Sigonella, Craxi e Reagan. Quando Sovranità Nazionale non era sovranismo ma Dignità
Giorni fa pensavo a quanto coraggio e carattere un capo di governo debba avere per guidare e far rispettare una nazione.
Il panorama politico odierno non mi sembra offrire personaggi con queste caratteristiche sembrandomi, anzi, un insieme di personaggi forse meglio descritti da Sciascia nel libro “Il Giorno della Civetta”. Mi sovvengono De Gasperi, Moro, Andreotti e Craxi che forse meglio rivestirono il ruolo di statisti occupando lo scranno di “primo ministro”. Quest’ultimo in particolare si trovò ad affrontare una delle crisi più importanti, se non la più importante, dello scorso secolo.
L’ACHILLE LAURO
Siamo nel 1985 Il presidente della Repubblica è Cossiga, Craxi è il presidente del Consiglio, Spadolini ministro della Difesa e Andreotti degli Esteri. Tolto Spadolini (pace all’anima sua) gli altri tre avevano carattere da vendere e lo dimostrarono tutto. La nave Achille Lauro era in crociera e alla sua guida il comandante Gerardo De Rosa. Il transatlantico solcava acque egiziane. A bordo 320 persone di equipaggio e 107 passeggeri. Altri 670 erano sbarcati al Cairo per fare una escursione. Torneranno la sera per fare rotta verso il porto di Ashdod, in Israele
IL DIROTTAMENTO
Alle sei di sera Andreotti ricevette dal governo egiziano la notizia confermata che oltre cento persone a bordo dell’Achille Lauro erano tenute in ostaggio. Gli ufficiali di bordo, inoltre, avevano sentito delle raffiche di mitra. Forse c’erano dei feriti. Sulla nave erano imbarcati passeggeri inglesi, americani, italiani e tedeschi. Il governo egiziano, contattati i terroristi riferì alle autorità italiane che quattro o sei dirottatori, armati di mitra e bombe a mano, tenevano in pugno l’imbarcazione. Volevano liberi 52 palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Arafat comunicò ad Andreotti che l’OLP non c’entrava niente e difatti immediatamente dopo l’Organizzazione rilasciò un comunicato ufficiale affermandosi estranea al sequestro.
LA PREPARAZIONE DELL’ATTACCO
Esercito italiano e i DELTA americani prepararono l’assalto alla nave. Due ricognitori Breguet-Atlantic furono inviati alla ricerca della Lauro e la trovarono. L’imbarcazione era diretta in Siria alla velocità di venti nodi ed era quasi impossibile abbordarla a meno di calarsi a bordo dagli elicotteri col rischio di essere colpiti al volo. Quando le forze d’assalto furono pronte per l’attacco la nave era entrata in acque siriane e si dovette rivedere la strategia.
PER FARLA BREVE
Qualsiasi mediazione con i terroristi fallì. e questi separati per nazionalità i passeggeri, scelsero un americano, un vecchietto ebreo di settantanove anni su una sedia a rotelle: Leon Klinghoffer. Gli sparano al petto e in fronte, poi lo gettarono in mare. Visto che l’Achille Lauro aveva ricevuto l’ordine di allontanarsi dalla costa siriana, i terroristi diedero, poi, ordine di arrivare a Porto Said. Arafat, interpellato dagli italiani, consigliò la persona di Abu Abbas come negoziatore. Questi intervenne ordinando (cosa strana) ai dirottatori di trattare bene i passeggeri, di scusarsi con l’equipaggio e di arrendersi in cambio di un salvacondotto che richiese alla Farnesina immediatamente. Chi era ‘sto Abu Abbas? Era un ex guerrigliero palestinese prestato alla politica. Fondò il gruppo paramilitare del Fronte per la Liberazione della Palestina e fu l’organizzatore, cosa accertata in seguito, del dirottamento dell’Achille Lauro!!
L’INIZIO DELLA FINE
In Egitto i dirottatori, in compagnia di Abu Abbas, furono imbarcati su un Boeing 737 dell’Egyptair per Tunisi. Al suo decollo, dalla Saratoga, si alzarono in volo anche due F-14 Tomcat intercettandolo per dirottarlo.
