila e quando veniva, non rinunciava mai alla sua passeggiata ed a salutare gli amici dei suoi primi passi da attore. Stare con lui, anche solo 10 minuti ti dava la carica per sempre. Quella carica la porto sempre con me. Ho tanti bei ricordi, quanta energia ci ha regalato. Lo adorerò per sempre come milioni di altre donne ed uomini e lo piango, ora che non c’è più».

Proietti Edmund Kean

Noi vogliamo dare il nostro ultimo saluto, il nostro ultimo applauso, il nostro ultimo sorriso e la nostra ultima lacrima a Gigi Proietti per tutte le emozioni che ci ha regalato e ci ha fatto vivere.

Chiudiamo con una sua citazione che evidenzia ancora di più l’uomo Gigi Proietti: «Un’autobiografia? Io? Tutt’al più quattro chiacchiere sul passato, sperando che a qualcuno interessi. Riordinare l’album dei ricordi è un lavoraccio infame. Ci si dimentica sempre di qualcuno, si tende a idealizzare ogni momento della propria gioventù e si finisce per raccontare una sfilza di aneddoti nei quali ci assegniamo la parte del protagonista che salva la situazione. Alla fine, più che un libro, viene fuori una lista di belle figure. No, un’autobiografia proprio no. Senza contare che tornare sui luoghi della propria infanzia può essere doloroso. E io l’ho sperimentato anni fa».

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