Mentre Reagan, allora presidente degli Usa, se ne usciva in televisione con una delle sue frasi ad effetto: “You can run, but you can’t hide” (“potete fuggire ma non potete nascondervi”), Tunisia e Grecia non concedevano il permesso di atterraggio al velivolo dell’Egyptair. Dove farlo atterrare? Quale aeroporto rimaneva per far scendere i terroristi? Gli americani optarono per la base aerea di Sigonella perchè in parte sotto la loro giurisdizione. Il consigliere della Casa Bianca Michael Ledeen contattò Craxi avvisandolo che il 737 con i dirottatori sarebbe atterrato nella base siciliana.
“E perché proprio Sigonella?”, chiese Craxi.
“Per il vostro clima perfetto, il vostro cibo delizioso e la vostra cultura millenaria”, replicò Ledeen.
Craxi subodorò qualcosa di strano. Telefonò a Sigonella e ordinò che l’aereo fosse protetto con le armi.
GLI AMERICANI A SIGONELLA
Alle cinque di mattina dell’11 ottobre 1985, il 747 atterrò. I Tomcat americani che sorvolavano la base, coprirono la traccia radar di altri due aerei militari USA con a bordo 60 Delta Force e il generale Stiner, capo degli incursori americani. Credendo di essere come gli israeliani a Entebbe atterrano pronti a menar le mani. Avvistati dalla torre di controllo, il generale Annichiarico ordinò a due blindati italiani di porsi davanti e dietro al 737 per condurlo nella zona della base a giurisdizione italiana (vale ricordare che i reati dei terroristi ebbero luogo sulla Achille Lauro, cioè su suolo italiano).
Gli americani ci rimasero male e anche un po’ frastornati. I VAM (ragazzi di leva) si disposero in cerchio attorno al Boeing, con le armi spianate. I DELTA americani, invasa la parte di base sotto la giurisdizione italiana, circondarono a loro volta i nostri militari puntandogli le armi contro. Come reagì Il generale Annichiarico? Raccolse tutti i carabinieri d’istanza nella zona ordinandogli di circondare gli americani. I famosi DELTA rimasero presi tra due fuochi.
LA CRISI
La situazione era delle peggiori e ci voleva altro che diplomazia. Se si fosse arrivati ad un conflitto a fuoco con la logica sconfitta dei DELTA, l’Italia sarebbe stata ritenuta complice dei dirottatori. Tutti gli accordi con gli americani saltati. Gli USA avrebbero non solo perso le loro basi ma anche il controllo sul Mediterraneo.
Reagan infuriato al calor bianco telefonò a Craxi chiedendo l’arresto dei dirottatori e dei mediatori dell’OLP. Alla gentile richiesta del Presidente Statunitense Craxi rispose di voler incarcerare i dirottatori, ma di tenere i mediatori sotto sorveglianza. Reagan fu d’accordo. Ledeen, però, che era stato scelto come interprete USA, tradusse la risposta a modo suo confermando la richiesta d’arresto per tutti.
La situazione precipita
Craxi mangiò la foglia, come si suol dire. Comprese che Leeden aveva distorto la risposta del Presidente Americano e che, quindi, bisognava muoversi con attenzione e agì di conseguenza. Risultato? Il tentativo americano fallì e vista la mala parata, gli incursori americani furono costretti alla ritirata. I carabinieri presero in custodia i dirottatori mentre Abbas rimasto sull’aereo scalpitava per ripartire. Nel frattempo, in Egitto, il bravo Mubarak bloccò l’Achille Lauro e trattenne tutti i passeggeri: La nave non sarebbe stata rilasciata finché Abbas non sarebbe decollato da Sigonella per tornare in Egitto. Gli americani, da parte loro, tentarono di impedire che il 737 prendesse il volo per le piramidi. Craxi non mollò. Spedì a Sigonella Badini, il suo uomo più fidato e il capo del SISMI dando ordine di far decollare l’aereo destinazione: Ciampino.
La “battaglia aerea”
Decollato il Boeing con Abbas a bordo, partirono anche due F-14 allo scopo di dirottarlo. Purtroppo per loro oltre al 737 c’erano quattro F-104 Starfighter della nostra aeronautica militare di scorta. Lo scontro aereo terminò, in modo pittoresco: a parolacce tra i piloti italiani e quelli americani!
Abu Abbas atterrò incolume all’aeroporto di Ciampino. Manco a dirlo dagli USA partì una richiesta di arresto ed estradizione, naturalmente negato. Ma non bastò.
Ricorda l’ammiraglio Fulvio Martini, all’epoca direttore del Sismi: “subito dopo l’arrivo a Ciampino verso le 23,00 ci fu un’altra interferenza. Un secondo aereo americano, dichiarando uno stato di emergenza chiese e ottenne l’autorizzazione all’atterraggio immediato. Era solo un pretesto. Si posò in pista e si mise di traverso all’aereo egiziano. Stavo perdendo la pazienza: tramite il colonnello militare dell’aeroporto feci sapere al pilota americano che se non ubbidiva al mio ordine di togliersi di mezzo, avrei fatto buttare fuori pista l’aereo con il bulldozer: gli diedi cinque minuti; ne passarono solo tre, andò via“.
Rimaneva un problema: come far uscire il tizio egiziano dall’Italia per consegnarlo a Mubarak? La CIA avrebbe fatto del tutto per catturarlo: bisognava stare attenti e anticiparli… . Ed ecco il genio italico all’opera. Il 737 riprese il volo alla volta dell’aeroporto di Fiumicino con Abbas camuffato. L’egiziano venne, poi, infilato su un aereo di linea jugoslavo in decollo per Belgrado. Quando Maxwell Rabb, ambasciatore Usa in Italia si recò da Andreotti per assicurarsi che Abbas non uscisse dall’aeroporto romano, questi lo guardò incassando ancor di più la testa tra le spalle in un gesto di disarmante fatalità e sorridendo allargò le braccia.
La fine della crisi
Dire che gli americani la presero male è dir poco. Leeden che metteva bocca su tutto propose di ritirare l’ambasciatore USA dall’Italia. Reagan, invece, scrisse una lettera personale a Craxi, chiamandolo per nome: “Dear Bettino” e chiedendo una riappacificazione con queste parole: “.A dispetto delle divergenze, l’amicizia tra i nostri Paesi e l’impegno comune nella lotta al terrorismo non sono in discussione”. L’Italia ottenne l’ossequioso rispetto degli americani.
Bettino si stropicciava con un sorriso le mani.
EPILOGO
L’Achille Lauro dal 1965 al 1994 fu preda di incendi l’ultimo dei quali ne decretò l’affondamento. Abu Abbas si rifugiò in Iraq sotto la protezione di Saddam Hussein (che razza di idea!). Catturato dagli americani durante il conflitto iraqeno fu imprigionato negli Stati Uniti. Morì poco dopo per un curioso attacco cardiaco. Magled Al Molql, l’assassino di Leon Klinghoffer, sparì nel nulla. Scarcerato dopo una pena di oltre venti anni fu consegnato alle autorità di Damasco con un ordine di espulsione italiano. Le sue ultime parole: “Mi hanno usato come merce di scambio fra Italia e Siria. Mi stanno mandando verso la morte“. Il giorno seguente alla sua scomparsa, Khalid Hussein, anche lui condannato per il sequestro dell’Achille Lauro, si uccise a 79 anni nel carcere di Benevento.
In Italia Spadolini, filoamericano e contrario al comportamento di Craxì provocò una crisi di governo dimettendosi dal pentapartito. Poi la cosa, naturalmente, rientrò. La fine del premier socialista è tristemente nota e ancora oggetto di discussione. Quel dirottamento portò jella un po’ a tutti
ALCUNE CONSIDERAZIONI
Non fu facile districarsi in quella situazione che richiese persone di grande levatura. Craxi era una di quelle, piaccia o meno. Non solo tenne botta al presidente USA ma prese, in pochi minuti, decisioni importanti che avrebbero fatto tremare molti degli attuali politici. Scrisse di lui Pansa su Repubblica: “Cade in piedi, da ‘ hombre vertical’, con la schiena diritta, come un tempo s’era detto di Pertini” e Scalfari: “Craxi, per aver contrastato “l’ incontrollata rissosità del cow boy della Casa Bianca”, merita “un giudizio positivo che diamo con sincera soddisfazione“.
Non tutti conoscono i retroscena della crisi di Sigonella. Ho voluto ricordarli perchè appartennero ad una pagina della politica italiana dove la nostra nazione seppe, con ferma cortesia e senza paure, farsi valere. Il mio pensiero qualora vi interessasse? In quell’occasione Craxi insegnò a tutti in quale modo una nazione debba farsi rispettare. Oggi come sarebbe andata? Tremo all’idea: balbettii, ripensamenti, accuse tra partiti e genuflessioni. Un saluto da un metro e mezzo di distanza.